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martedì, Giu 09

Il governo continua a strumentalizzare il nome di Regeni per vendere armi all’Egitto



Da Wired.it :

I genitori del ragazzo ucciso si sentono traditi da un governo che sostiene di lottare per risolvere il caso ma allo stesso tempo è in affari con un governo che ha tutto l’interesse a insabbiarlo

Ogni volta che un esponente del governo italiano sente al telefono un membro del governo egiziano, la certezza è che il contatto verrà descritto come una forma di cooperazione giudiziaria sull’omicidio di Giulio Regeni. È successo anche nelle scorse ore, quando il premier Giuseppe Conte ha trascorso diversi minuti alla cornetta con il presidente Al Sisi. “Al centro del colloquio la stabilità regionale, con particolare riferimento alla necessità di un rapido cessate il fuoco e di un ritorno al tavolo negoziale in Libia”, ma anche “la collaborazione bilaterale, da quella industriale a quella giudiziaria, con particolare riferimento al caso Regeni”, ha chiarito una nota diffusa dal governo italiano. 

Questa volta, comunque, la telefonata ha portato a qualcosa. Non certamente alla verità sull’uccisione brutale del ricercatore italiano di quattro anni fa, quanto piuttosto all’ennesima vendita di armamenti al tutto tranne che democratico Egitto. Il governo italiano ha infatti dato il suo ok alla vendita di due fregate Fremm al Cairo, parte di un pacchetto più ampio che riguarderebbe pattugliatori navali, cacciabombardieri e aerei addestratori M346. Nulla di nuovo in realtà: l’Egitto è il primo partner commerciale extra-europeo dell’industria bellica italiana e secondo i dati di Rete Disarmo, lo scorso anno l’Italia ha chiuso con il paese affari per 871,7 milioni di euro in armamenti. L’ennesima vendita delle ultime ore è stata però la tipica goccia che ha fatto traboccare il vaso, la dimostrazione della profonda ipocrisia che caratterizza questo e i passati governi italiani. Se da una parte si continua a raccontare che ogni relazione diplomatica con il Cairo è incentrata sulla ricerca della verità per Giulio Regeni, nella pratica i rapporti commerciali tra i due paesi vanno avanti a gonfie vele.

Un giochino che ha stufato anche i familiari del ragazzo. “Ci sentiamo traditi. Ma anche offesi e indignati dall’uso che si fa di Giulio“, ha spiegato a Repubblica la famiglia Regeni. “Perché ogni volta che si chiude un accordo commerciale con l’Egitto, ogni volta che si certifica che quello di Al Sisi è un governo amico, tirano in ballo il nome di Giulio come a volersi lavare la coscienza. No, così non ci stiamo più“. La vendita costante di armamenti all’Egitto da parte dell’Italia è un insulto alla memoria del ricercatore italiano, ma anche alla condizione di tante, troppe persone che quotidianamente cadono vittime del regime di Al Sisi. Tra questi un altro italiano d’adozione, lo studente universitario di Bologna Patrick Zaki, da quattro mesi nelle carceri egiziane senza un motivo preciso, se non per una generica accusa di “istigamento al rovesciamento del governo”. Una storia che ancora non ha avuto l’esito tragico di quella di Giulio Regeni, ma su cui il governo italiano non sta agendo nel modo opportuno per far sì che non si arrivi a quella stessa fine. 

Che credibilità può avere chi chiede giustizia e verità, se è lo stesso attore che poi amichevolmente e sotto traccia firma contratti da milioni di euro e fornisce al regime quegli stessi dispositivi usati per la violazione dei diritti umani e la repressione interna? È un festival dell’ipocrisia che va avanti da troppi anni, dagli stessi giorni del ritrovamento del corpo di Giulio Regeni nel febbraio del 2016. Mentre si ritiravano ambasciatori, si raccontava dell’interruzione di ogni rapporto diplomatico e si invocava giustizia, solo nel mese di aprile 2016 le carte svelavano che il paese guidato dal regime di al-Sisi riceveva dall’Italia 2.450 kg di armi e munizioni per un valore di un milione di euro. Si faceva buon viso a cattivo gioco e il jingle non è cambiato oggi. Mentre l’Egitto a suon di insabbiamenti, menzogne e costruzione ad hoc di capri espiatori non si è mai preso la responsabilità dell’omicidio del ricercatore italiano e non ha mai pagato per questo né per la repressione sui propri cittadini, i governi italiani che si sono succeduti hanno mostrato un attivismo farlocco per la loro causa.

Il nome di Giulio Regeni, la sua memoria, non solo non è stata rispettata, ma si è finito addirittura per strumentalizzarla, usando l’appiglio della cooperazione giudiziaria per portare avanti interessi di ben altro tipo, quelli economico-commerciali. Uno stratagemma squallido, che rappresenta la vera linea di continuità tra gli esecutivi che si sono succeduti negli ultimi anni.

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[Fonte Wired.it]