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giovedì, Lug 11

Il mistero del ferro scomparso nel Cosmo


C’è troppo poco ferro gassoso nel mezzo interstellare. Il ferro è probabilmente legato a lunghe catene di atomi di carbonio e dà vita a nuove molecole, finora sconosciute, in cui la sua presenza ci è sfuggita

ferro
(foto: 1412 via Getty Images)

Nell’Universo, in particolare nel mezzo interstellare, c’è troppo poco ferro nella forma gassosa rispetto a quanto previsto dalle teorie fisiche. Ed è un mistero spaziale, questo, che va avanti da molto tempo. Oggi, un team di ricerca dell’Arizona State University pensa di aver risolto l’enigma, proponendo una nuova spiegazione chimica. Gli autori, “cosmochimici”, ovvero scienziati che studiano l’origine e lo sviluppo degli elementi nel cosmo, hanno mostrato attraverso prove in laboratorio, che il ferro potrebbe essere nascosto dato che legato a molecole di carboni per formare lunghe catene molecolari chiamate iron pseudocarbynes, pseudocarbine di ferro. In pratica il ferro c’è ma si troverebbe dentro molecole, in uno stato che finora non era stato rilevato dalle osservazioni.

I risultati sono pubblicati su the Astrophysical Journal.

In pole position nella composizione dell’Universo c’è l’idrogeno, seguito dall’elio e successivamente altri elementi chimici della tavola periodica, fra cui ossigeno, carbonio, ferro ed altri in quantità minori rispetto ai primi due. Eppure nell’Universo c’è troppo poco ferro gassoso rispetto a quanto previsto dalle teorie. In particolare, l’attenzione è rivolta alla composizione del mezzo interstellare, ovvero il materiale rarefatto, composto da gas e polveri, che si trova nello spazio fra le stelle e le galassie.

Secondo i modelli fisici, qui il ferro nella sua forma gassosa dovrebbe essere abbondante. Tuttavia, finora gli astrofisici ne hanno rilevate soltanto basse quantità. Ma questo non significa che l’elemento non ci sia: finora gli astronomi hanno avanzato altre ipotesi, ad esempio la presenza di ferro nella sua forma solida oppure in uno stato molecolare, cioè collegato ad altri atomi e molecole, sfuggito alle osservazioni.

Oggi gli autori propongono la potenziale esistenza di una nuova classe di molecole, mai osservate in natura, che sarebbero ampiamente diffuse nel mezzo interstellare. Per dimostrare che queste molecole potrebbero comporre l’universo nelle sue parti più profonde – il mezzo interstellare – gli scienziati hanno esaminato in che modo piccoli ammassi di atomi di ferro potrebbero legarsi a molecole più lunghe di carbonio, combinando ferro e carbonio. Qui una rappresentazione di queste molecole complesse.

Molecole complesse, con lunghe catene di atomi di carbonio, potrebbero formarsi nello spazio. Un esempio è il C60 buckminsterfullerene, qui rappresentato, una struttura con 60 atomi di carbonio (foto: NASA/JPL-Caltech).

L’ipotesi sarebbe fondata, dato che già studi recenti hanno mostrato che nel mezzo interstellare, dove regnano temperature bassissime, agglomerati di atomi di ferro congelati potrebbero agire come attrattori di altre molecole di carbonio, dando vita a nuovi legami. E c’è una ragione per cui queste nuove molecole sarebbero sfuggite alle osservazioni. “Abbiamo calcolato”, sottolinea Pilarasetty Tarakeshwar, primo autore del paper, “in che modo potrebbe apparire lo spettro di queste molecole e abbismo trovato che hanno delle firme spettroscopiche quasi identiche alle molecole composte di catene di carbonio senza alcun atomo di ferro”. Per questo precedenti osservazioni, secondo l’autore, potrebbero aver ignorato la presenza del ferro.

La ricerca aiuterebbe a capire anche un’altra questione, finora rimasta senza spiegazioni. In generale catene di carbonio con più di 9 atomi sono considerate instabili. Tuttavia osservazioni del mezzo interstellare hanno rilevato la presenza di catene con un maggior numero di questi atomi. “Catene di carbonio più lunghe – aggiunge l’autore Peter Busecksono stabilizzate dall’aggiunta dei gruppi di ferro”. Questa nuova struttura rappresenterebbe una nuova forma per molecole più complesse, presenti nello spazio, come idrocarburi policiclici aromatici, di cui il naftalene – il principale costituente della naftalina – è un esempio classico. “Il nostro lavoro”, conclude Frank Timmes, coautore dello studio, “fornisce nuovi indizi per riempire l’ampio gap fra le molecole che contengono al massimo nove atomi di carbonio e quelle più complesse, come il C60 buckminsterfullerene, una struttura con 60 atomi di carbonio scoperta soltanto nel 1985.

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