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I tassisti sono più raramente colpiti dall’Alzheimer, ecco qual è il motivo secondo uno studio di Harvard

da | Giu 2, 2025 | Tecnologia


Per molti, i rischi professionali sono una triste realtà quotidiana. Ma esistono anche benefici unici per alcuni lavoratori. Guidare il taxi tutto il giorno, ad esempio, può sembrare un’occupazione noiosa e stressante. Ma sembra portare con sé un vantaggio peculiare: una forma di protezione nei confronti dell’Alzheimer, garantita dall’allenamento extra a cui si sottopone l’ipotalamo navigando per le caotiche rotte cittadine. È quanto emerge da uno studio pubblicato sul Bmj da un team di ricercatori di Harvard, che ha analizzato la mortalità per Alzheimer di 443 categorie professionali grazie ai certificati di morte di oltre nove milioni di persone.

Una storia di tassisti londinesi

I black cab di Londra sono forse tra i taxi più famosi del pianeta. E anche i loro piloti non sono da meno: per diventare tassista a Londra, infatti, è necessario superare uno dei più difficili test professionali al mondo. È conosciuto come The Knowledge, e costringe gli aspiranti cabby a imparare a memoria tutte le 25mila intricate vie del centro cittadino (un’area di sei miglia attorno a Charing Cross), i principali luoghi di interesse presenti, e le rotte più brevi per raggiungerli da qualunque punto della città.

Per diventare una sorta di Google Maps umano, i tassisti londinesi studiano in media tra i tre e quattro anni prima di riuscire a superare The Knowledge. E in questo modo, allenano a dismisura il loro ippocampo, la struttura cerebrale a cui dobbiamo le nostre capacità di orientamento: lo ha dimostrato uno studio dei primi 2000, rivelando con l’imaging cerebrale che questa parte del cervello nei tassisti di Londra tende a essere più grande del normale. Cosa c’entra tutto questo con l’Alzheimer? È presto detto: l’ippocampo è una struttura chiave anche per la memoria, e viene spesso colpito precocemente dalla malattia, e tende a perdere volume col progredire del disturbo. È per questo che i ricercatori di Harvard si sono posti la domanda: l’allenamento che garantisce la vita da tassisti può tenere a bada l’insorgenza dell’Alzheimer?

Lo studio

Per il loro studio, i ricercatori americani hanno fatto affidamento sul National Vital Statistics System, un database intergovernativo che contiene informazioni di vario tipo, compresi i certificati di morte, sulla quasi totalità della popolazione americana. Da questo enorme registro, i ricercatori hanno estratto i certificati di nove milioni di persone decedute tra il 2020 e il 2022, documenti che includono tra le altre cose, sia la causa di morte sia la professione del deceduto. E hanno così potuto valutare il numero di decessi collegati all’Alzheimer riscontrabili nel periodo in esame in circa 443 professioni differenti, comprese ovviamente quella di tassista e quella, simile per caratteristiche, di autista di ambulanza.

Dei 16mila tassisti presenti nel campione, 171 – ovvero l’1,3% del totale – sono risultati deceduti per cause riconducibili all’Alzheimer. Anche meglio è andata per gli autisti di ambulanza: 10 decessi per Alzheimer, pari allo 0,74% dei 1.348 totali. Aggiustando i risultati per tenere conto dell’età al decesso e delle caratteristiche sociodemografiche del campione studiato, tassisti e ambulanzieri sono risultate le due professioni con la minore proporzione di decessi legati all’Alzheimer tra tutte le 443 studiate. La percentuale finale di decessi per Alzheimer – 1,03% per i tassisti e 0,91% per gli autisti di ambulanza – è risultata inoltre molte inferiore alla media che si vede nella popolazione generale, pari all’1,69%.

Risultati da confermare

Guardando ai tassi di Alzheimer in altre professioni che richiedono di trascorrere ore al volante, come gli autisti di autobus, o di guidare altri tipi di veicoli, come navi e aerei, non emergono effetti protettivi simili a quelli osservati per tassisti e autisti di ambulanza. Questo ovviamente è un punto a favore per l’interpretazione dei risultati che danno gli autori della ricerca: nessun’altra professione richiede un impegno simile in attività di navigazione spaziale, e quindi potrebbe essere proprio questa ginnastica cognitiva quotidiana a proteggere il cervello dall’Alzheimer. Gli effetti sembrano inoltre estremamente specifici (altro punto a favore), visto che lo stress e la vita sedentaria che sperimentano i tassisti hanno effetti deleteri su molti altri aspetti della loro salute.

Prima di pensare a un cambio di professione, o di dedicarvi ad allenamenti mirati, è bene ricordare che i risultati dello studio non vanno presi come certezze, trattandosi di una ricerca osservazionale che non è pensata per stabilire un legame causale tra le variabili studiate. “Non consideriamo i nostri risultati definitivi, ma qualcosa di utile per generare nuove ipotesi”, spiegano a proposito gli autori. “Saranno necessarie ulteriori ricerche per stabilire in modo certo se il lavoro cognitivo di orientamento spaziale richiesto da queste occupazioni influenza il rischio di morire a causa dell’Alzheimer, e se un qualche tipo di attività cognitiva può quindi essere potenzialmente preventiva”.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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