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martedì, Lug 30

Huawei, ricavi: + 23% nonostante la blacklist di Trump


L’azienda cinese cresce nel giro d’affari al netto del braccio di ferro con gli Stati Uniti. E in Italia chiede che leggi non ostacolino lo sviluppo del 5G

Liang Hua presidente di Huawei (foto ufficio stampa)
Liang Hua presidente di Huawei (foto ufficio stampa)

I prodotti core di Huawei non sono stati toccati dall’entity list degli Stati Uniti, le spedizioni e la produzione non sono stati interrotti nemmeno per un giorno e i nostri consumatori credono ancora in noi”. Forte di un balzo del 23,2% nei ricavi nei primi sei mesi del 2019, rispetto allo stesso periodo del 2018, Liang Hua, presidente del board di Huawei, riassume così l’impatto del bando sancito a maggio da Donald Trump sul colosso cinese, sempre più ai vertici globali nella tecnologia 5G.

Fino a giugno, i ricavi dichiarati da Shenzen sono ammontati a 58,34 miliardi di dollari (erano stati 105 in tutto il 2018) e il margine di utile netto è stato dell’8,7%. “Il fatturato è cresciuto rapidamente fino a maggio”, ha confermato Liang, che tuttavia non ha escluso possibili difficoltà sul ritmo di crescita nel breve termine.

I numeri

In questi sei mesi le spedizioni di smartphone Huawei (inclusi i telefoni Honor) hanno raggiunto i 118 milioni di unità e si è registrato un incremento del 24% anno su anno anche nelle spedizioni di tablet, pc e dispositivi indossabili. Il settore del mercato consumer, che conta su 800mila sviluppatori e 500 milioni di utenti Huawei nel mondo, ha così registrato ricavi per 32,1 miliardi di dollari.

I ricavi dalle vendite di tecnologia per le reti sono stati invece di 21,3 miliardi di dollari, con una crescita nella produzione e consegna di apparecchi per reti wireless, trasmissione ottica, comunicazione di dati, informatica e altri prodotti. Al momento Huawei ha 50 contratti commerciali per il 5G in 30 paesi del mondo e ha rifornito i mercati di tutto il mondo con oltre 150mila stazioni base.

Nel settore impresa, dove Huawei rifornisce governi e compagnie pubbliche, privati nel settore dei trasporti, finanza, energia e automotive, i ricavi sono stati di 4,59 miliardi. Nel frattempo prosegue i suoi sforzi per ampliare il portfolio nelle tecnologie cloud, intelligenza artificiale, internet of things, data center e intelligent computing.

Per il futuro, nonostante il disgelo avvenuto al G7 di Osaka fra Cina e Usa, non è ancora chiaro se Android di Google verrà implementato con il progredire delle nuove tecnologie consumer, come auspicato invece dal management cinese. “A oggi non ci sono problemi su ciò che è stato rilasciato”, si limita a dichiarare Luigi De Vecchis, presidente di Huawei Italia. Gli investimenti in ricerca e sviluppo sono invece una certezza: Un totale di 17,5 miliardi di dollari quest’anno – spiega Liang – per continuare a soddisfare i bisogni dei nostri clienti”.

Luigi De Vecchis presidente di Huawei Italia (foto ufficio stampa)
Luigi De Vecchis presidente di Huawei Italia (foto ufficio stampa)

La situazione in Italia

Per quanto riguarda l’ l’investimento in R&D è di 3,1 miliardi di dollari nel periodo 2019-2021: “Riguarderanno le collaborazioni con istituti come il CSR4, Centro di ricerca, sviluppo e studi superiori in Sardegna, che lavorerà sul tema dell’Intelligenza artificiale nelle Smart e Safe City, un’area in cui l’Italia potrebbe riprendere la leadership in ambito europeo”.

Lo spiega De Vecchis che sul golden power del governo aggiunge: “La rete di trasporto dei dati nel 5G è sicura al 100%, inserirla nel provvedimento creerebbe un ritardo. Mi auguro comunque che il disegno di legge attuale venga sviluppato e che consenta a tutti di adeguarsi a uno schema europeo”.

Il presidente chiosa: “Oggi sono tutti concentrati su Huawei per motivi geopolitici e il modo in cui il golden power è stata pensata risponde all’emotività del rapporto con gli Stati Uniti. L’approccio migliore sarebbe rivolto invece a una cyber security globale, in cui si analizzino le vulnerabilità della rete internet. Ricordo che gli operatori delle telecomunicazioni devono già adeguarsi agli standard comuni 5G PPP, ma questo principio non vale per gli altri attori della filiera, dove ogni operatore ha il suo standard”.

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