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mercoledì, Mar 22

I telescopi di ESO e i primi dati dell’impatto di NASA DART contro Dimorphos

da Hardware Upgrade :

Oltre al cambiamento climatico in atto ci sono altre minacce per il pianeta Terra. Per esempio dallo Spazio c’è sempre il rischio che un asteroide o una cometa possa impattare con il nostro Pianeta e le conseguenze potrebbero essere disastrose. Non necessariamente asteroidi di grandi dimensioni ma anche di dimensioni medie (come quello di Tunguska) in una zona densamente popolata potrebbero causare danni materiali e morti. Per questo il primo esperimento di difesa planetaria, portato a termine grazie alla sonda NASA DART (Double Asteroid Redirection Test) è stato fondamentale e non sarà il solo.

Lo scopo era capire come poter deviare la traiettoria di un asteroide abbastanza da non renderlo più un pericolo. Per farlo è stato però scelto un sistema che effettivamente non rappresentava un problema per la Terra perché i risultati erano incerti. Per questo sono stati scelti Didymos (diametro di 780 metri) e Dimorphos (63 metri). Lo scopo era modificare il periodo orbitale del secondo, cosa avvenuta effettivamente, come confermato successivamente. A osservare l’evento c’erano diversi telescopi come JWST, HST ma anche quelli sulla Terra, come i telescopi dell’ESO.

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L’impatto di NASA DART contro Dimorphos osservato dai telescopi ESO

Come scritto sopra, un evento di questo tipo era così particolare da dover essere osservato da più telescopi così da ricavare la maggior quantità di dati. Oggi sono stati annunciati pubblicamente due studi scientifici (Optical spectropolarimetry of binary asteroid Didymos-Dimorphos before and after the DART impact e Morphology and spectral properties of the DART impact ejecta with VLT/MUSE) realizzati a partire dai dati del VLT (Very Large Telescope) dell’ESO.

nasa dart

In particolare i due gruppi di astronomi hanno voluto rilevare le conseguenze dell’impatto tra NASA DART e Dimorphos. Questo non solo per capirne le conseguenze dirette ma anche per conoscere meglio la natura del materiale espulso e quindi la struttura stessa di quest’ultimo. I dati sono stati raccolti attraverso i telescopi da 8,2 metri di diametro del VLT dell’ESO.

nasa dart

Brian Murphy (dottorando all’Università di Edimburgo nel Regno Unito) ha dichiarato “gli asteroidi sono tra i resti più essenziali del materiale da cui sono stati creati tutti i pianeti e le lune del Sistema Solare”. Cyrielle Opitom (astronoma all’Università di Edimburgo) ha aggiunto “gli impatti tra asteroidi avvengono naturalmente, ma non lo si sa mai in anticipo. DART è stato davvero una grande opportunità per studiare un impatto controllato, quasi come in laboratorio”.

Grazie allo strumento MUSE (Multi Unit Spectroscopic Explorer) sempre installato sul VLT è stata analizzata la polvere sollevatasi dopo l’impatto. Secondo quanto riportato, questa sarebbe stata composta da particelle molto fini. Nel corso delle ore/giorni seguenti, grazie anche all’azione della radiazione solare, le code formatesi erano invece formate da particelle di dimensioni maggiori.

Sempre grazie a MUSE si è cercata traccia di acqua all’interno di Dimorphos ma, com’era probabile, non ne è stata trovata in quanto questo genere di asteroidi non presenta grandi quantità di ghiaccio (sarebbe stata quindi una sorpresa se fosse avvenuto il contrario). Non sono anche state trovate molecole di propellente di NASA DART, cosa che era possibile grazie al fatto che i serbatoi fossero quasi vuoti.

Un’altra analisi portata avanti da un altro team è stata quella sulla polarizzazione della luce. In questo caso è stato impiegato lo strumento FORS2 (FOcal Reducer/low dispersion Spectrograph 2) sempre installato su VLT. Quello che è stato rilevato è che dopo l’impatto la polarizzazione è diminuita improvvisamente mentre la luminosità è aumentata. Una delle spiegazioni è che l’impatto abbia esposto materiale che proviene dalla zona più interna dell’asteroide che, per sua natura, è più luminoso e meno polarizzante. Una seconda ipotesi è che l’impatto abbia creato una nume di particelle fini che possono riflettere meglio la luce.

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