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lunedì, Dic 14

I motivi per guardare Start-Up



Da Wired.it :

Tre giovani programmatori informatici cercano di sfondare con l’aiuto di una promettente imprenditrice e di uno scaltro manager. Ma se pensate che questa nuova serie Netflix sia un’arida disamina del settore, vi sbagliate di grosso

Ha esordito ieri, domenica 13 dicembre, su Netflix, Start-Up, incentrata su un quintetto di giovani intraprendenti alle prese con il mondo del business. Se c’è una cosa che piace fare agli sceneggiatori coreani – i quali, oltre a vantare un’industria cinematografica tra le più fiorenti al mondo, contano pure una produzione televisiva vastissima e di qualità –  è affidarsi a soggetti poco battuti dalla serialità occidentale. I protagonisti di Start-Up sono un’universitaria che abbandona gli studi per cercare i fondi necessari a finanziare il debutto da imprenditrice, un ex enfant prodige della matematica alle prese con lo sviluppo di un programma rivoluzionario per il riconoscimento delle immagini e un manager dalla carriera folgorante in una prestigiosa multinazionale. I tre offrono il loro punto di vista su altrettanti aspetti di un contesto, quello del business, che appartiene sia ai geni anticonformisti alla Steve Jobs sia ai rigidi Ceo delle multinazionali a gestione famigliare regolate da inaffondabili politiche aziendali. Start-Up, però, non è un’arida disamina del mondo degli affari, è piuttosto il ritratto di una società sempre più dominata dalla tecnologia; è anche una commedia generazionale piena di momenti comici e una rom-com con tanto di triangolo amoroso basato su un monumentale fraintendimento. Ecco, più ampiamente, i motivi per guardarla.

1. Le start-up da molto, molto vicino

Chi ricorda, qualche mese, fa l’uscita di Diavoli su Sky? La serie era un thriller ambientato nel mondo degli squali della finanza, ed era infarcito del gergo tipico del settore. Anche Start-Up fa largo uso del lessico del mondo del business: però, lo spiega, soprattutto ai giovani, ventenni e trentenni che sognano di avviare un’azienda o di entrare in una potente multinazionale come Samsung oppure Hyundai. Start-Up offre una panoramica quasi inedita su questa realtà (insieme a Silicon Valley, Halt and Catch Fire e uno show omonimo), e lo fa da tre punti di vista: quello di chi esordisce con una propria start-up e la sviluppa affidandosi a intelletto e fantasia; quello di chi si affianca a smanettoni e creativi prestando il proprio acume imprenditoriale, rendendo commerciabile le idee, scegliendo come proporle e a chi; e quello di chi, infine, deve riconoscere se vale la pena investire in quell’idea e in quelle persone.

2. Silicon Valley versus Corea

Un altro elemento pressoché inedito, soprattutto per una serie young-adult, è il confronto tra il mondo del business occidentale e orientale, nello specifico quello americano contro quello coreano. In quest’ultimo sopravvive un contrasto molto simile a quello nipponico delle zaibatsudove vige uno stile di gestione manageriale tradizionale e rigidissimo basato su un fortissimo inquadramento (e uno spiccato nepotismo) che fatica a convivere con l’esigenza di fare scouting tra i geni dell’innovazione. Negli Usa orde di scapestrati nerd vengono regolarmente arruolati dai Ceo della Silicon Valley affamati di profitto. È quello che succede in questa serie ai membri della Samsan Tech quando la loro start-up attira l’attenzione degli americani: avranno modo di vivere una realtà totalmente diversa da quella asiatica, legata molto più al successo economico che alle gerarchie. Anche in questo caso Start-Up è una miniera di informazioni.

3. A lezione di scaltrezza

Il personaggio di Do-san (interpretato dal lanciatissimo Nam Joo-hyuk, visto di recente in un’altra serie Netflix, Nurse School Files) si rifà allo stereotipo del genio timido e squinternato in grado di guizzi creativi galattici. Promettente stella della matematica che ha mollato tutto per dedicarsi a un programma in grado di riconoscere che cosa contiene un’immagine, è considerato un outcast dalla società locale. L’infanzia e l’adolescenza dei giovani coreani, infatti, è devota allo studio: si applicano come pazzi per accedere a un’università prestigiosa dalla quale dipende il loro futuro sociale e professionale. Start-Up è dedicata ai sognatori, a coloro che pensano di potercela fare con le proprie forze e il talento senza i soldi del papà e le raccomandazioni. Insomma, è un piccolo manuale su come avventurarsi nel mondo del business, reperire fondi, stipulare contratti con un’azienda ed evitare di venire da questa sfruttati e derubati. Una delle prime disavventure di Do-san è proprio quella di imbattersi in un trio di autoproclamati imprenditori che cercano di appropriarsi delle sue idee sfruttando la buona fede giovanotto. Start-Up insegna che non bastano resilienza e genio creativo, bisogna anche avere scaltrezza fuori dal comune.

4. Una donna in carriera

A ogni gruppetto di nerd con la camicia a scacchi che fonda un’azienda in uno scantinato serve un manager che conosca le esigenze degli utenti di riferimento, sia in grado di saggiare il mercato e, soprattutto, sappia presentare il progetto alle persone giuste. Il personaggio di Dal-mi (interpretato della cantante Suzy Bae, vista nella serie action Netflix Vagabond), fa proprio questo. È la classica Cenerentola che subisce ogni genere di sopruso, perché è povera e per nulla raccomandata, a differenza della sorella In-jae, adottata da un ricco e potente uomo d’affari. Idealista e onesta la prima, opportunista e scorretta la seconda, entrambe cercano di imporsi nel mondo del business che, specialmente in Corea, è appannaggio maschile. Dal-mi sogna di riscattare la memoria del padre, genio delle start-up ormai dimenticato, e diventare la prima Steve Jobs donna del suo Paese, sfidando un sistema sciovinista fondato sulla figura (caposaldo dell’economia coreana) del chaebol, ovvero l’erede maschio di un impero aziendale a conduzione familiare.

5. L’Alexa che vorremmo

Le idee presentate dai protagonisti sviluppano applicazioni basate sull’intelligenza artificiale. I coreani, come i giapponesi e gli americani, prendono la tecnologia più sul serio di qualsiasi altra cosa. Yeong-sil è un’Alexa dalla voce maschile che dovrebbe rispondere a ogni esigenza del padrone di casa, ma fa un po’ quello che vuole, per esempio leggendo l’oroscopo della giornata al posto del meteo. Creato per prendere in giro l’ossessione contemporanea verso un’innovazione da cui dipendiamo totalmente (a questo proposito date un’occhiata anche agli episodi Love Virtually e Manxin dell’antologia di fantascienza Sf8), i suoi commenti non richiesti e le perle di saggezza poco artificiali e molto umane sono lì a ricordarci l’imprevedibilità della vita. E non c’è tecnologia che tenga: siamo noi umani a determinare il nostro fato.

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[Fonte Wired.it]