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venerdì, Mag 08

Il complottismo spicciolo in prima serata di Non è l’arena fa solo danni



Da Wired.it :

Il programma di Massimo Giletti appellandosi alla libertà di espressione mette sullo stesso piano virologi e dj, youtuber e scienziati, esperti e cazzari. E propina al pubblico una controinformazione che è l’ultima cosa di cui ha bisogno

Da quando hanno chiuso i tribunali per l’emergenza Covid-19, è iniziata una stagione nuova per i processi italiani: le udienze si sono trasferite online e il mondo della giurisprudenza ha dovuto imparare a muoversi in un ambiente asettico, quello delle videochiamate. Chi invece ha continuato a operare fisicamente in barba alle restrizioni è il tribuno Massimo Giletti con il suo tribunale del popolo, che per comodità chiameremo d’ora in poi Non è l’arena. Ogni domenica sera lo spettacolo del Forum di La7 è andato avanti, con ammucchiate di ospiti random che facevano sì che l’effettivo esperto sul tema di turno venisse soffocato dai restanti dj, youtuber e opinionisti presi in prestito da La pupa e il secchione: in quello che potrebbe sembrare un inno alla libertà di espressione, e che invece non è altro che un festival dei complottismi, delle dietrologie e dell’anti-scienza.

Uno dei casi più scottanti su cui è stato chiamato a pronunciarsi il tribuno Giletti nelle ultime settimane è stato quello della scarcerazione dei boss mafiosi per l’emergenza coronavirus. “Mi vergogno da cittadino italiano”, ha urlato il conduttore torinese in uno dei suoi pronunciamenti, puntando gli occhi irati verso la telecamera. Si riferiva al caso di Pasquale Zagaria, boss 60enne del clan dei Casalesi, spedito per cinque mesi ai domiciliari nel bresciano perchè, dato il suo carcinoma papillifero e la recente operazione chirurgica, la sua salute sarebbe stata a rischio nella bomba sanitaria che sono le carceri ai tempi del Covid-19. Il tribuno Giletti non ha gradito – come non hanno gradito Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Marco Travaglio e tutta una schiera di persone che ritengono l’antimafia una battaglia contro i diritti umani.

Massimo Giletti ha da subito puntato il dito contro il governo, nelle vesti in particolare del ministro Alfonso Bonafede, reo di aver aperto le celle ai mafiosi: una strizzata d’occhio alla famigerata trattativa stato-mafia? Il nuovo campione della tv populista però certe cose non le dice, le fa dire. E ci ha pensato così il magistrato Nino Di Matteo, in collegamento, ad accusare il ministro di “concorso esterno in associazione mafiosa”, mentre il mago degli ascolti in studio si sfregava le mani. 

Ora, andrebbe detto a questo punto che un conduttore di una trasmissione di approfondimento politico dovrebbe avere un ruolo specifico: fare informazione. Giletti però non è propriamente un conduttore, ma il demagogo del prime time della politica italiana, un tribuno smaccatamente di parte, che si auto-definisce scomodo ma che finisce poi chissà come a cavalcare soltanto quelle battaglie che il popolo, nelle vesti di audience, può amare.

Nel caso dell’ormai celebre telefonata di Di Matteo, un conduttore scomodo per davvero forse avrebbe fatto notare all’ospite di turno che dare del mafioso a un ministro che non sta facendo altro che applicare la Costituzione non è il massimo. Ma questo avrebbe significato sgonfiare il format della trattativa stato-mafia, rinunciare alle ospitate di politici che arrivano, rosario in mano, indignati da papà davanti a un governo che regala ai propri figli un paese criminale (di solito Giletti lo scomodo lo chiama per nome, “Matteo”), e via dicendo.

Il modus operandi di Massimo Giletti, basato sul mettere sullo stesso piano l’opinione di esperti e la controinformazione social in una grande caciara da prime time, il format di Non è l’arena insomma, è in realtà la cosa più scontata, mainstream e allineata che ci sia (c’è chi mettendolo in atto ogni giorno dall’inizio della crisi ha vinto una menzione speciale della Bbc, per  dire).

L’interesse di Giletti, showman of the people, non è affrontare un tema per offrire la verità ai telespettatori, ma spettacolarizzarlo e fare di Non è l’arena un bar sport (o, come ha detto qualcuno, un circo). È per questo che in mezzo all’emergenza sanitaria su La7 si decide di invitare il plurismentito virologo “candidato al premio Nobel” – nello specifico mai candidato al premio Nobel – Giulio Tarro, prendendo spunto del suo litigio con Roberto Burioni e trasformando Non è l’arena in un’arena di scontro tra virologi: tanto si tratta di opinioni, giusto? Non proprio.

Il gilettismo è stato anche capace di offrire il palcoscenico al grande scandalo a furor di YouTube dell’Avigan, con stimati commercianti di action figures richiamati dal Giappone per discutere con scienziati veri sull’efficacia di questo o quel farmaco nella battaglia al Covid-19, mentre Vittorio Sgarbi fa tremare le pareti del salotto come da copione, sperando che anche questa volta il suo nulla cosmico urlato finisca nei trending topic. Ah, e poi c’è il dj novello luminare della scienza Red Ronnie, invitato per spiegare al pubblico a casa che il coronavirus è stato nascosto ai cittadini da governo italiano (Giletti però in quel momento obiettava che non poteva dirlo: lui è scomodo, tenete a mente). O ancora Adriano Panzironi, noto per la sua dieta per vivere 120 anni e convinto che il virus possa essere sconfitto a suon di vitamine, chiamato non si sa perchè a dire la sua sulla pandemia qualche puntata fa.

Intendiamoci: Massimo Giletti non è il primo a sfruttare l’antico adagio del purché se ne parli, mai così attuale come negli ultimi dieci anni di prime serate della tv italiana. Ma è il primo a farlo in modo così insopportabilmente falso, ammantandosi di velleità da approfondimento, millantando studio e piglio inchiestistico da schiena dritta per nascondere la peggiore disinformazione resa modus operandi e core business.

Quando c’è da cavalcare battaglie populiste, il tribuno Giletti batte il martelletto a favore di chi sa farsi portatore di queste istanze, rinunciando alla sua autoproclamata natura di conduttore votato alla scomodità: il caso della scarcerazione dei mafiosi è solo l’ultimo in ordine cronologico. Ma ecco che un attimo dopo, parlando di temi scientifici, dà spazio e visibilità a chi è capace di smontare le credenze comuni, e poco importa se non ha alcun titolo per farlo: il popolo, cioè il pubblico, ha vinto.

C’è da scommettere che nella prossima puntata si parlerà della cura al plasma, il nuovo argomento tabù nel mondo scientifico perché, ovviamente, costituirebbe la morte della grandi e indicibilmente malevole aziende farmaceutiche. Massimo Giletti è così: pianta i semi delle dietrologie, dei complottismi, dà voce a tutti, mette sullo stesso piano esperti e non esperti, si indigna assumendo posture da Pertini o Enzo Biagi, si incazza, ascolta e a volte smentisce le assurdità dette dai suoi ospiti un secondo dopo aver chiesto loro di ripeterle (prendete il suo continuo “lo può ripetere?” all’ex brigatista Raimondo Etro, a proposito della sua preferenza per un cuscino piuttosto che per Daniela Santanchè in un rapporto sessuale). 

Il problema vero è che in un momento così delicato per il paese, questa controinformazione cazzara è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno. Se il conduttore si ritiene scomodo, può iniziare a dimostrarlo raccontando la verità, anche quando non fa share.

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[Fonte Wired.it]