Seleziona una pagina
venerdì, Lug 24

Il complotto contro l’America è un incubo tanto raffinato quanto attuale



Da Wired.it :

La nuova miniserie con John Turturro e Winona Ryder è tratta dal romanzo di fantapolitica di Philip Roth, che oggi però ci mette in guardia da un pericolo populista e reazionario fin troppo familiare

Quando uscì nel 2004, il romanzo di Philip Roth Il complotto contro l’America (edito in Italia da Einaudi) era un romanzo potente e inquietante che raccontava uno scenario storico alternativo, in cui un eroe della patria, l’aviatore Charles Lindbergh, batteva alle elezioni del 1940 il presidente Roosevelt e faceva scivolare gli Stati Uniti nel baratro del fascismo, alleandosi con Hitler e non intervenendo in Europa. Un’allegoria potente ma anche fino a un certo punto astratta di come i fatti avrebbero potuto prendere una piega diversissima e del pericolo che corriamo a ogni importante svolta storica. Ora l’adattamento seriale prodotto da Hbo e che arriva dal 24 luglio su Sky Atlantic (tutti i sei episodi sono disponibili da subito anche on demand e su Now Tv) sembra parlarci in modo allarmante di come le cose abbiamo in effetti già preso una piega preoccupante e che quei fantasmi siano già fra noi.

David Simon ed Ed Burns, già collaboratori in quel capolavoro che è The Wire, firmano qui una miniserie ucronica che mette in scena in modo impeccabile le ambiguità piccole e grandi che portano alle svolte autoritarie. Lindbergh, prima di mostrare il suo volto da statista spregiudicato, fa campagna elettorale ponendosi come difensore della patria americana, facendo del suo non-interventismo una bandiera di pace e prosperità, e conquistando gli elettori con il suo carisma da pilota affascinante ma anche travagliato (gli rapirono e uccisero un figlio, fra le altre cose). Nel frattempo vari episodi anche minori disseminati nei primi episodi ci mostrano come il fascismo non sia qualcosa che si presenta improvvisamente alla porta il giorno dopo le elezioni: era un fenomeno già presente negli anni Quaranta, che serpeggiava fra la popolazione e – in modo ancora più sconvolgente – anche fra le comunità, come quella ebraica, che da quelle politiche reazionarie più avrebbero da perdere.

complotto contro l'america

La storia si concentra sulla famiglia Levin, di origini ebraiche: l’assicuratore Herman (Morgan Spector) e Bess (Zoe Kazan) vivono una tranquilla vita medio-borghese americana fino a quando la preoccupazione per una mancata rielezione di Roosevelt, che loro sostengono, li getta sempre più nello sconforto; a farne le spese sono soprattutto i figli, il più grande Sandy (Caleb Malis), con velleità artistiche e soprattutto vittima di una fascinazione irresistibile per Lindbergh, e il più piccolo e fragile Philip (Azhy Robertson), traumatizzato dall’escalation degli eventi. Ad aumentare le tensioni, la sorella di Bess, Evelyn (Winona Ryder), s’invaghisce di un rabbino conservatore Lionel Bengelsdorf (John Turturro) che si dimostra prezioso alleato della campagna pro-Lindbergh e persino promotore di un’iniziativa che vuole portare i giovani ebrei nelle fattorie degli Stati Uniti del sud, in sostanza per renderli “meno ebrei”. Nel frattempo il nipote di Herman, Alvin (Anthony Boyle), parte volontario per il fronte europeo con conseguenze facilmente immaginabili.

La forza di un’opera come Il complotto contro l’America, sia sulle pagine che sullo schermo, è quella di mostrare la tragedia della storia consumarsi attraverso la lente ristretta eppure esaustiva delle vicende familiari dei Levin: nel loro piccolo vivono in una specie di bolla, circondati da vicini ebrei e progressisti, eppure il mondo andrà in un’altra direzione e loro si troveranno spaesati, feriti e persino divisi (particolarmente significativo e amaro sarà un viaggio a Washington, che gli farà aprire gli occhi). Le interpretazioni intense di praticamente tutti gli attori, persino di quelli più piccoli, dà l’idea di come tempi incerti e drammatici cambino i meccanismi personali di ognuno prima ancora che cambiare la società nel suo insieme. E anche lo stile della fotografia e dei costumi è quasi raggelato in un filtro seppiato che toglie attualità ma ha il potere di rivelare in profondità l’essenzialità di questa vicenda in sostanza universale.

Guardando queste scene è abbastanza palese pensare all’America di Trump: slogan come “America First” e frasi del tipo “Se non fosse stato eletto non si sarebbero mai permessi“, in riferimento a offese antisemite ormai divenute all’ordine del giorno, ci riportano indietro all’anno delle ultime elezioni statunitensi, così come è straziante il parallelo con l’incredulità dell’area progressista di fronte alla possibilità che un populista xenofobo e sostanzialmente incompetente possa davvero vincere. Il complotto contro l’America, però, mette in campo un meccanismo talmente raffinato e preciso da riuscire a non calcare troppo la mano sui paralleli, alludendo appunto al fatto che questa vicenda potrebbe accadere ovunque e che ovunque siamo circondati da fantasmi reazionari pericolosissimi tanto più insondabili, invisibili. Rispetto al romanzo di Roth, di per sé molto complesso, le differenze sono numerose, a partire dal punto di vista che qui si fa corale, eppure quella più sostanziale sta nel finale: la miniserie non ha per nulla un lieto fine, neanche accennato come nel romanzo, e quello che rimane di fronte agli occhi fin dai primissimi episodi è un incubo da cui dobbiamo svegliarci al più presto.

Potrebbe interessarti anche





[Fonte Wired.it]