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giovedì, Ott 03

Il nucleare per la Luna cambia il mercato dell’energia sulla Terra


Il reattore della Nasa per supportare le missioni sulla Luna e su Marte potrebbe essere utilizzato dall’industria nucleare Usa per competere con i concorrenti

La Terra vista dalla Luna. (foto: NASA/Newsmakers)

All’interno del Nevada national security site, dal novembre del 2017 al marzo del 2018 si sono tenute le quattro fasi di sperimentazioni di Krusty (l’acronimo di Kilopower reactor using stirling technology), un piccolo reattore nucleare passivo, in grado di generare da 1 a 10kW di energia elettrica. Le sue dimensioni lo renderebbero trasportabile su un qualsiasi veicolo spaziale, adatto quindi a supportare l’esplorazione umana di altri pianeti. Secondo la stessa Nasa, Krusty rappresenta la prima messa in operazione di un reattore per la fissione nucleare di nuova concezione negli Stati Uniti in oltre 40 anni.

E oggi, a quasi 40 anni dalla decisione del Congresso degli Stati Uniti di gestire pubblicamente, e non attraverso il mercato, la conservazione delle scorie radioattive, il costo di questa operazione è salito a circa 7,5 miliardi di dollari all’anno. Washington prevede che nel futuro l’ammontare necessario per provvedere al loro stoccaggio possa crescere sino ai 35,5 miliardi.

Fonte: Nuclear Energy Institute
Stime del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti sull’incremento annuale dei debiti derivanti dallo stoccaggio delle scorie radioattive (Fonte: Nuclear Energy Institute)

 

 

 

 

 

 

 

Questione di energia

Le cause sono diverse, come la chiusura di numerosi impianti, la competizione di fonti maggiormente efficienti come il gas naturale e rinnovabili, ma anche la concorrenza di altri paesi come Cina e Russia.

Il solo impianto di Maine Yankee, incapace di produrre un singolo watt da oltre 20 anni, è costato ai contribuenti americani nel 2018 circa 35 milioni di dollari e la sua funzione rimane sostanzialmente quella di immagazzinare il combustibile derivato dalla precedente attività della centrale.

Il problema dell’amministrazione delle scorie è da tempo al centro di un largo dibattito, il quale immancabilmente influenza l’intero settore dell’industria del nucleare civile degli Stati Uniti. Nel 1987 il Senato aveva approvato un emendamento che prevedeva la costruzione di un’unica struttura sotterranea, dal costo di oltre 13 miliardi di dollari, nella Yucca Mountain, a circa 90 miglia a Nord di Las Vegas. La base sarebbe stata destinata ad assumersi per intero l’onere di accumulare le stesse scorie. Per avere un’idea, il loro totale derivante dai soli impianti industriali negli Stati Uniti si aggira attorno le 80mila tonnellate metriche, destinate secondo lo stesso governo a divenire circa 140mila nel giro di qualche decennio.

Nel 2009 l’ex presidente Barack Obama, rispondendo a un impegno assuntosi durante la campagna elettorale che lo aveva condotto alla Casa Bianca, aveva imposto uno stop forzato al progetto. A 10 anni dalla scelta di terminarne la costruzione, Donald Trump ha avanzato per 3 anni consecutivi la richiesta di allocare 120 milioni del budget statale per riattivare il deposito di Yucca Mountain. Tutto questo dopo aver espresso la sua contrarietà ad una struttura “invisa agli abitanti dello Stato” durante la campagna per le elezioni di mid-term del 2018.

Un’azione che ha scatenato dure contestazioni da parte dei rappresentati del Nevada sia dei Repubblicani che dei Democratici, oltre che da parte del governatore dello stato Steve Sisolak, il quale ha promesso che “non un’oncia” dei rifiuti raggiungerà l’installazione. Il Nevada ha agito in diverse corti del paese per fermare il trasporto del combustibile, di cui i dettagli rimangono segreti, a causa dei pericoli connessi al loro spostamento.

Yucca Mountain - Nevada (Foto: Bulletin of the Atomic Scientists)
Yucca Mountain – Nevada (Foto: Bulletin of the Atomic Scientists)

La nuova generazione

Il dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti ha già attivato diversi programmi per lo sviluppo di reattori di nuova generazione, più semplici, più piccoli e in definitiva più economici. Allo stesso tempo sarà necessario produrre nuove tipologie di combustibile. Una criticità “per il nostro futuro e la nostra sicurezza energetica” ha affermato il vice segretario all’Energia, Dan Brouillette.

Ecco dunque perché la miniaturizzazione di un reattore nucleare per alimentare future missioni interplanetarie non interessa soltanto alla ricerca scientifica. A collaborare al progetto vi sono infatti anche il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti e la National Nuclear Security Administration. Uno sforzo collegiale che vorrebbe il lancio nello spazio del primo reattore entro i prossimi 3 anni e, nel caso di risultati positivi nei test, le future missioni sulla Luna e Marte equipaggiate con questa tecnologia.

La Nasa ha già impiegato diversi generatori termoelettrici a radioisotopi (Rtg) per alimentare le missioni Curiosity, i vari Mars lander, le navicelle Voyager o il viaggio della sonda Cassini diretta verso Saturno. Il reattore Krusty ha dimostrato capacità di efficienza energetica decisamente migliori e potenzialmente capaci di sviluppare kilowatt o centinaia di kilowatt in una sua futura evoluzione, il tutto occupando uno spazio poco maggiore a quello di un frigorifero.

Allo stesso tempo, le applicazioni di un’unità Kilopower sulla Terra potrebbero essere svariate. Dal sostenere le attività di un remoto avamposto militare, come per esempio nell’Artico o in Antartide, all’appoggiare missioni di salvataggio in località colpite da disastri ambientali dove l’allaccio alla corrente elettrica è reso impossibile, come è accaduto a seguito del recentissimo uragano Dorian che ha colpito duramente le Bahamas e la costa sud-est degli Stati Uniti.

I prossimi anni saranno quelli decisivi per innescare nell’industria del nucleare civile americano nuove economie di scala e progetti economicamente efficienti, in grado di produrre nuovi reattori ad uso civile e limitando l’impatto delle scorie sul settore. Dopotutto il progetto Kilopower, pensato per aiutare l’esplorazione dello spazio, potrebbe scoprirsi ancor più utile, e per alcuni più conveniente, proprio sulla Terra.

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