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venerdì, Feb 19

Il libro di Rocco Casalino andrebbe preso sul serio



Da Wired.it :

Al di là delle goffaggini sottolineate da ogni recensione, quella del figlio di emigranti pieno di voglia di rivalsa è una storia interessante: con le dovute proporzioni, ci si può rileggere una parabola à la Limonov (o meglio, Rocco Casalimonov)

Negli ultimi giorni la mia bolla si è riempita di commenti e di estratti da Il portavoce, l’autobiografia di Rocco Casalino edita da Piemme la cui copertina si rifà esplicitamente a un poster della serie tv House of Cards – come a suggerire un parallelismo tra l’ex portavoce del premier Conte e il politico maneggione e manipolatore che riesce a diventare presidente degli Stati Uniti interpretato da Kevin Spacey. La maggior parte della gente che comprava, leggeva e citava il libro, però, lo faceva con un intento più o meno ironico: facciamoci due risate con questo egotrip di Casalino. Ancora una volta, insomma, l’opinione pubblica mainstream guardava Casalino – l’ex concorrente del Grande Fratello, il parvenu della politica – dall’alto in basso, concentrandosi solo sulle sue goffaggini, sulle cadute di stile, sui momenti in cui dimostrava di non conoscere le regole non scritte degli ambienti in cui si era trovato a stare. Ancora una volta lo giudicavano per come stava a tavola e per come teneva le posate.

Queste goffaggini certamente ci sono, e un certo sguardo ironico nel leggere Il portavoce è inevitabile. La struttura del libro, con tantissimi capitoli molto brevi, alcuni di mezza pagina, che sembra i Quaderni del carcere. Scivoloni cringe come il passo in cui Casalino parla di Giuseppe Conte come del “padre che tutti sogniamo” che lo sta “aiutando a vedere la figura paterna in un modo completamente diverso”. Certe costruzioni ricorrenti che vorrebbero creare pathos e invece sembrano un tema delle medie: “Pensavo che sarebbe successo così e così. E invece”.

L’accoglienza del libro di Casalino – viziata dai pregiudizi che circondano la sua figura – finora si è concentrata su questi aspetti, si è fermata qui. Eppure se si ha l’intelligenza di andare oltre si nota che Il portavoce è effettivamente un libro interessante. Sicuramente più interessante della media dei libri scritti da esponenti politici. E il motivo per cui è interessante è lo stesso per cui non viene preso sul serio, lo stesso che stimola i pregiudizi e la derisione del mainstream: Casalino è un outsider. In quanto outsider, ha una storia. Una storia che funziona perché sta in bilico tra l’avventura (il contesto familiare, la povertà, l’infanzia in un paese straniero, i rapporti difficili col padre, la scoperta della propria sessualità, l’esperienza del Grande Fratello) e una normalità che appartiene a moltissimi altri italiani (il sud le difficoltà a trovare lavoro, la voglia giovanile di cambiare il mondo, la frustrazione che nasce dallo scontro con la realtà del mondo adulto). 

Il portavoce si apre con Rocco Casalino sul letto di morte di suo padre, che gli augura di morire. Prosegue con il racconto della violenza sessuale subita da sua madre da parte del padre, e con una serie di capitoli sulla sua infanzia che tracciano un quadro di povertà, disagio, violenza e paura. Continua con il racconto degli anni in Germania di questo figlio di immigrati italiani che veniva chiamato “mangiaspaghetti” con un verbo che, precisa Casalino, in tedesco era riservato agli animali. Racconta il non sentirsi a suo agio, il sentirsi sempre fuori posto, l’essere “l’italiano” in Germania e “il tedesco” in Italia. Parla di rabbia repressa e di solitudine, che a lungo andare diventano frustrazione quando i tentativi di migliorare la propria condizione sociale non portano a niente. È significativo che, nella prima metà del libro, le uniche pagine apparentemente felici e spensierate siano quelle che seguono la morte del padre, con la famiglia che invece di tenere il lutto va in un parco acquatico.

La storia di Rocco Casalino è la storia di un uomo che ha sempre voluto essere qualcosa di più, che si è sempre percepito come speciale, che si è sempre dato dagli obiettivi da raggiungere per dimostrare di esserlo, ma che è sempre stato sottovalutato, anche quando riusciva a raggiungerli. È una storia, di conseguenza, piena di voglia di rivalsa. È il tipo di storia che ha fatto la fortuna di Limonov. E ne Il portavoce ci sono passi che ricordano effettivamente passi di Limonov: uno in particolare in cui Casalino racconta di come, a cena con Angela Merkel, pensava continuamente i suoi compagni di scuola in Germania che lo bullizzavano e sperava che quei compagni di scuola, cresciuti e diventati persone normali, magari elettori di Merkel, lo vedessero ora. È praticamente un calco di un passo del Libro dell’acqua in cui Limonov racconta di un lago in cui andava a fare il bagno da bambino a Charkov e, nella sua testa, grida alle persone che ricorda ci andavano con lui: “Chi cazzo siete! Chi? Non contate un cazzo (…). Conta solo quello strano ragazzino con il costume che vi sta guardando. (…) Se non vi nota, non esistete”.

Certo, Casalino non è Limonov e Il portavoce non è il libro di Carrère. Casalino non è Limonov perché per quanto i due personaggi abbiano una natura comune – la natura dell’outsider che fa la scalata sociale – le differenze di quantità sono troppo grandi. Per ogni Limonov c’è una folla di aspiranti tali, che si percepiscono come figure eroiche e avventurose, che vedono la loro vita dall’esterno come un film o un romanzo e cercano di insaporirne la trama, ma senza riuscirci. E Casalino è tra quella folla, per quanto sia riuscito ad arrivare effettivamente in alto come “Dott. Ing. Rocco Casalino, portavoce del presidente del Consiglio, Capoufficiostampa del governo”. E Il portavoce non è Limonov perché, appunto, è pieno di quelle goffaggini e di quegli scivoloni che hanno fatto sì che fosse accolto con ironia. 

Il fatto che il libro esca ora, proprio quando Casalino ha perso il suo ruolo di grande manovratore dietro le quinte del premier, aggiunge altra ironia. Il valore letterario non è abbastanza per farlo stare in piedi da solo, il valore politico è appena andato perduto ora che il suo protagonista non è più “il portavoce”. E ciò che resta è quindi un libro che, con le sue goffaggini – fin dalla copertina – ci appare come poco più che un tassello di un culto della personalità di Casalino ad uso e consumo dello stesso Casalino.

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[Fonte Wired.it]