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martedì, Set 29

I robottoni più mitici degli anni ’70 e ’80



Da Wired.it :

Il 28 settembre 1975 debuttava il Grande Mazinga di Go Nagai. È l’occasione perfetta per comporre la classifica – praticamente priva di margine di scelta – dei mecha più leggendari

I robottoni, gigantesche creature meccaniche partorite dalla sfrenata immaginazione degli autori di manga e cartoni giapponesi per difendere il popolo del Sol Levante dai nemici (nazisti, alieni, cyborg…), sono i più grandi miti dei bambini vissuti negli anni ’70 e ’80. Da quando il Maestro Go Nagai, in un momento di frustrazione, immaginò l’enorme robot destinato a diventare famoso con il nome di Mazinger, in tanti abbiamo sognato di pilotare un mecha, siamo cresciuti giocando con la sua versione giocattolo e da grandi abbiamo speso un sacco di soldi per collezionare miniature e simili. La seconda metà degli ’80, con l’avvento di Gundam, della Patlabor, di Appleseed e così via, l’elemento fantascientifico più estremo e fantasioso è stato stornato da uno più realistico, finché Neon Genesis Evangelion ha rivoluzionato il genere trasformando i robottoni in creature terrificanti e i loro piloti in teenager destinati a morire di paura o di follia. Il 28 settembre 1975 debuttava in Giappone Il Grande Mazinga, cogliamo l’occasione per celebrare i classici robottoni di quel tempo.

1. Mazinga Z & Grande Mazinga

Il maestro Go Nagai è un genio. Violento, estremo, perverso, ma pur sempre un genio. Chiarita questa premessa, possiamo subito passare alla sua opera più seminale, la pietra miliare dell’animazione scaturita dall’idea che uno scienziato, utilizzando una lega metallica indistruttibile, avesse costruito un’arma volante dalle fattezze umane per difendere il Giappone dall’agguerrita civiltà micenea e dal Dr. Inferno, dominato da manie di conquista del mondo. Con Mazinga Z e il suo ancor più amato seguito, Grande Mazinga, Nagai fissa il genere e gli archetipi, dando il via a una lunga lista di giovanotti aitanti e coraggiosi dalle pettinature aerodinamiche, di cattivi dai look e dai nomi pittoreschi, di mecha avversari destinati a essere fatti a pezzi. Ancor più dell’indomito Koji Kabuto e del ribelle Tetsuya, oggi ricordiamo come mitici i villain, il crudele ma eroico Generale nero, il perturbante “transgender” Generale Ashura (a cui anni dopo verrà assegnata una tristissima origin story) e il Grande maresciallo del Demonio (ovvero la versione supersayan di Dottor Inferno). Se in patria il robottone debuttava in tv nel 1972 – e quindi si annovera come icona degli anni ’70 – da noi esordisce sulla Rai nel 1980, attestandosi come il capostipite dei robottoni del decennio dominato da mecha e maghette.

2. Atlas Ufo Robot

Per molti è più amato e conosciuto di Mazinga: Goldrake – Atlas Ufo Robot (in giapponese Ufo Robot Grendizer) – è anch’esso una creatura di Nagai, con la differenza che conquistò anche le bambine: il cartone vantava un’iconografia più dolce rispetto ai predecessori, questo perché il character design era passato da Keisuke Morishita a Shingo Araki (dall’episodio 49 in avanti, celeberrimo per aver curato anche Lady Oscar, I cavalieri dello zodiaco e svariati shojo) e il personaggio del pilota alieno Actarus era stato concepito per essere innegabilmente e universalmente affascinante. Principe fuggitivo (dal nome suggestivo di Duke Fleed), Actarus presta alla Terra se stesso e il suo robot per difendersi dagli invasori extraterrestri del Re Vega (piccola porta di un’orda di esseri fittizi provenienti da ogni parte della galassia interessati ad annichilire l’umanità come le mazoniane di Capitan Harlock) restando fedele, con i suoi scontri all’ultimo ingranaggio, le dinamiche messe a punto da Nagai. Anche in questo caso, il cartone è una miniera di pietre miliari dell’infanzia di una generazione, una sigla epica e… alabarda spaziale!

3. Jeeg Robot d’acciaio

Anche nel caso di questo manga, poi adattato in anime nel 1975, c’era lo zampino di Nagai. L’immancabile scienziato, che questa volta si chiama Professor Shiba, si imbatte in un altro popolo tecnologicamente superiore rimasto nascosto nei luoghi più remoti della Terra (i micenei li aveva già sconfitti il grande Mazinga), con la differenza che ora la mutazione in cyborg non informa solo gli antagonisti e il villain leader di turno è una donna, la splendida e austera Regina Himika. Hiroshi, l’(ovviamente) immancabile figlio dello scienziato destinato a diventare il pilota del robottone (il nepotismo da zaibatsu nipponica si è protratto fino a Evangelion) è stato trasformato in cyborg dal genitore dopo un incidente; combatterà i guerrieri Haniwa grazie a un pendaglio e a dei guanti che lo rendono in grado di trasformarsi nella testa del robot Jeeg (poi dite che Nagai non è un genio). La Jeeg segna un passo avanti rispetto al canovaccio dei robottoni, anche grazie a una trama complicatissima fatta di tradimenti, alleanze, cospirazioni e personaggi “ibridi”, ma a essere memorabile resta lui, l’arrogante campione di Formula Uno e mutante Hiroshi.

4. L’imbattibile Daitarn III

Prodotto dallo Studio di animazione Sunrise nel 1979 (da noi arriva l’anno dopo) – lo stesso di City Hunter, Cowboy Bebop e altre serie fondamentali del panorama nipponico, nonché di quella Mobile Suit Gundam che segnerà l’epoca “realistica” dei genere mecha – Daitarn nasce dal contributo di Yoshozuki Tomino, altra mente brillantissima del mondo dei cartoni che rivoluziona le storie di robottoni. Il senso dello humour che permea Daitarn III, il nuovo archetipo di protagonista introdotto con la figura del pilota Haran Benjo (un folle mix di spavalderia, demenza ed eroismo), un robottone che – incredibile ma vero – non si muove come una macchina ma si agita e cambia espressione, e i villain migliori della storia del genere ne fanno un’opera sensazionale. Haran ha le Bond girl (Beauty e Reika) – la bionda svampita e la castana intelligente come 007 – , il maggiordomo supercool (Garrison) come Batman e degli antagonisti indimenticabili – i meganoidi capitanati dal terrificante Don Zauker e dall’algida Koros; il suo robot sfrutta l’energia solare, per cui è anche ecologico, e i suoi nemici si trasformano in Megaborg, mostri che soffrono, mostrano sentimenti e debolezze e a volte si ravvedono. Che meraviglia.

5. Golion

Cinque piloti di altrettanti robot a forma di leone si compongono in un’unica unità e combattono l’Impero galattico dei soliti extraterrestri cattivi e conquistatori. Trama basilare, con in più il tocco fantasy della principessa aliena (come Starzinger), per un anime importante che rappresenta “l’assimilazione occidentale”. Eravamo un po’ indecisi – nonostante una classifica del genere non offra praticamente alcun margine di scelta – tra inserire Golion oppure optare per una scelta più audace come quella degli jaeger di Pacific Rim, autentici eredi occidentali del robottoni degli anni ’80. Tuttavia, Golion rappresenta una fase imprescindibile del genere mecha, il momento in cui gli americani hanno tentato di inglobare i robottoni nella loro cultura (un altro esempio è la co-produzione tra Hasbro e Takara Tomy dei Transformers), tanto che i più conoscono questo cartone con il nome di Voltron. Voltron era la crasi di due serie giapponesi che negli Usa vennero fuse tra loro arbitrariarmente, creando lo show che piace tanto al Deadpool cinematografico e a Netflix (che ha lanciato la Voltron: Legendary Defender di DreamWorks nel 2016).

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[Fonte Wired.it]