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venerdì, Lug 31

Il processo a Salvini serve anche a capire se il diritto internazionale esiste ancora



Da Wired.it :

Il leder del Carroccio dovrà rispondere per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio: nel 2019 impedì l’attracco della nave Open Arms. Decisivo a Senato il voto del partito di Renzi

Il senato ha stabilito che Matteo Salvini, ministro dell’interno quando alla Open Arms venne impedito di attraccare a Lampedusa nel 2019, dovrà essere processato. A maggio la Giunta per le immunità del senato aveva respinto la richiesta, ma si trattava di un voto non decisivo. Ora le cose sono cambiate e a incidere è stata la presa di posizione di Italia Viva, favorevole al processo e ago della bilancia nella composizione della maggioranza dei sì. “Salvini non agì per interesse pubblico”, ha dichiarato Matteo Renzi, a giustificazione del voto del suo partito. Ora si attende che il tribunale dei ministri trasmetta gli atti a quello di Palermo, che deciderà se portare avanti le accuse al leader della Lega.

Che si sia salviniani o antisalviniani, sovranisti o accoglienti, la decisione del senato di ieri deve essere considerata una buona notizia. È da ormai troppo tempo che si litiga sulla pelle dei naufraghi salvati in mare da ong e guardia costiera, calpestando le normative nazionali e internazionali e la legge del mare. Da una parte c’è chi in linea con esse mette al primo posto la dignità umana e il salvataggio di un essere umano in difficoltà, dall’altra chi ritiene come la difesa dei confini non debba essere sottovalutata davanti alla presunta “invasione”, dunque chiudere i porti è una possibilità nelle mani dello stato.

Matteo Salvini ha seguito questo secondo approccio quando era ministro dell’interno e quello di Open Arms non è l’unico caso ad avergli comportato grane giudiziarie. A ottobre si terrà il processo nei suoi confronti per un altro caso simile, quello della nave Gregoretti. In entrambi i casi l’accusa è di sequestro di persona, concretizzatasi nel fatto che i migranti sono rimasti bloccati per giorni su una nave senza possibilità di sbarco, proprio a causa degli ordini del ministro. Ma a ben vedere, si tratta di una prassi che si è ripetuta più o meno ogni volta che nuovi naufraghi arrivavano davanti a un porto italiano. E che va avanti ancora oggi, quando al governo non c’è più il Capitano ma i giorni di attesa per lo sbarco sono semmai diminuiti, ma non scomparsi.

Ecco perché è necessario che un tribunale si esprima sulla politica dei porti chiusi. Il processo è a Matteo Salvini, che detiene il copyright di quest’ultima, ma a ben vedere si tratta di un procedimento più ad ampio raggio, che riguarda le politiche italiane ed europee sull’immigrazione. Quando si tratta della gestione dei flussi migratori, la sensazione è sempre più che il diritto internazionale sia morto. Ogni stato, ogni ministro, fa quello che vuole e di risposta siamo costretti a leggere le notizie dell’ennesimo naufragio in mare, degli spari della guardia costiera libica finanziata con i nostri soldi ai migranti, della nave ferma per giorni sotto il sole cocente del Mediterraneo. Che tutto questo sia l’antistato, indegno per le democrazione del ventunesimo secolo, è indubbio. Ma si tratta ormai di un’asserzione morale, un principio etico, a cui non corrisponde una base legale. Salvare o no i migranti, accoglierli, non è più una prerogativa democratica, ma uno dei due terreni su cui si combatte lo scontro politico. L’assistenza umanitaria ha smesso di essere un dovere e si è trasformata in un’opinione.

Il tribunale di Palermo, se effettivamente rinvierà a giudizio Matteo Salvini, farà un po’ di chiarezza su tutto questo. E qualunque decisione prenderà, essa costituirà un precedente per la gestione delle politiche migratorie future sicuramente italiane, ma di riflesso di tutta l’Unione Europea. I giudici saranno chiamati a giudicare il leader della Lega, ma in realtà ci diranno se il diritto internazionale esiste ancora, se ha tuttora un senso. E se debba essere seguito, pena una condanna. “È importante che se ne discuta in un’aula di tribunale perché solo qui potranno emergere tutti gli elementi utili a ripristinare la messa in atto di procedure previste dalle convenzioni internazionali”, ha sottolineato Valentina Brinis, operatrice di Open Arms. Quello a carico di Matteo Salvini è allora molto più di un processo sulla persona e sulle sue scelte del passato. Si tratta piuttosto di un procedimento per il futuro, sulle politiche migratorie che verranno.

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[Fonte Wired.it]