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giovedì, Lug 04

Il boom di cause legali contro i colpevoli del cambiamento climatico


Sono un nuovo potente strumento nelle mani degli attivisti per il clima, e dagli anni Novanta a oggi – spiega un report – sono diventate sempre più popolari: spesso hanno portato alla sbarra imprese e governi

Una manifestazione di attivisti a favore della causa intentata contro la Royal Dutch Shell, rea di non rispettare gli obiettivi del trattato di Parigi sul clima (foto: Ana Fernandez/SOPA Images/LightRocket via Getty Images))

Nel 2015 Asghar Leghari, un contadino 25enne del Pakistan, ha fatto causa al governo del suo paese, accusandolo di essere inadempiente sul fronte del cambiamento climatico. Secondo Leghari, l’esecutivo non aveva rispettato gli obiettivi stabiliti del 2012 e non riusciva a garantire acqua, cibo e sicurezza energetica ai suoi concittadini, violandone i diritti fondamentali, come quello alla vita.

Il giudice gli ha dato ragione e ha imposto all’esecutivo pakistano di formare una commissione per implementare politiche green nell’ambito della lotta al cambiamento climatico.

Quella di Leghari non è che una delle cause intentate da privati cittadini, associazioni e istituzioni locali a governi e aziende: secondo un nuovo report, dai primissimi anni Novanta ad oggi ce ne sono state più di 1300, di cui 1023 solo negli Stati Uniti.

Il report

Il Grantham Institute e la prestigiosa London School of Economics hanno fatto il punto sulle cause legali incentrate sul cambiamento climatico e hanno scoperto che, col tempo, sono aumentate e vengono intentate in sempre più stati: ventotto, per la precisione. “In tutto il mondo, i governi e le imprese vengono considerati responsabili per la mancata lotta al cambiamento climatico”, ha dichiarato la ricercatrice e avvocato ambientalista Joana Setzer, coautore dello studio.

Gli Stati Uniti sono il paese più attivo sotto questo punto di vista. Dal 1994 ad oggi, cittadini e associazioni si sono rivolti al tribunale 1203 volte, 154 delle quali solo negli ultimi due anni e mezzo. In questo periodo, la società civile ha provato soprattutto a contrastare la deregulation ambientale di Donald Trump che, tra le altre cose, ha deciso di ritirare Washington dal trattato sul clima di Parigi.

Non sempre si è arrivati a una vittoria: in 38 casi i giudici hanno dato ragione agli attivisti ma in altri 41, chi aveva fatto causa con l’obiettivo di promuovere politiche di lotta al cambiamento climatico ha perso. Sugli altri 75 i magistrati devono ancora esprimersi in maniera definitiva.

Cause legali sono state intentate anche nel Regno Unito (53), in Nuova Zelanda (17), Spagna (13), Germania (5) e Brasile (5) e in Asia, al di fuori del Pakistan. Nel 43% dei casi, i giudici hanno emesso un verdetto favorevole agli attivisti anti-climate change, mentre nel 27% delle volte la sentenza è andata nel verso opposto.

Governi e imprese alla sbarra

Una delle cause più importanti intentate contro un governo è stata quella presentata dall’Urgenda Foundation – che si occupa di politiche sostenibili nei Paesi Bassi – e conclusasi con la vittoria dell’associazione alla corte dell’Aia, una vittoria storica: nella sentenza di primo grado, emessa nel 2015, i giudici hanno accolto le richieste di Urgenda costringendo il governo olandese a rivedere i suoi obiettivi di taglio delle emissioni di gas serra e portarli dal 13-17% al 25%.

Sotto accusa sono finite spesso anche le aziende. Nel 2018 per esempio, lo stato di Rhode Island e le città di New York, San Francisco e Oakland hanno citato in giudizio le compagnie attive nella trasformazione e produzione dei combustibili fossili, accusandole di nascondere di proposito i rischi che la loro attività comportava a livello ambientale. Il tribunale distrettuale ha riconosciuto il legame tra i combustibili fossili e il surriscaldamento globale, ma ha respinto la causa perché sarebbe stato complesso, dal punto di vista legale, stabilire la responsabilità delle aziende. Il caso verrà ora discusso in appello.

“Fino a poco tempo fa le aziende non consideravano una causa giudiziari collegata al cambiamento climatico come un rischio, ma oggi è qualcosa che tutte le imprese dovrebbero prendere in considerazione”, spiega Setzer.

Secondo l’avvocato e ricercatrice, queste controversie stanno diventando uno degli strumenti più comuni e potenti nelle mani degli attivisti e, spesso, le sentenze dei giudici hanno avuto effetti straordinari. Questo modo, però “rimane comunque un’opzione costosa e potenzialmente rischiosa, se confrontata con altre come la definizione di politiche coerenti con la crisi del clima”.

 

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