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lunedì, Lug 27

Il caso camici è il paradigma della superficialità di Fontana



Da Wired.it :

Mentre la Lombardia viveva ancora fasi critiche, il governatore armeggiava sui conti svizzeri per risarcire il cognato della vendita trasformata in donazione. Basterebbe solo questo a capire la qualità della gestione dell’emergenza

(Foto: Massimo Alberico/Ipa)

Una vendita di camici ospedalieri in piena emergenza, trasformata – come spiega il Corriere della Sera – senza atti istituzionali in una “donazione” dell’azienda del cognato e al 10% della moglie. Non prima che il programma Report e Il Fatto Quotidiano la scovassero. Adesso i conti in Svizzera, su cui nel 2015 approdarono 5,3 milioni di euro fino ad allora nascosti in due trust alle Bahamas aperti nel 2005 e intestati alla madre e poi appunto di rientro perché “scudabili”.

Attilio Fontana, presidente della giunta regionale lombarda, ha di che preoccuparsi: sia dal punto di vista giudiziario che da quello politico. Sul primo fronte la Guardia di Finanza prosegue le indagini su incarico della Procura milanese, passando anche dal possibile ristoro messo in campo dal governatore a beneficio del cognato Andrea Dini, per la commessa persa sui famigerati camici (avrebbe avuto intenzione di girargli 250mila euro di tasca sua quasi come risarcimento). Sul secondo le opposizioni in Consiglio regionale promettono una mozione di sfiducia e intendono insistere sulla commissione d’inchiesta regionale sulla Covid, proposta dal Pd che pure dovrebbe unirsi alla sfiducia proposta dal Movimento 5 stelle. Tanti gli aspetti da chiarire, inclusa la mancata zona rossa di Nembro e Alzano Lombardo.

La Procura ipotizza la “frode in pubbliche forniture” perché immagina che Fontana sapesse dell’operazione fra la Regione e l’azienda di Dini per un totale di 82mila fra camici e altri dispositivi di protezione e un valore di 513mila euro. Una commessa assegnata senza gara, vista l’urgenza, ma in violazione delle norme sul conflitto d’interesse. Nell’indagine è finito anche Filippo Bongiovanni, direttore generale di Aria, la centrale acquisti della Lombardia. La linea difensiva del presidente è la seguente: per evitare un danno d’immagine a sé e alla regione avrebbe prima spinto per ribaltare quella transazione in una donazione e poi avrebbe programmato un gesto risarcitorio, con un tentativo di bonifico bloccato per sospetti di antiriciclaggio – quale causale poteva mai avere un’operazione di quel genere? – e segnalato in procura dalla Banca e dalla Finanza, nei confronti del cognato e in qualche maniera pure della moglie, socia della Dama Spa. Un tentato girotondo di quattrini su cui oggi Fontana dovrà spiegare a Palazzo Pirelli.

Adesso provate a fare un salto indietro di un paio di mesi abbondanti, più o meno intorno alla metà di maggio, e di trovarvi a coordinare la regione più colpita da una pandemia di proporzioni epocali. L’inchiesta di Report era già in lavorazione e il 20 maggio, a un mese dall’assegnazione della fornitura, Dini aveva scritto una e-mail al direttore di Aria, proprio Bongiovanni, spiegandogli di aver deciso di trasformare quell’operazione in una donazione. Nessun atto ufficiale ha mai certificato questo passaggio, sebbene esistano note di credito del 22 e 28 maggio che annullano le fatture per i materiali anche se per un totale di 359mila euro sui 513mila complessivi della fornitura, visto che non tutti i dispositivi vennero poi effettivamente consegnati e donati. La tesi di Report è che la decisione sarebbe stata presa in tutta fretta quando la situazione, dopo le domande dei giornalisti, cominciava a farsi inopportuna. Le famose mani nella marmellata.

Fontana dice di non averne saputo nulla fino alle prime uscite giornalistiche. Ma allora come può la sua tesi difensiva ruotare intorno al fatto che abbia spinto per trasformare quella vendita in una donazione? Il Corriere della Sera spiega in effetti che un suo collaboratore l’avrebbe informato della compravendita già il 19 maggio – ma ricordiamoci: stiamo sempre parlando dell’azienda del cognato e in misura minore della moglie, non di una qualsiasi – e che proprio quel giorno, prima che Dini scrivesse ad Aria per annullare la transazione, Fontana abbia cercato di girare 250mila euro al cognato. Il 19 maggio in Lombardia si contarono 462 nuovi positivi e 162 morti ma il governatore leghista era evidentemente impegnato in altre faccende.

Ancora prima della gara e del conflitto d’interessi, del pastrocchio in cui si è forse cercato di lucrare sul fabbisogno dei momenti più duri, il problema è infatti politico e morale: mentre la Lombardia lottava contro la Covid il suo presidente armeggiava fra conti in Svizzera e aziende di famiglia per mettere una toppa a un’operazione nata male, del tutto inappropriata e che forse – lo valuterà la procura – si porta dietro gli estremi di un reato.

Quando la gente moriva e l’emergenza era tutt’altro che “dominata”, come invece ha ripetuto nelle scorse ore dopo tre giorni a decessi zero, Fontana perdeva tempo dietro a questa roba. Se invece davvero non sapeva e sarebbe venuto a conoscenza del pasticcio solo ai primi di giugno, chi ha tentato di effettuare quel bonifico? Chi avrebbe spinto Dini a riconvertire l’acquisto inavvertitamente fatturato mentre lui non c’era (e dov’era, in pieno lockdown?) in regalo? E perché mai la fornitura assicurata da Dama, circa 82mila pezzi, non è mai stata completata, interrompendosi intorno ai 50mila quando divenne chiaro che non si sarebbe visto un euro? Bella donazione quella che si conclude di colpo quando si capisce che non se ne trarrà un euro e si tenta di rivendere la rimanenza a una residenza per anziani, per di più a prezzo maggiorato rispetto a quello proposto alla regione.

Se ci fosse un Oscar per la filantropia posticcia, non potrebbe che finire a Dini. Quello per la peggior gestione dell’emergenza, invece, ha già un vincitore assicurato che rischia di dover mollare la poltrona per una lunga serie di lacune, anche sotto il profilo logico, di cui il caso-camici è paradigma in tutta la sua superficialità, come per gran parte della risposta all’epidemia. Su tutto il resto valuterà la procura.

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[Fonte Wired.it]