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mercoledì, Gen 11

Il cinema sta morendo e forse è solo colpa nostra



Da Wired.it :

Il cinema in sala è in profonda crisi. La questione è annosa, non la scopriamo certamente oggi e vi sono state numerosissime analisi, opinioni sorrette da una quantità di dati semplicemente immensa. Si era pensato che in fin dei conti dipendesse soprattutto della pandemia, che una volta andata via l’emergenza legata a Covid-19, le persone sarebbero tornate ad affollare le sale cinematografiche. Benché la situazione italiana sia di gran lunga peggiore rispetto a tante altre, a livello globale però la tendenza rimane immutata: i cinema incassano sempre meno, o meglio incassano solamente con alcuni tipi di film. Registi e star del cinema che fino a pochi anni fa erano abituati a raccogliere milioni, devono accontentarsi il più delle volte del plauso della critica. 
Ma davvero è solo la concorrenza dello streaming? E se la questione fosse più complessa?

La crisi dei grandi autori del nostro tempo

The Fabelmans di Steven Spielberg è l’ultima vittima eccellente di un pubblico che abbandona quei registi e quegli attori che fino a pochi anni fa tutti attendevano con ansia. Il grande cineasta americano, tra i più amati (o almeno così era) in realtà è al secondo flop consecutivo, dopo quello doloroso dell’anno scorso di West Side Story. L’elenco è lungo e interessa una varietà di film non indifferente, che in questi ultimi due anni sono andati incontro a veri e propri bagni di sangue a livello di incassi. Vale la pena ricordare The Northman di Eggers, Cry Macho di Eastwood, la Fiera delle Illusioni di Del Toro, The Last Duel di Ridley Scott, e poi da ultimi Amsterdam di David O. Russell e infine Babylon di Chazelle. Il problema di una sovrapposizione sulla piattaforma ha interessato molti film che hanno incassato poco, tra cui persino la Suicide Squad di James Gunn. Si tratta di un errore che è stato più volte ripetuto. Tutto però suggerisce che non sia un errore, ma (vedasi il Pinocchio di Del Toro), una scelta chiara delle piattaforme, a cui il disastro delle sala fa solo un favore. Il loro obiettivo è avere più abbonati, non portare persone alla concorrenza.
Vi è d base un enorme problema nel riportare il pubblico più “adulto” al cinema, che però ci rende tutto più difficile comportandosi in modo sovente imprevedibile e difficilmente tracciabile. 

The Fabelmans

Il grande regista americano crea l’ennesimo capolavoro con un film semi-autobiografico di grande potenza, un atto d’amore verso il cinema

Prendiamo the Last Duel di Scott e the Northman di Eggers. Gran parte delle analisi sul loro fiasco totale al botteghino si soffermò su una campagna di marketing  sbagliata, sulla disaffezione del pubblico verso il genere del kolossal storico. Troppo impegnato si è detto, troppo distante dai gusti della Generazione Z, che le vecchie star non le ama, non le conosce. Eppure in questi film c’erano interpreti come Adam Driver, Anya Taylor-Joy, tra i più amati del nuovo millennio. Scott poi ha fatto centro con House of Gucci. Merito quindi di Lady Gaga? E poi perché un’operazione passatista come l’orribile Jurassic World: Dominion o il revival degli anni ’80 che è stato Top Gun: Maverick hanno sbancato? Cercare una risposta ha significato parlare di posizionamento, date di uscita o magari come nel caso di Black Adam, l’essere legati ad un ciclo ormai avvertito come fallimentare. Eppure il cinecomic della DC portava in dote il Re Mida The Rock. L’effetto nostalgia? Pare funzionare solo in certi casi e non in altri, senza un chiaro ordine logico. 
E se invece la risposta fosse diversa? Se invece il problema fossimo noi, inteso come pubblico, lo stesso che fino a pochi anni fa premiava l’intrattenimento in generale e non solo quello di Avengers e soci? Non sarà che invece di cambiare, le nostre tendenze sono semplicemente peggiorate, e ci scopriamo più pigri, superficiali e monocordi? 

Il dominio monocorde della Generazione Z

Ultimamente anche Quentin Tarantino ha attaccato il mondo dei cinecomic, come in passato avevano fatto Scorsese, Emmerich, Terry Gilliam, Coppola, Innaritu e lo stesso Spielberg. 
A detta del regista di Pulp Fiction, gli attori non sono più i veri protagonisti, ma lo sono i personaggi che essi interpretano. Ciò rende il concetto di cinema come creazione sempre più debole.
Scorsese c’era andato anche più pesante: disse che le avventure cinematografiche di Stark e soci non erano neppure dei veri film, ma dei popcorn, delle sorte di attrazioni da Luna Park.
Si beccò non poche critiche, eppure a distanza di tempo, più di qualcuno si sta chiedendo se il regista di Quei Bravi Ragazzi non avesse in fondo ragione. Perché la realtà è che proprio la Marvel ha ridisegnato il concetto stesso di esperienza cinematografica per il grande pubblico; non solo, ha fatto qualcosa che nessun altro  aveva mai fatto prima: plasmato un’intera generazione a propria immagine e somiglianza. Già nei primi anni dieci era apparso evidente che gran parte del successo al botteghino arrivasse dagli under 25. I cinecomic della Marvel hanno semplicemente monopolizzato il botteghino, lasciando sovente briciole agli altri. Si badi poi che solo i loro prodotti funzionano, quelli della DC e diversi della Sony, pur non essendo poi inferiori onestamente a livello di qualità sono visti come prodotto di serie B. Giusto per sottolineare quanto profondo sia il dominio del MCU. 

Una scena tratta da Spiderman: No Way Home

Con il proliferare di nuove modalità di visione e gli esperimenti imposti dalla pandemia, potrebbe essere arrivato il momento di trovare nuovi sistemi per stabilire se una pellicola è un successo o meno

Per chi era bambino o adolescente quando uscì il primo Iron Man, la propria esistenza e giovinezza è stata caratterizzata dal punto di vista semantico da due elementi: la tecnologia digitale e i supereroi in sala. Spielberg  ha chiamato in causa l’era d’oro del western hollywoodiano, previsto bene o male la stessa fine anche per il cinema dei supereroi: venire sbalzati da qualcosa di diverso e più moderno. Ma andrà veramente così? Già nei primi anni 2000 c’erano i supereroi con i film su Spiderman e X-Men, ma ora la dittatura è spietata. Il paradosso è che lui stesso fece qualcosa di simile con quel lo Squalo, che nel 1975 stravolse completamente l’equilibrio allora esistente tra pubblico, periodizzazione e distribuzione cinematografica. Segnò di fatto, assieme al flop de i Cancelli del Cielo di Cimino, la fine del dominio degli autori ad Hollywood. Sembra che ora stia accadendo la stessa cosa, perché bene o male si va al cinema ormai solamente per vedere loro. Il paradosso? La nuova fase 4 del MCU è apparsa alquanto deludente nell’ insieme. 
Certo, il botteghino è stato alquanto abbondante, ma si avverte un enorme senso di stanchezza, di esaurimento narrativo, tanto che sostenere che il MCU sia morto assieme a Tony Stark in Endgame, comincia ad essere ritenuto qualcosa di più di una mera provocazione. 

Un pubblico meno curioso e meno flessibile

A questo problema, naturalmente bisogna anche aggiungere il fatto che le piattaforme streaming, e le serie tv sono protagoniste della narrazione moderna. Sostanzialmente pare quasi che al cinema si va da solo per essere inghiottiti da film ad alto impatto visivo come per il nuovo volo di Maverick o per tornare su Pandora con Cameron. Ma per il resto niente da fare, i soldi del biglietto non si spendono, non vale la pena. Se ci riflettiamo, vediamo che le nuove hit al botteghino, hanno in comune il fatto di essere vissute in sala come esperienza collettiva pari a quella di una partita di calcio: cori, applausi di massa, grida e via dicendo. 
Volete un altro paradosso? Chi dice di preferire le piattaforme streaming sostiene che andare in sala è diventato sovente stressante, a causa di un pubblico sempre più maleducato, del troppo chiasso, sporcizia e via dicendo. Le multisala dovevano aiutare il cinema, invece l’hanno reso forse più debole a lungo andare, con i loro costi esorbitanti, fuori controllo, la concezione della fruizione cinematografica come evento commerciale puro. I cinema in città scompaiono, tutto viene spostato fuori per avere questi mastodonti che sono sempre più deserti. Ma il grosso della popolazione sta proprio nei grandi centri cittadini, e con le piattaforme si risparmia pure benzina, tempo e fatica. 

Avatar 2

La nuova avventura su Pandora è un autentico miracolo visivo, un colossal in grado di ammaliare e capace di affrontare temi attuali con grande coraggio

Le sale appaiono dunque legate ad un rapporto tossico di dipendenza con le avventure di supereroi. Marvel e co. gli permettono di guadagnare ma ne limitano l’offerta, le specializzano in modo rigidissimo e pericoloso. Parlando delle piattaforme, da Netflix a Disney+, passando ormai anche per Amazon, spesso a tanta quantità non corrisponde poi una grande qualità, senza dimenticare scelte contraddittorie a livello di offerta. Tanti che meriterebbero la sala sono solo sul piccolo schermo, tanti film che sono da streaming (vedasi Resident Evil: Welcome to Racoon City) vanno in sala senza speranza. La pandemia ha poi accelerato un processo di totale individualizzazione e scarsissima condivisione della fruizione, connesso al dominio videoludico, al fatto che oggi tutto è votato all’individualismo. Il concetto di condivisione con gli altri è stato messo da parte nella nostra vita dominata dalla tecnologia digitale. Ma non è una cosa positiva, quanto sintomo di una mancanza di empatia, socializzazione e comunicazione totali. Il cinema sta morendo. Non ha fatto niente per meritarlo. E a guardarci come siamo ridotti, forse si comprende che quel piccolo capolavoro che fu WALL-E ci aveva azzeccato nel dipingerci nel futuro prossimo come pingui semoventi su una poltrona ignari del mondo circostante.



[Fonte Wired.it]