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giovedì, Ott 01

Huawei: cybersecurity e 5G, investe in un nuovo centro a Roma



Da Wired.it :

Il gruppo cinese apre nella capitale un laboratorio per test di sicurezza informatica sui suoi sistemi di rete e per la trasparenza delle reti di quinta generazione

Passante davanti a un negozio di Huawei a Pechino (foto Vcg/Vcg via Getty Images)
Passante davanti a un negozio di Huawei a Pechino (foto Vcg/Vcg via Getty Images)

“Ci faremo ‘vivisezionare’: clienti, operatori e agenzie governative potranno verificare la sicurezza del nostro codice sorgente, toccando con mano i nostri software, soluzioni e funzioni. Rispondiamo alle pressioni geopolitiche come sappiamo fare, con la tecnologia”. Luigi De Vecchis, presidente di Huawei Italia, spiega così il Cyber Security and Transparency Center che aprirà tra un anno a Roma: l’annuncio è arrivato lo stesso giorno della visita di Mike Pompeo, segretario di Stato americano. “Una coincidenza – assicura -. Il lavoro del governo sul perimetro cibernetico è la strada giusta. Noi però vogliamo dimostrare che non siamo ciò che viene detto dai governi che oggi usano armi non convenzionali e dovrebbero confrontarsi su altri tavoli”.

A cosa servirà il Cyber Security Center di Huawei

Il Centro di trasparenza per la sicurezza informatica sarà finanziato con 1 o 1,5 milioni di euro all’anno e metterà a disposizione dei clienti un’area test per verifiche ‘black box’ (penetration test) e ‘white box’, come l’analisi del codice sorgente del software, per controllare la corrispondenza agli standard di sicurezza dei nostri prodotti, con i loro tool e metodi”. Lo spiega Giuseppe Pignari, cybersecurity officer di Huawei da dieci mesi: “Pensiamo di essere l’unica azienda al mondo a mettere a disposizione dei clienti questo servizio”, già fornito da Huawei in centri analoghi a Banbury (Regno Unito), Bonn, Dubai, Toronto, Shenzhen e Bruxelles.

Oltre a illustrare le pratiche di cybersecurity end-to-end adottate dalla compagnia di Shenzhen per sicurezza e privacy, la struttura riceverà le richieste provenienti da governo e clienti, cooperando con associazioni di settore ed enti regolatori per la definizione degli standard. “Non credo che i nostri partner chiedano maggiore visibilità sulla sicurezza solo a Huawei – riflette Pignari –, ad ogni modo siamo aperti a un confronto anche con il Centro di valutazione e certificazione nazionale, l’organismo istituito dal MiSe che dovrà verificare l’idoneità degli strumenti tecnologici di rete e servizi fondamentali, per cui in agosto era stato lanciato un bando da 70 posti di lavoro.

“Siamo disponibili a collaborare con le autorità che stanno redigendo i decreti attuativi sul perimetro cibernetico e siamo fiduciosi nella collaborazione fra laboratori, vendor e operatori“, ha dichiarato Pietro Guindani, presidente di Asstel, ricordando il contesto regolatorio fissato dalla Commissione europea e dagli standard internazionali. Huawei con l’operazione “Security or nothing”, inserisce quindi il suo Center in questo panorama. “I bilanci dell’azienda sono stati certificati da Kpmg, e l’associazione internazionale Gsma ha dichiarato la compatibilità di tecnologie e codice di tutti i vendor, inclusa Huawei” , sottolinea De Vecchis.

Luigi De Vecchis presidente di Huawei Italia (foto ufficio stampa)
Luigi De Vecchis presidente di Huawei Italia (foto ufficio stampa)

Nel Centro i clienti potranno eseguire anche il controllo dei progetti hardware, dai contorni però ancora indefiniti: “Abbiamo ricevuto le prime richieste dagli operatori, ma è un tema nuovo sul quale confrontarsi, anche per una questione di proprietà intellettuale – spiega Pignari -. Ogni anno Huawei impiega in cybersecurity il 5% dell’investimento complessivo in ricerca e sviluppo, che si attesta al 13-15% dei ricavi e per i prossimi 4-5 anni ha un programma da due miliardi di dollari per migliorare lo standard di sicurezza, trasformando l’ingegneria dei software”.

Il 5G nella scacchiera geopolitica

“Siamo preoccupati per la violenza schiacciante delle posizioni d’Oltreoceano, ma dopo l’Entity List abbiamo creato un nuovo sistema operativo e ora c’è la questione dei semiconduttori. Continueremo a investire, stiamo già studiando come rimediare”, assicura De Vecchis. In estate un bando del dipartimento del Commercio Usa ha vietato agli operatori stranieri che usano tecnologie americane di vendere a Huawei i materiali usati per i chip.

“I numeri dei piani di realizzazione 5G in Occidente sono preoccupanti – commenta De Vecchis –: entro fine anno sono previste 100mila base station fra Usa e Ue, mentre per la Cina saranno 800mila. Se è vero che le nuove reti trasformeranno l’economia digitale, faremo di tutto per arrivare il più presto possibile a una totale autonomia. Non so quanto questo convenga a tutto il mondo, ma non andremo via dall’Italia. Semmai aggiungeremo altri prodotti, come quello dell’energia per mantenere questa posizione, ma è difficilissimo che Huawei esca da questo mercato per questa situazione”.

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[Fonte Wired.it]