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Il rapporto di Francesca Albanese, relatrice delle Nazioni Unite, accusa le big tech accusate di sostenere l’occupazione di Israele

da | Lug 3, 2025 | Tecnologia


Secondo il rapporto stilato da Francesca Albanese, Microsoft e il consorzio Project Nimbus, abbiano continuato a fornire supporto a Israele anche durante l’escalation successiva all’ottobre 2023 che ha portato all’operazione nella Striscia di Gaza. Secondo il rapporto in quei mesi, “il cloud militare interno israeliano si è sovraccaricato” – ovvero i sistemi informatici dell’esercito israeliano non riuscivano più a gestire l’enorme quantità di dati e calcoli necessari per le operazioni in corso. In quel momento critico, secondo Albanese, “Microsoft, con la sua piattaforma Azure, e il consorzio Project Nimbus sono intervenuti con infrastrutture cloud e di intelligenza artificiale critiche” per sostenere le operazioni militari.

L’intelligence artificiale e la sorveglianza di massa

Il rapporto menziona anche Palantir Technologies, specializzata in analisi di big data e software di intelligence per governi e forze dell’ordine. L’azienda americana è stata fondata nel 2003 da Peter Thiel e altri imprenditori della Silicon Valley proprio per sviluppare tecnologie di sorveglianza e controllo predittivo. Il rapporto sostiene che “ci sono ragioni fondate per credere che Palantir abbia fornito tecnologia di controllo predittivo automatizzato, infrastrutture di difesa fondamentali per la costruzione e distribuzione rapida e su larga scala di software militare, e la sua piattaforma di intelligenza artificiale, che consente l’integrazione di dati operativi in tempo reale per processi decisionali automatizzati”. Il rapporto evidenzia inoltre come nel gennaio 2024 “Palantir ha annunciato una nuova partnership strategica con Israele e ha tenuto una riunione del consiglio di amministrazione a Tel Aviv ‘in solidarietà'”, dimostrando secondo Albanese un supporto esplicito alle operazioni israeliane.

Di Ibm, il rapporto dice che”ha operato in Israele dal 1972, formando personale militare e dell’intelligence, specialmente dell’Unità 8200″, la divisione di intelligence tecnologica delle forze armate israeliane che rappresenta un vivaio per l’industria tech israeliana. La collaborazione più significativa riguarda la gestione dei dati della popolazione palestinese. Dal 2019, secondo il documento, “Ibm Israel ha gestito e aggiornato il database centrale dell’Autorità per la popolazione e l’immigrazione, consentendo la raccolta, archiviazione e uso governativo di dati biometrici sui palestinesi, e supportando il regime discriminatorio dei permessi di Israele”. Il rapporto sottolinea come questo sistema sia fondamentale per permettere a Israele di controllare ogni movimento dei palestinesi attraverso un regime di permessi basato sulla profilazione biometrica e controllo digitale della popolazione.

Secondo il documento, prima del 2019 era Hewlett-Packard (Hp) a gestire il database biometrico dei palestinesi. Il rapporto conclude evidenziando come l’occupazione israeliana si è tramutata in un “laboratorio digitale”, dove tecnologie sviluppate per il mercato civile vengono testate e perfezionate per scopi militari e di controllo della popolazione. Una volta sperimentate sui palestinesi, queste stesse tecnologie vengono poi vendute in tutto il mondo con l’etichetta di “battle-tested – ovvero “testate in battaglia” – un marchio che le rende più appetibili per altri governi e forze dell’ordine che vogliono acquistare sistemi già provati in situazioni reali di conflitto.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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