Il femminicidio diventa reato autonomo, punibile con l’ergastolo. Il 25 novembre, giornata simbolica per la lotta contro la violenza di genere, il parlamento italiano ha compiuto un passo storico approvando, con l’unanimità della camera dei Deputati, l’articolo 577-bis del codice penale.
Con questo provvedimento, l’omicidio di una donna in quanto donna, quando commesso per motivi di odio, discriminazione, controllo, possesso o dominio, oppure per punire la sua volontà di rifiutare o interrompere un rapporto o per limitare le sue libertà, non sarà più trattato come un omicidio comune, ma come un delitto specifico, con pena massima.
Simbolicamente, la legge rappresenta il riconoscimento da parte dello stato dell’evidenza che certe violenze non sono omicidi “qualunque”, ma manifestazioni brutali di discriminazione di genere, che richiedono una risposta normativa e sociale decisa.
Per le istituzioni, questo è un segnale forte: con l’approvazione unanime si riafferma la volontà politica di contrastare con determinazione la violenza contro le donne. “È un segnale importante di coesione della politica contro la barbarie della violenza contro le donne”, ha dichiarato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, commentando l’approvazione della norma.
Perché questa legge cambia davvero le cose
Fino ad oggi, chi uccideva una donna in quanto donna veniva incriminato per omicidio: la motivazione di genere non aveva specifica rilevanza penale. Ma con l’introduzione del nuovo articolo, cambia il paradigma: non importa solo che una vita sia stata tolta, ma si riconosce anche la matrice sociale e di genere dell’omicidio, dando dignità di visibilità alle vittime di femminicidio.
La definizione della Treccani individua il femminicidio come “l’uccisione di una donna in ragione del suo essere donna”: una formulazione che viene sostanzialmente ripresa dal testo di legge, che parla di omicidio commesso “per motivi di odio, discriminazione, dominio o controllo, ovvero per punire la libertà, l’identità o le scelte della vittima in quanto donna”.
Inserire questa qualificazione nella norma significa riconoscere giuridicamente la matrice di genere della violenza, e non limitarsi a punire l’atto finale. È un passaggio che rende visibile un fenomeno strutturale e che allinea l’Italia a paesi che già da anni distinguono il femminicidio dall’omicidio comune per ragioni di tutela e di prevenzione.
Quali sono le misure specifiche previste dalla normativa
Accanto agli elementi centrali della riforma, il decreto introduce anche un’eccezione al limite massimo complessivo di 45 giorni per le intercettazioni. Per reati come femminicidio, maltrattamenti in famiglia, omicidio preterintenzionale, interruzione di gravidanza senza consenso, stalking, diffusione non autorizzata di immagini intime e violenza sessuale, questa soglia viene eliminata, permettendo indagini più ampie e approfondite.
Il nuovo reato viene inoltre inserito tra quelli per i quali le vittime possono accedere al patrocinio legale a carico dello stato anche se superano i normali requisiti di reddito, garantendo così un sostegno legale più immediato e accessibile.



