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giovedì, Ago 01

Hotel Artemis, sotto la maschera della fantascienza batte un vero poliziesco


Teso a costruire un mondo (in cui magari ambientare altri film) con una propria mitologia criminale, il film si regge anche sul ritorno di una brava Jodie Foster. In sala dal primo agosto

I film d’azione moderni devono essere precisi. Sono obbligati ad avere un mondo molto chiaro in cui muoversi, una propria mitologia interna, un sacco di regole da rispettare, gerarchie e una storia che affonda nei decenni precedenti. È evidente che qualcosa è cambiato nei corridoi, negli uffici e nei memo degli studi di produzione hollywoodiani e ora costruire un mondo è la priorità di qualsiasi film. Grazie all’emergere dei franchise adesso anche gli action thriller normali come Hotel Artemis sono in dovere di immaginare una mitologia che in questo caso affonda in un futuro molto prossimo e molto problematico.

Così anche se nel mirino di Hotel Artemis c’è in realtà John Wick e quell’idea di un sottobosco criminale molto organizzato, in cui i sicari, i rapinatori e le spie hanno terre franche in cui farsi curare, tutto è ambientato in una Los Angeles dominata dal crimine per via della scarsità d’acqua. La popolazione è in rivolta fuori dall’hotel, la polizia spara sulla folla e gli elicotteri si schiantano contro i grattacieli. Sono setting che ricordano molto le mappe dei videogiochi, in cui c’è sempre il luogo dove rifornirsi, quello in cui farsi curare, quello in cui si è al sicuro e via dicendo, e tutto è in tema con lo stile, il carattere e la storia del gioco. In Hotel Artemis il tema di tutto è un futuro poliziesco e l’hotel del titolo è quello in cui si svolge la storia. Non usciremo mai da lì, saranno semmai i personaggi e le loro storie ad entrare nell’hotel.

L’Artemis è un riparo dove ogni criminale può farsi curare con tecnologie del futuro, dove può riposare prima di rimettersi in attività. Ci lavora un’infermiera molto dedita che non ha una vita  propria (Jodie Foster), aiutata da un infermiere immenso (Dave Bautista) che fa per lei il lavoro più sporco. Nonostante tutte le contromisure del caso però la notte al centro del film è lo stesso durissima. Arrivano rapinatori, un sicario sotto mentite spoglie, una poliziotta che ha un qualche legame con la protagonista e poi alla fine anche Wolf King, il signore del crimine di Los Angeles che quel posto l’ha fondato, ferito e accompagnato da un figlio che sembra soffrirne la presenza ingombrante.

Paradossalmente, nonostante il setting di poco avanti nel futuro, la durezza da poliziesco e l’evidente genoma d’azione, Hotel Artemis ha quasi un feeling teatrale con la sua location sempre uguale e le sue dinamiche tra ospiti che confluiscono in un’unica grande trama (che per la tranquillità di molti voglio precisare sarà anche un’unica grande rissa). Eppure la forza del film non è quella ma è sta tutta in Jodie Foster e Dave Bautista. La prima, invecchiata dal trucco, era molto tempo che non si impegnava così a recitare a dar forma ad un personaggio a partire dalla camminata e dalla postura, il secondo è sempre all’altezza della stazza e del nome che porta. Sono così bravi i due (la prima preda di reminiscenze dolorose e il secondo pieno di incertezze) da non oscurare la patina di genere del film spingendolo verso altri territori, anzi la sorreggono e la innalzano, migliorando tutto.

Così nonostante Drew Pearce scriva e diriga (per la prima volta) un film che non è certo impeccabile, Hotel Artemis riesce nella sua impresa di “world building”, cioè di creazione di uno scenario affascinante, e riesce anche a riempire quel mondo della lotta per rimanere viva tipica del cinema d’azione, tutto condito dalla partecipazione di molti attori di buona notorietà (oltre ai protagonisti anche Sofia Boutella, Jeff Goldblum e Zachary Quinto). Tutti vogliono partecipare alla festa collettiva che è questo film un po’ industriale (non è difficile immaginare sperassero nella creazione di un franchise) e un po’ personale, per certi versi moderno per altri tarato su standard narrativi d’altri tempi (il che è un bene).

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