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lunedì, Giu 22

Il Covid-19 non molla, neanche noi dobbiamo farlo



Da Wired.it :

Un’opera dell’artista Guiles a San Paolo, Brasile (foto: Aloisio Mauricio/Fotoarena/Sipa USA)

Nuovo record per i contagi globali da coronavirus: 183mila in 24 ore, come ha segnalato l’Organizzazione mondiale della sanità. Gran parte in Nord e Sudamerica, con una fetta di 116mila casi individuati. Intanto il Brasile ha superato i 50mila morti, unico paese sopra quella drammatica soglia, insieme agli Stati Uniti a quota 122mila. Ma i casi effettivi potrebbero essere davvero molti di più. E per quanto il quadro in Europa appaia enormemente distante a quelle situazioni fuori controllo, ci stiamo avviando a un’estate da cicale che potrebbe farci molto male in autunno. Non tanto per il ritornello della “seconda ondata” quanto perché non stiamo sfruttando la stagione calda per portare a zero i contagi, organizzarci con un tracciamento efficiente e predisporci allo scenario peggiore per settembre-ottobre. Insomma, la strada dovrebbe essere quella del “pronti al peggio”, dopo la batosta da 34mila morti che continuano ad aumentare di giorno in giorno. E invece.

E invece la narrazione è cambiata nel giro di un paio di settimane. Per responsabilità diffuse. Su tutte, quelle di alcuni medici e di alcuni esperti che espongono a getto continuo opinioni personali, magari ragionevoli o basate su considerazioni sul campo e valutazioni d’esperienza, ma meno spesso su studi significativi. In ogni caso, con evidenze scientifiche tutte da provare o consolidare. Nomi anche di rilievo, che si alternano in tv e sui media con pareri sul “virus meno aggressivo” (Zangrillo) o “più debole” (Remuzzi), sui “nuovi positivi poco infettivi, il coronavirus era una tigre assassina ma ora è un gatto selvatico” (Bassetti) e così via.

Difficile tenere alta la guardia, con le spiagge già piene e – a proposito di felini – gestite a macchia di leopardo, la vita ripresa come prima tanto che la fase 3 sembra un’incosciente fase 0, le misure di distanziamento e sicurezza rispettate sostanzialmente solo da esercizi e attività pubbliche che spesso fanno non poca fatica a riprendere clienti e avventori. E ancora manifestazioni di massa come successo a Roma fra gilet arancioni, neofascisti e movimento Black Lives Matter o festeggiamenti calcistici come accaduto a Napoli: mentre da una parte corriamo a tappare i focolai (sempre nella capitale) dall’altra pensiamo che la nottata sia già passata. Certo il clima che volge al vacanziero e l’inizio dell’estate ingannano. Purtroppo non è così: ci mancano elementi concreti per dirlo. Stiamo ancora dalle parti della speranza.

In Lombardia, per esempio, uno studio dell’università di Genova firmato da Andrea De Maria con Flavio Tonelli e Agostino Bianchi di cui dà conto Repubblica di oggi spiega che le cose non vanno bene. Nel senso che i casi aumentano e il quadro reale inizia a distanziarsi pericolosamente dal modello matematico messo in piedi dal docente di malattie infettive insieme agli esperti di simulazione dei sistemi complessi e dei modelli software dell’ateneo ligure. Quel modello si è rivelato preciso sia nella previsione dei decessi ancora in questo periodo che nell’andamento della curva. Per esempio, al 15 giugno stimava 105 contagi nella regione più colpita del paese, ne abbiamo segnati 227. Nella perfetta Germania, invece, l’allarme è tornato ad alzarsi per il brutto focolaio al mattatoio di Guetersloh, nel land tedesco del Nord Reno-Vestfalia, uno dei più grandi macelli d’Europa, ormai divenuto “il disastro della Tönnies”. I contagi sono saliti a 1.331, in isolamento migliaia di persone, catene di contagio tutte da ricostruire. Pechino, come noto, è stata di nuovo mezza blindata dopo un altro focolaio al mercato all’ingrosso di Xinfadi.

Intanto, a quasi sei mesi dall’inizio dell’emergenza e quattro dalla classificazione di virus e sindrome come pandemia il paese più colpito, gli Stati Uniti, vede spostarsi l’epicentro delle infezioni, rimbalzare i casi in almeno una ventina di Stati e soprattutto deve sentire Donald Trump spararne un’altra delle sue. Nel corso del comizio flop di Tusla, in Oklahoma, boicottato dai ragazzini su TikTok ha rivelato di aver detto ai dirigenti della sua amministrazione di “rallentare i test” per scoprire meno casi. La precisazione della Casa Bianca ha, se possibile, peggiorato il quadro: “Stava chiaramente scherzando per richiamare l’assurda copertura mediatica” ha spiegato alla Nbc un alto funzionario.

Eppure sembra stia accadendo l’esatto contrario: anche la copertura mediatica si sta infiacchendo, da una parte inevitabilmente, ma dimenticando che l’incubo passa meno rapidamente di quanto si potesse immaginare. Rischiando insomma di raccontarci l’opposto di quello che sta accadendo partendo dal solo fatto che i numeri sono ovviamente del tutto mutati in Italia rispetto a pochi mesi fa. Ma le nostre frontiere con l’Europa sono aperte, dal primo luglio anche con i paesi extraeuropei, viaggi e voli stanno ripartendo e una pandemia non distingue confini e passaporti.

Parliamo di sagre, ombrelloni, stiamo resuscitando Salvini, è perfino ripresa la serie più antica e meno avvincente della politica italiana: quella sulla leadership del Pd. Giusto e come già detto inevitabile, in una certa misura. Ma non dovremmo perdere la consapevolezza della situazione in cui ci troviamo e ci troveremo ancora per un bel po’.

In America latina si contano oltre due milioni di contagi, in Russia si è saliti a quota 584mila, sono ripresi i focolai in Iran. L’Europa sembra cavarsela meglio, molto meglio, anche se non al livello di paesi come la Corea del Sud. Ma non basta, almeno nel Vecchio continente, per cogliere a pieno i vantaggi, se davvero ne esistono, della stagione che di natura ci porta al distanziamento fisico e dunque a una minore probabilità di trasmetterci il virus. È come se ci fossimo fermati un passo prima del traguardo, quello di un quadro totalmente sotto controllo e prossimo allo zero. Un’estate da cicale che speriamo non disperda tutti i sacrifici d’inverno e primavera: ma la speranza, come sempre, non è una strategia.

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[Fonte Wired.it]