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Il decreto sicurezza è tutto chiacchiere e distintivo. E no, non renderà l’Italia più sicura

da | Giu 5, 2025 | Tecnologia


È tutto chiacchiere e distintivo, il decreto sicurezza del governo Meloni. E non renderà l’Italia più sicura, come vaneggia la maggioranza. Non lo farà perché non sono i nuovi reati che introduce a costituire una minaccia per la tenuta del Paese. Non lo farà perché non taglia i tentacoli del potere malavitoso con un impegno alla lotta alla mafia. Non lo farà perché uno Stato che getta sotto una cappa di piombo dissenso e povertà è uno Stato che diventa più pericoloso per i suoi cittadini. I numeri, che pure non sono bastati a contrastare le premesse distorte che hanno sostenuto la scrittura di questo decreto e difficilmente serviranno in futuro per far cambiare opinione, dimostreranno nel tempo la fallace idea di sicurezza alla base di questo provvedimento.

Perché non serve

Nel frattempo, però, l’Italia si trova su una china pericolosamente scivolosa. Perché il decreto sicurezza, fondamentalmente, provoca tre cose. Primo: aumenta la disparità tra cittadini e forze dell’ordine, in sfavore dei primi. Secondo: criminalizza il dissenso, ingigantendo gli effetti di un fenomeno molto limitato, come quello dei blocchi stradali. Peraltro attribuendolo solo a una parte che al governo non piace, quella dell’attivismo ambientale, e dimenticandosi che a farli sono anche gli imprenditori agricoli cari al ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini. Terzo: dietro al razionale di agevolare le operazioni di anti-terrorismo, aumenta e consolida i reati per cui gli agenti dei servizi segreti non sono punibili, in assenza di contro-bilanciamenti per prevenire abusi.

Insomma, un’operazione di comunicazione, simbolica, che nel concreto ha l’unico effetto di appesantire il codice penale. A dirlo non è il sottoscritto, ma i penalisti stessi che hanno in più occasioni ribadito come il ricorso a maggiori fattispecie di reato penali tradisca i principi di proporzionalità e sussidiarietà con cui dovrebbe agire l’autorità pubblica. Insomma, solo chiacchiere e distintivo.

Eppure ce ne sarebbero di minacce che richiederebbero una maggiore attenzione da parte del governo, al posto di minacciare con il carcere che si siede in mezzo a una strada per sensibilizzare sul clima (pratica, peraltro, che molte sigle del mondo ambientalista stanno limitando in favore di altre azioni). Sarà la deformazione professionale del lavoro in Wired, ma penso alla sicurezza informatica. Qui i numeri aiutano a capire la gravità della situazione.

La minaccia cyber

Il rapporto 2024 della Polizia postale segnala 2.809 casi di pedopornografia e adescamento online (2.662 nel 2023), 8.468 frodi informatiche (10.665 nel 2023), 17.414 truffe online (16.325 dodici mesi prima). Peraltro, come raccontato da Stefano Elli su Plus24 di sabato 31 maggio, in molte piccole minori i casi di frodi online di piccolo cabotaggio vengono spesso archiviati per la difficoltà di inseguire i criminali oltre-frontiera, per l’importo relativamente contenuto del reato e per le complessità operative. Si rischia, insomma, di finire cornuti e mazziati nonostante il lavoro indefesso della Polizia postale e di altri nuclei cyber delle forze dell’ordine per frenare i rischi online.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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