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lunedì, Ago 10

Il problema con i remake dei telefilm anni ’80 (e quindi anche Supercar)



Da Wired.it :

Sembrano tutti inadatt(abil)i al cinema, a meno di non farne una parodia. Compreso, il serial che ha lanciato David Hasselhoff. Eppure, James Wan (il regista di Aquaman, per intenderci) ha comprato i diritti e vuole lavorare a un nuovo adattamento

C’è un remake di Supercar nell’aria. Un altro. La serie che conosciamo, quella andata in onda in America tra il 1982 e il 1986, ha infatti avuto negli anni uno spin-off (Code of Vengeance, uno di quegli show in cui qualcuno viaggia attraverso gli Stati Uniti risolvendo problemi che la giustizia non risolve), una specie di sequel (Team Knight Rider, nel 1997) e un remake seriale fallimentare di cui, se siete fortunati, non avete nemmeno sentito parlare (Knight Rider, 2008). Adesso è il momento dell’adattamento remake per il cinema (o per lo streaming, questo si vedrà), di cui ha comprato i diritti James Wan con la sua casa di produzione (lui è il regista di Aquaman e de L’evocazione). Per l’ennesima volta ci troviamo di fronte all’idea di modernizzare qualcosa che aveva senso nella propria epoca e i cui elementi di successo erano esattamente ciò che oggi non va più (e deve essere cambiato).

In questi anni di remake e proprietà intellettuali riportate al cinema e in tv, le nuove versioni dei vecchi telefilm non hanno funzionato praticamente mai, se non in casi sparuti. Abbiamo visto fallire in maniera eccellente produzioni costose come quella di A-Team (con Bradley Cooper e Liam Neeson) oppure Baywatch (con Dwayne Johnson e Alexandra D’Addario) o, ancora, Miami Vice (con lo stesso Michael Mann alla regia e Colin Farrell e Gong Li), ma anche quelle più svelte come Hazard, Chips, Fantasy Island (in una improbabile versione horror) e Dynasty. I minimi esempi di successo sono quelli che hanno ribaltato pochi o molti dei presupposti, trasformando i telefilm in una loro versione parodistica. 21 Jump Street (scritto da quei geni comici di Lord e Miller), Starsky & Hutch (con Ben Stiller e Owen Wilson) e il remake camp di Charlie’s Angels del 2000.

Non che le versioni per il cinema delle serie non funzionino mai, basta vedere il successo di Mission: Impossible, ma è proprio quella specifica categoria, quelle serie cioè che noi chiamavamo telefilm e che tra gli anni ’70, ’80, ancora qualcuna nei ’90, proponevano personaggi o squadre che risolvono casi puntata per puntata. Era un modello di poliziesco mascherato, in cui un team di donne oppure una squadra di ex militari o, ancora, un uomo bionico (ma anche uno con una macchina dotata di intelligenza artificiale, per l’appunto), ogni volta si sostituiva alla legge. Nel tempo il poliziesco è, forse, il genere che è più mutato e oggi non ha niente di quel che aveva una volta. Se un horror dei ’70 regge moltissimo il confronto con il presente, un poliziesco (in media) lo fa molto poco. Troppo è cambiato nel ritmo e soprattutto nelle figure protagoniste. Troppo oggi non accettiamo più di vedere e quindi ci suscita il ridicolo.

Ecco la nota dolente. Come tutte le serie, anche quelle lì, fatte di puntate autoconclusive, erano fondate su scrittura e recitazione più che su regia, era un dominio degli attori e dei personaggi che interpretavano: la coolness di George Peppard (l’Hannibal Smith di A-Team) e quella di Don Johnson in Miami Vice; la perfetta maniera in cui le Charlie’s Angels rimescolavano e adattavano idee femministe per un pubblico casalingo che femminista non voleva esserlo, ma gli piaceva questa versione accessibile di quelle idee, condita con molta moda e molto glam… Erano tutti dettagli che non si traducono nel presente, anzi, che vanno cambiati nonostante costituissero la vera ragion d’essere delle serie. Levando David Hasselhoff, oggi diventato una parodia umana, Supercar perde il suo perché. Per quanto faccia ridere oggi, la sua figura era quella che reggeva tutto. Togliendo l’umorismo da genitore poco divertente di KITT (l’intelligenza artificiale dell’auto), viene meno quella relazione tra i due che, per quanto antiquata, funzionava.

Vedremo che cosa farà James Wan (che comunque produce e non dirige il progetto), ma anche in questo caso, perché possa essere accettabile oggi, Supercar andrà modificato esattamente in ciò che lo rendeva un successo. Quell’idea immacolata di giustizia, portata in modi fantasiosi e con una piccolissima patina di fantascienza, che in realtà si univa alla più tradizionale ossessione americana per i mezzi di trasporto (momento cruciale di ogni puntata era il salto compiuto dall’auto, come se si trovasse in uno di quegli show con le macchine che fanno un balzo sui camion), oggi fa ridere. In un momento in cui le intelligenze artificiali dei film sono più umane e sensibili e positive degli esseri umani stessi cui si affiancano, quasi sempre antieroi, come si può adattare Supercar? Di nuovo la speranza è che ne facciano una versione ironica e, magari, con David Hasselhoff stesso.

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[Fonte Wired.it]