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lunedì, Feb 10

Il linguaggio dei pinguini africani è simile al nostro



Da Wired :

Dialogano seguendo gli stessi codici del nostro linguaggio: i suoni emessi dai pinguini più spesso, infatti, sono anche i più brevi. Lo studio su Biology Letters

pinguini
(Foto: Jewel Samad/AFP via Getty Images)

Un discorso tra pinguini? A primo impatto ci sembrerebbe solo un miscuglio confuso di suoni. Eppure, lessico e sintassi a parte, i suoni emessi da questi animali seguono principi ben precisi. Proprio come quelli del linguaggio umano. A dimostrarlo è uno studio di un team di ricercatori dell’Università di Torino, secondo cui questa è la prima prova di una specie al di fuori dei primati che segue queste regole linguistiche. Lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista Biology Letters.

Per capire come i suoni dei pinguini seguono codici precisi, il team di ricercatori, coordinati da Livio Favaro, biologo dell’Università di Torino, ha registrato e ascoltato durante il periodo riproduttivo ben 590 vocalizzazioni di 28 esemplari di pinguini africani (Spheniscus demersus) adulti, in tre zoo diversi. In particolare si sono concentrati su una vocalizzazione tipica di questa specie, chiamata “ecstatic display song”, un canto emessa dai maschi durante il periodo dell’accoppiamento. Dalle analisi successive, i ricercatori hanno scoperto che per comporlo questi animali seguono un preciso schema di due leggi principali della comunicazione: le parole usate più frequentemente sono più brevi (legge di Zipf) e le parole più lunghe sono composte da sillabe extra, ma ancora più brevi (legge di Menzerath-Altmann).

I risultati dello studio rappresentano, quindi, le prime prove che questi codici vengono seguiti anche da altre specie oltre a noi e suggeriscono, inoltre, la presenza di una pressione selettiva che si traduce nella compressione del linguaggio, tipica dell’essere umano. La compressione delle informazioni, infatti, è un principio base del nostro linguaggio: le sillabe usate più frequentemente tendono a essere compresse e quindi più corte, in modo tale che le informazioni possano essere condivise più rapidamente e con maggior efficienza.

“Come immaginavamo, abbiamo scoperto che la durata delle sillabe è inversamente correlata con la frequenza di utilizzo. Cioè, più lunga è la sillaba meno frequentemente viene utilizzata”, spiegano i ricercatori, sottolineando che questa scoperta rappresentano la prima prova che la compressione delle informazioni può coesistere con altre fonti di pressione selettiva in una specie al di fuori dei primati e con un repertorio vocale ristretto, semplice e relativamente fisso.

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[Fonte Wired.it]