Should we have connected? Il primo Death Stranding, uscito a ridosso della pandemia, metteva nelle mani dei giocatori il compito di riconnettere un frammentato mondo post-apocalittico. Con il sequel, Hideo Kojima sembrava aver rimesso tutto in discussione, già dalla tagline che si chiede: Avremmo dovuto connetterci?. Oggi, a Lucca Comics & Games, il leggendario game designer, affiancato dal suo character designer di fiducia Yoji Shinkawa, ha svelato ulteriori retroscena su Death Stranding 2, sul suo processo creativo, e sul suo rapporto con arte e musica.
Kojima ha sempre amato innovare. La sua precedente serie Metal Gear Solid cambiava meccaniche ad ogni iterazione, pur mantenendo lo stealth al centro di ogni capitolo. Il primo Death Stranding non era diverso: voleva avere un impatto dirompente nel mondo del game design, e si può ben dire che ci sia riuscito. Il concept, ammette Kojima, aveva “pro e contro”. Tuttavia è stato apprezzato da milioni di giocatori. Nel disegnare Death Stranding 2, l’autore ha voluto riconoscere e rispettare la passione dei fan con un sequel più tradizionale del solito… almeno per i suoi standard. “Ho tenuto le parti migliori di DS1 per soddisfare chi l’aveva amato. Però ho anche cercato di migliorarlo e di renderlo più accessibile. Molti giocatori non erano riusciti ad arrivare alla fine perché per loro era troppo difficile. Ho voluto allargare il pubblico in grado di apprezzarlo fino alla fine”, afferma.
Quel che è stato completamente ribaltato è il tema: dalle promesse della connessione ai rischi del controllo. “Dagli anni 2000, con Internet, possiamo essere connessi ovunque. Questa connettività sarebbe dovuta essere la forza dell’umanità, ma con i social media è diventata qualcosa di diverso, soprattutto perché sono anonimi e chiunque può dire qualsiasi cosa”, afferma Kojima. Essere connessi, ribadisce l’autore, è importante, “ma guardando al mondo e a ciò che succede oggi, dobbiamo ricordarci che essere connessi è anche una responsabilità”. Kojima cita un personaggio specifico di Death Stranding 1, l’anziano, a cui si possono consegnare delle medicine. Poi il giocatore vuole andare avanti con la storia e si dimentica dell’anziano. Se ritorna da lui troppo tardi, lo trova morto proprio perché era rimasto senza farmaci. “Ecco, quando ci connettiamo abbiamo anche una responsabilità. Volevo che la gente ci pensasse”, racconta l’autore.
Durante la pandemia, “siamo sopravvissuti grazie a Internet. Incontri online, party online, persino concerti online. Ve lo ricordate. Mi sono chiesto: siamo sulla strada giusta? Poi ho pensato: gli animali si sono sempre evoluti viaggiando. Tutti gli animali sono partiti dall’oceano, e poi si sono evoluti”. Allo stesso modo, anche il cammino dell’umanità non è terminato, e continua nel metaverso. “Ma è un posto pericoloso in cui viaggiare. Se sul web si è interamente controllati, si perde la privacy e si può essere manipolati. Tutti questi temi sono rientrati in Death Stranding 2”.



