Chi s’intende anche solo vagamente din comunicazione sa che il brand e il logo di una realtà sono un patrimonio estremamente delicato, a cui le persone si affezionano e in cui riconoscono l’identità e la riconoscibilità di una precisa offerta di mercato. Cambiarli è possibile, ovviamente, ma bisogna farlo con una strategia ben studiata e graduale; tornare indietro è spesso visto come un segnale di debolezza e incertezza rispetto alla propria direzione di marketing. Hbo Max ha appunto giocato la carta dell’ironia per tamponare possibili backlash, anche forte di risultati di mercato effettivamente molto buoni negli ultimi anni. Si tratta di assestamenti, quindi, ma che sono eloquenti non solo per gli impallinati di brand identity.
La danza del rebranding
Sempre dagli Stati Uniti, per esempio, negli ultimi giorni si è parlato molto di un altro significativo (e forse claudicante) rebranding: il gruppo Comcast NbcUniversal (a cui fanno capo il canale Nbc, lo streaming Peacock, lo studios Universal e tante altre realtà tra cui anche Sky Italia) ha deciso di scorporare dalla sua società principale il suo portfolio di canali tematici via cavo (Cnbc, Msnbc, Usa Network, E!, Syfy, Oxygen e Golf Channel), con la probabile volontà di venderli; la nuova realtà, è stato svelato nei giorni, si chiamerà Versant. “Saremmo folli ad aspettarci che tutti amino il nome della nuova società nell’immediato”, ha dichiarato il ceo Mark Lazarus: “Ma dopo qualche settimana crediamo che ci si addica ed evochi un senso di energia sottolineando il nostro ruolo nel portare progresso”. Non è mancata nemmeno qui l’ironia. Durante gli upfront di Nbc, il comico Seth Meyers (che su quella rete conduce un popolarissimo late show) ha preso in giro il rebrand: “Quando ho saputo che la società si sarebbe chiamata Versant ho pensato: ‘Ok, è ufficiale: non ci sono più nomi decenti in giro’”. E poi: “Ricordate quando avete chiesto al vostro medico se potevate prendere un Versant?”.
In un mondo di Disney+, Apple Tv+, Paramount+, Mgm+, ma anche di Mubi, Tubi, Quibi, Roku e chi più ne ha più ne metta, posizionarsi su una identità immediatamente riconoscibile non è un gioco da ragazzi. E questo è sintomo di un mercato delle produzioni televisive e cinematografiche sempre più ingolfato e brulicante, in cui l’eldorado sterminato promesso da pionieri come Netflix si è man mano desertificato e contratto, portando con sé tagli di budget, concorrenza spietata, mosse e contromosse e talvolta anche contro-contromosse. Marce indietro come quella di Hbo Max-Max-Hbo Max sono solo l’ultimo esempio di colossi che devono ancora trovare la quadra in cui i punti di riferimento sembrano esplosi. Almeno, per chi ancora pone davvero attenzione a certe cose, è l’occasione per farsi una sonora risata.