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sabato, Nov 27

Il metaverso di Zuckerberg e il grande disincanto di Second Life



Da Wired.it :

Quando Mark Zuckerberg, presentando Meta, la sua “nuova” azienda, ha parlato di metaverso come di un ambiente sociale e connesso in cui gli utenti sperimenteranno un nuovo tipo di interazione, in molti hanno pensato a Second Life, chiedendosi se avesse in mente qualcosa di simile. Secondo Life è un mondo virtuale lanciato dalla Linden Lab nel 2003, un anno prima di Facebook. Banalmente è una specie di The Sims ma senza un tema di gioco imposto e con infinite possibilità di personalizzare. L’utente vi entra nella forma di un avatar ed esplora scenari creati da altri utenti o ne crea lui stesso. Tra il 2006 e il 2007 Second Life aveva raggiunto un grande successo spingendo molte compagnie e personaggi famosi a crearvi un presidio.

Ben prima che la Bestia di Salvini si muovesse famelica per Facebook alla ricerca di like, il 3 giugno 2007 l’avatar di Antonio Di Pietro teneva un comizio su Second Life con tanto di foto del Di Pietro reale alle spalle. Prima dei concerti in streaming su social e piattaforme dedicate, il 29 marzo 2008 ci fu quello degli U2 sulla piattaforma della Linden Lab, dove finirono anche Irene Grandi e Paola & Chiara rispettivamente con i video dei brani Bruci la città e… Second Life. Succedeva di tutto in quel mondo parallelo, persino che un intero quartiere a luci rosse chiamato Amsterdam venisse venduto su eBay per 50mila dollari (veri).

La parabola discendente

I soldi, già: sempre tra il 2006 e il 2007 molti avevano visto in Second Life un nuovo Eldorado, un modo di guadagnare. Tutte le media company si vantavano di avere un presidio. Da noi, la prima redazione virtuale fu quella de il Giornale, nel 2007. Nello stesso anno esordiva la prima testata virtuale italiana dedicata, si chiamava 2L Italia World e il primo numero fu scaricato 35mila volte (se pensiamo all’attuale crisi dell’editoria e al calo delle vendite dei quotidiani, ci rendiamo conto dell’enormità di quel numero). Ferrarelle aveva una sua sede e Armani il proprio Emporio. C’era il quartiere Parioli , costruito dall’ingegnere Bruno Cerboni (che oggi gestisce una piattaforma virtuale tutta italiana da lui fondata, Moondus), uno dei migliori land (scenari) italiani, scelto come luogo di residenza da molte aziende e da Microsoft per presentare Window Vista. La Enel aveva progettato EnelPark un’isola di 65 mila metri quadrati, dove le automobili andavano a idrogeno, l’energia era prodotta da fonti rinnovabili e le centrali termoelettriche non avevano camino.

La sbronza collettiva non aveva impiegato molto a passare. Già da noi, un primo segnale c’era stato nel luglio 2007 quando al primo raduno degli italiani su Second Life, dei 300mila iscritti, se ne contavano appena 400, in maggioranza giornalisti e aziende. Nel 2009 la Linden Lab dichiarava che dei 17 milioni di utenti iscritti solo 400mila erano attivi sulle 226mila isole di cui era allora composto il metaverso. Perché così poca vita virtuale a fronte di un così grande riscontro mediatico? Da una parte l’abbaglio era svanito lasciando posto a una percezione più concreta di cosa fosse Second Life e cosa potesse offrire, dall’altro si erano imposti i social network: più rapidi e accessibili come strumenti di comunicazione. 

Il presente e il futuro

Ma se pensiamo che Second Life sia morta, ci sbagliamo. Si tratta di un universo ancora attivo, fondato su uno zoccolo duro di utenti. “Alla base del delirio collettivo, c’era stata la novità, certo, ma anche l’introduzione di una valuta virtuale, il Linden Dollar che permetteva qualsiasi tipo di commercio e il ricambio in soldi veri” spiega Mario Gerosa, giornalista, tra i maggiori esperti di Second Life in argomento  che aggiorna nel suo blog Virtual Vernissage. “Oggi su SL ci sono soprattutto grafici, designer, gente esperta e in grado di sfruttare le potenzialità della piattaforma”, che non sono poche e non sono mai state così semplici e immediate da utilizzare, come la stampa aveva suggerito. Come esempio di utente che ha compreso le potenzialità del mezzo, Gerosa indica Patrick Moya, artista francese, attivo nella sperimentazione con i nuovi media, autore su Second Life della mostra Rinascimento digitale.

Torniamo a Zuckerberg. Meta è la sua nuova azienda, ma quanto è nuova e quanto, invece, un’operazione di maquillage dopo gli scandali a cui Facebook è andata incontro? E quanto il suo metaverso terrà conto del “caso Second Life”? Perché, diciamolo, quando Zuckerberg spiega che “la qualità distintiva del metaverso sarà una sensazione di presenza, come se fossi proprio lì con un’altra persona”, usa lo stesso vocabolario sensazionalistico ma poco specifico che aveva usato la stampa allorché, travolta dal fenomeno, aveva promosso SL a universo oltre lo specchio. Il metaverso di Facebook dovrebbe avvalersi di strumenti come il visore per la realtà virtuale, quello per la realtà aumentata e chissà quali altre tecnologie, ma siamo davvero pronti a integrarle nella nostra quotidianità? Di metaverso là fuori – o meglio – dentro la rete, ce ne sono già tanti. Questa volta Zuckerberg non arriverà primo, come successe con Facebook. Sarà davvero in grado di convincerci e controllare un altro pezzo delle nostre vite?



[Fonte Wired.it]