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venerdì, Dic 06

I siti di salute mentale che vendono i dati delle malattie degli utenti


Secondo Privacy International se visiti siti internet sulla depressione concessionarie di pubblicità, social media e broker di dati potrebbero tracciarti e usare informazioni sensibili a scopo di lucro

(foto: Getty Images)

Alcuni dei maggiori e più importanti siti internet dedicati alla salute mentale condividono i dati degli utenti, compresi i risultati del test sulla depressione, con concessionarie di pubblicità. Tradotto: le persone che ricercano sul web informazioni o aiuto per specifiche condizioni mentali potrebbero ricevere annunci mirati. L’utilizzo a scopo pubblicitario di questa vulnerabilità è stato rivelato da uno studio condotto quest’anno, a Londra, da Privacy International (Pi), un’organizzazione britannica senza scopo di lucro che difende e promuove il diritto alla privacy in tutto il mondo.

L’analisi ha preso in esame 136 siti di questa categoria nel Regno Unito, in Francia e in Inghilterra scoprendo che circa il 76 per cento di essi conteneva tracker di pubblicità che prelevano i dati dei visitatori per finalità commerciali. Secondo il report, come spiega anche New Scientist, quasi tutti i siti analizzati avevano tre quarti di cookies – ovvero dei file di informazioni che i siti web memorizzano sul computer dell’utente durante la navigazione – dedicati a iniziative di marketing o pubblicità. Per condurre la ricerca l’organizzazione ha usato webxray, uno strumento per analizzare contenuti di terze parti sulle pagine web e identificare le società che raccolgono i dati degli utenti.

Privacy international avverte che “questi siti trattano i dati personali dei loro visitatori come una merce, non rispettando gli obblighi previsti dalle leggi europee sulla protezione dei dati e sulla privacy”. Fra queste c’è ovviamente il Gdpr, ovvero il regolamento europeo generale sulla protezione dei dati che, fra le altre cose, prevede per i dati sensibili – e fra questi rientrano anche le informazioni riguardo la salute – l’esplicito consenso dell’utente. Lo studio di Pi evidenzia invece che “molte pagine web relative alla depressione hanno utilizzato un gran numero di cookie di tracciamento ancor prima che gli utenti fossero in grado di esprimere (o negare) il loro consenso”.

A nulla sarebbe valso l’aumento di protezione predisposto dall’Unione europea se queste informazioni estremamente delicate vengono utilizzate a scopo commerciale. Secondo il rapporto sarebbero i tracker di Google, Facebook e Amazon a essere prevalentemente presenti su molte delle pagine analizzate. In particolare “Facebook è il secondo più comune”, viene specificato, mentre risulterebbe, sempre secondo Pi, “molto difficile sfuggire a queste aziende”. Non solo, l’analisi ha anche coinvolto nove siti che offrono agli utenti dei quiz sulla loro salute mentale, riscontrando che un terzo aveva cookie collegati a pubblicità programmatiche con centinaia di aziende facevano offerte in tempo reale per lo spazio pubblicitario.

I numeri sulla salute mentale

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ogni anno il 25 per cento della popolazione in Europa soffre di depressione o ansia, ma circa il 50 per cento delle persone depresse non si cura adeguatamente. Si capisce dunque che raccogliere online dati senza alcun consenso è un’operazione altamente invasiva a discapito di persone altamente vulnerabili. Secondo i dati rilevati in Italia dal ministero della Salute nell’ultimo rapporto (nel 2017) e riportati anche quest’anno in occasione della Giornata mondiale della salute mentale le persone con patologie psichiatriche assistite dai servizi specialistici sono state oltre 850 mila e fra le patologie più frequenti rientra proprio la depressione insieme a schizofrenia e altre sindromi nevrotiche.

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