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lunedì, Gen 27

I Bts sono i nuovi Backstreet Boys?


I k-pop idol si sono esibiti durante la premiazione dei Grammy Award e sui social è scoppiata la polemica di chi voleva fosse concesso loro più spazio. Ecco perché questa boy band coreana è tanto popolare e sta rivoluzionato il panorama musicale

Stanotte ai Grammy Awards – i prestigiosi premi americani della musica – si sono esibiti i Bts, la boy band più famosa del pianeta. Già nelle ore precedenti su Twitter imperversava la polemica legata la fatto che i video con le prove delle esibizioni mostravano gli idoli del k-pop relegati a una partecipazione di supporto, notizia accolta malamente quanto quella delle mancate candidature. La trasmissione dell’evento della performance di Lil Nas con Old Town ha confermato che i Bantgtan Boys (Bts sta per Bangtan Sonyeondan) sul palco c’erano, ma un po’ soffocati tra una folla di artisti. Secondo i sostenitori della band il gruppo è stato fatto esibire con un escamotage – solo i candidati possono cantare sul palco – per arridersi la gigantesca fetta di pubblico che i ragazzi si sono guadagnati dal loro debutto nel 2013 a oggi.

Se l’anno prossimo i Bts saranno le star dei Grammy è da vedere, nel frattempo è il caso di rilevare i confini del fenomeno – non solo musicale ma anche culturale e sociale – che sono i Bangtan Boys. Nam-joon, Jimin, Suga, Jin, J-Hope, Jungkook e V (i seriedipendenti possono riconoscere quest’ultimo anche per la partecipazione al k-drama Hwarang) insieme fanno parte della miriade di k-pop band coreane che spopolano non solo in patria ma anche in Italia e negli Usa. Questo nonostante i testi delle canzoni siano per la stragrande maggioranza dei casi in coreano, con qualche parola d’inglese (come ha ricordato il compatriota Bong Joon-ho, regista di Parasite candidato all’Oscar: “Cari tutti, esistono i sottotitoli“).

I Bts, in particolare, hanno debuttato sfoggiando un’impronta hip hop (Namjoon, il leader della band che vanta un quoziente intellettivo sovrumano, è uno stimato rapper), con testi dedicati a tematiche delicate legate all’adolescenza, al disagio giovanile, al gap generazionale che, sebbene in una lingua incomprensibile ai più, trascendono i confini geografici. Risultato: la band ha riscosso un successo mastodontico e abbattuto innumerevoli record, per esempio accaparrandosi tre prime posizioni nella classifica Billboard in un anno (il 2018 con Love Yourself: Tear, Love Yourself: Answer e Map of the Soul: Persona), cosa riuscita in precedenza solo ai Beatles, oppure sfondando il tetto di visite su YouTube con Idol (45 milioni di visite in 24 ore) e soffiando il primato a Taylor Swift. L’hanno fatto di nuovo lo scorso aprile con Boy With Luv (74 milioni di visite nell’arco di un giorno, e ora sono quasi 700).

Tra Twitter e Instagram raccolgono 40 milioni di follower. Il segreto del loro trionfo non è un mistero: i Bts si scrivono i testi da soli, parlano di argomenti che uniscono virtualmente tutti gli adolescenti del mondo, sono professionisti con una presenza scenica incredibile in grado di offrire performance dal vivo coreografate alle perfezione. Fanno parte di un fenomeno, quello del k-pop che sta (anzi, l’ha già fatto) conquistando il mondo, quando buona parte del mondo non riesce neanche a comprenderne il fenomeno. Eppure, non sono appannaggio di un seguito di teenager: gli Army (i fan dei Bts) sono ventenni, trentenni e quarantenni, sono americani, indiani, italiani, e tante mamme e figlie.

Chi segue i Bts apprezza anche gli idol solisti – come la spettacolare Ailee, Iu o Zico (quest’ultimo interprete di quella Any Song che spopola sui social con una challenge) – e le altre band femminili e maschili più o meno storiche come Exo, Got7, Twice, T-ara, Velvet o Blackpink (queste ultime detengono il secondo posto per video più visto su Youtube con Kill This Love) che con i Bts condividono la ricetta di un successo basato sul fornire ai fan il pacchetto completo: sanno cantare, rappare, ballare, sono animali da palcoscenico e vantano un look – compreso trucco e parrucco – accattivante e audace.

I tratti eleganti e androgini che contraddistinguono gli idol più belli si rifanno alla figura del Flower Boy (in coreano kkotminam) che si rifà a un modello maschile aggraziato, efebico e truccato soavemente. Il capostipite di questo fenomeno è l’attore Lee Joon-Gi, che nel 2005 con il film The King and the Clown interpretò il grazioso Gong-gil (Lee Joon-Gi, guardacaso è anche un idol), che a sua volta si rifaceva all’incomparabile fascino androgino del cinese Leslie Cheung in Addio mia concubina (1993). Questo modello maschile così lontano dall’ipertrofico e palestrato maschio alfa è per molti irresistibile ma tutt’ora oggetto di derisione da quella parte della società occidentale di cui fanno parte i presentatori americani che li hanno derisi mentre commentavano l’esibizione al concerto di Capodanno di New York a Times Square.

Come aveva rilevato un articolo del Washington Post di qualche tempo fa, lo stesso era accaduto durante un programma greco in cui pubblico e presentatori si erano chiesti se un membro della band fosse veramente maschio. Troppo trucco, troppa lacca, questi cantanti d’oggi che corrompono i giovani… sono le stesse critiche che si sono presi negli anni ’70 i frontman delle rock band, i terribili Ozzy Osborne e Alice Cooper e così via. La verità, tornando al discorso di prima, è che i Bts piacciono perché sono artisitcamente perfetti, il risultato di un’operazione a tavolino delle case discografiche che informa anche gli altri idol.

Selezionati tra migliaia, istruiti nel canto e nel ballo con allenamenti estenuanti e pochissime ore di sonno a notte, prosciugati da diete infernali, sottoposti a interventi di chirurgia estetica e privati del contatto con il mondo esterno (niente cellulari e social) fino al debutto, gli idol trainee (uno è italiano, lo Youtuber Soul Mafia del video qui sopra) che sopravvivono sono performer virtualmente completi, il cui successo è duraturo proporzionalmente alla forza psicologica necessaria per resistere agli attacchi selvaggi degli hater (la pressione è tale che gli artisti suicidi non si contano più, dall’amatissimo Jonghuyn dei SHINee a, più recentemente, Goo Hara a Sulli) e all’attaccamento morboso delle sasaeng (le fan che stalkerano o sono ossessive vero i propri beniamini). Tuttavia, la dura vita dell’idol è un’altra storia, per ora limitiamoci ad ammettere che i Bts hanno rivoluzionato il mondo della musica.

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