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venerdì, Apr 10

Il futuro del cinema sarà più indoor, ma anche in casa non siamo tutti Godard



Da Wired.it :

#Homemadecinema ha lanciato la challenge: trasformare gli ambienti domestici nel set di un film. Ne sono risultati esperimenti divertenti e qualche spunto di riflessione sul futuro della settima arte (che però difficilmente prescinderà dal lavoro di squadra)

A ciascuno il suo set: se restare a casa è prassi e destino comune, farlo con un tocco di fantasia e di ispirazione cinematografica non nuoce. Anzi, delle volte diverte. È il caso della singolare e curiosa social challenge lanciata dalla startup Proper set con l’hashtag #Homemadecinema. Ha chiesto ad attori vari – dagli interpreti di Il paradiso delle signore al duo comico romano Le coliche e altri – di trasformare in set la propria casa: così su Instagram sono iniziati a circolare video costruiti ad arte per riproporre mini-scene cult, da quella romantica di Titanic sul terrazzo alla tavola imbandita di La bella e la bestia.

 

🎬 ‘La bella e la bestia’ ai tempi del coronavirus @emanuelcaserio ha partecipato alla nostra challenge #homemadecinema #iorestoacasa #stayathome 🎥

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Basta una challenge a placare la nostra sete di cinema? Chiaramente no, ma può essere un buono spunto per iniziare a riflettere, ripensare, reinventare e immaginare nuovi modi di fare cinema. Si può pensare di partire dalle proprie case come set ideale del prossimo futuro? Guardando la seguitissima diretta Instagram casalinga di un guru della settima arte, il maestro Jean-Luc Godard, sembrerebbe di sì, ma anche pensando alle varie opere di altrettanto vari autori tutte ambientate in una stanza, da Una giornata particolare di Ettore Scola a Parola ai giurati di Sidney Lumet, da Carnage di Roman Polanski a Amour di Michael Haneke, ma anche Panic Room di David Fincher e Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese, senza contare antecedenti illustri come La finestra sul cortile di Hitchcock.

Una cosa è certa: il cinema durante il coronavirus e nel suo immediato post non può che essere indoor, per ovvie esigenze logistiche, e social o comunque online. Aggiungiamo l’aggettivo partecipativo, considerato che autori molto diversi tra loro, da Gabriele Salvatores a Gabriele Muccino, si stanno attivando per mettere in piedi film corali, collettivi, formati dai video e dalle esperienze private (indoor, appunto) di ciascuno di noi, proprio come sta facendo un gruppo di professioniste dello spettacolo per il progetto “Tutte a casa – Donne, Lavoro, Relazioni ai tempi del Covid-19”, documentario di narrazione collettiva che sceglie un punto di vista femminile.

Per tutto ciò che esula il mondo del documentario, tuttavia, è chiaro che entra in gioco una riflessione doverosa sul senso del cinema fatto in casa (che, come tale, al 99% delle volte, è amatoriale). Perché il cinema è anzi tutto lavoro di squadra, armonia tra equipe diverse con skill altrettanto differenti, dalla fotografia al suono, dal trucco ai costumi. È quindi impossibile, social challenge a parte, pensare che il cinema più ampio possa davvero ripartire esclusivamente da un lavoro dei singoli attori o autori su se stessi, le loro camere, le loro videocamere. Un individuo da solo non è cinema – a meno che non sia Godard, e non tutti siamo Godard – e non fa cinema. Gli autori e gli attori non sono youtuber. Il cinema è l’arte di fare squadra, di far convergere l’obiettivo di ogni singolo professionista al fine comune di realizzare un prodotto di alta qualità che oltre a farsi guardare, sappia emozionare. E non c’è social distancing che tenga.

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[Fonte Wired.it]