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lunedì, Ott 28

Il raid che ha portato alla morte di al-Baghdadi


È avvenuto a Idlib, in Siria, e Donald Trump ha detto che seguirlo “è stato come vedere un film”: ma sembra che anche su questo il presidente possa aver mentito spudoratamente

Il leader dell’Isis al Baghdadi

Domenica 27 ottobre il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato che il leader dello Stato islamico Abu Bakr al-Baghdadi era morto nel corso di un’operazione militare statunitense a Idlib, in Siria. Al-Baghdadi aveva 48 anni ed era il terrorista più ricercato al mondo: era stato lui nell’estate nel 2014 a proclamare la nascita del cosiddetto califfato dell’Isis durante un discorso in una moschea nella città irachena da Mosul, e da allora aveva compiuto o ordinato di compiere crimini terribili come stupri, torture, lapidazioni e decapitazioni e attentati, sia in Medioriente che in Occidente.

Il resoconto di Trump

Trump ha fornito un racconto molto dettagliato e colorito della morte di al-Baghdadi, senza rinunciare ai termini colloquiali che da sempre  contraddistinguono il suo modo di esprimersi. Ha detto che il terrorista è stato rincorso dai cani dell’esercito statunitense in un tunnel, che ha “frignato” e che ha pianto (ma il segretario alla Difesa Mark T. Esper ha poi smentito di fatto, dichiarando di non essere in possesso di “questi dettagli”). Poi, ha continuato Trump, quando ha scoperto di essere in trappola, si è fatto saltare in aria, uccidendo anche tre dei suoi figli che erano con lui. “È morto come un codardo, come un cane”, ha concluso il presidente Usa, dopo averlo descritto come una persona “malata e depravata” e aver detto che i suoi seguaci sono dei  “perdenti” e “cuccioli impauriti”. Ci sono però molti dubbi sulla ricostruzione trumpiana: le immagini in diretta che arrivavano nella situation room – la stanza fisica nei sotterranei della West Wing della Casa Bianca in cui il presidente americano partecipa alle missioni di questo tipo – infatti erano prive di audio, e gli esperti hanno precisato che le telecamere non erano in grado di seguire Baghdadi nei tunnel dove è infine stato ucciso.

Nel suo discorso, Trump ha ringraziato diversi governi, compreso quello russo che controlla lo spazio aereo sopra Idlib e ha permesso agli americani di sorvolarlo, ma si è intestato il merito dell’operazione. “Stavamo cercando da anni i capi del terrorismo islamico, ma sono stato io che fin dal primo giorno ho detto: voglio al-Baghdadi”. Più che contribuire al raid decisivo – si apprende dalle cronache di queste ore – Trump ha però rischiato di farlo saltare: la sua decisione di ritirare le truppe americane sul territorio siriano ha infatti costretto i vertici dell’esercito ad accelerare il tutto e a mettere in conto più rischi del dovuto.

Il retroscena

L’intelligence americana cercava al-Baghdadi da cinque anni. Il terrorista, però, era sempre riuscito a scappare e lo scorso aprile era riapparso in un video. La scorsa estate si era scoperto che si nascondeva nel nord-est della Siria, in un territorio controllato da Al Qaeda, e nelle ultime due settimane il piano per catturarlo aveva preso forma. Trump ne era naturalmente a conoscenza ma si era rifiutato di informare la speaker della Camera Nancy Pelosi e altri democratici, come avviene di consueto per situazioni come questa.

Trump ha seguito l’operazione dalla situation room insieme ad alcuni funzionari della sua amministrazione, e ha parlato alla nazione solo dopo che è stato accertato che l’uomo che era stato ucciso era effettivamente al-Baghdadi. Già nelle ore precedenti aveva però scritto su Twitter che era successo qualcosa di grosso.

Nell’operazione sono stati uccisi altri miliziani e due donne che indossavano un giubbotto esplosivo che non erano riuscite a far detonare. Con loro c’erano anche 11 bambini che non avrebbero riportato ferite e sono stati presi in carico dall’esercito. Da parte americana non si segnalano perdite di vite umane, ma due militari sono rimasti feriti.

Cosa succederà ora

Sia Trump che Mazloum Abdi, il comandante delle Forze democratiche siriane – la coalizione guidata dai curdi che negli ultimi tre anni è stata il principale alleato degli Usa nella lotta allo stato islamico – hanno parlato di una “grande missione” e festeggiato la morte del terrorista. Molti analisti hanno però ridimensionato questo successo. “Sfortunatamente, uccidere i leader non sconfigge le organizzazioni terroriste”, ha detto Jennifer Cafarella, direttrice dell’Institute for the Study of War a Washington. “Dovremmo averlo capito quando Osama Bin Laden è stato ucciso e Al Qaeda ha continuato ad espandersi in tutto il globo”.

Cafarella e molti suoi colleghi temono anzi che una volta che il ritiro delle truppe Usa dalla Siria sarà completato, lo Stato islamico potrà ricostituirsi con più facilità. Come ha sottolineato il repubblicano Michael Waltz, “dobbiamo tenere presente che siamo riusciti a colpire Baghdadi solo perché le nostre forze erano presenti in quella regione”.

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