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venerdì, Ott 07

Il telescopio spaziale James Webb ha osservato il sistema proto-planetario Orion 294-606

da Hardware Upgrade :

Gli scienziati di tutto il Mondo stanno dando al telescopio spaziale James Webb moltissimi obiettivi da osservare così da estrapolare nuove informazioni, dati e immagini da utilizzare per studi. Del resto le potenzialità di questo nuovo strumento scientifico sono sotto gli occhi di tutti e anche i meno esperto hanno capito che è un nuovo punto di riferimento per le osservazioni dell’Universo (nell’infrarosso).

jwst orion

Come abbiamo scritto recentemente, il JWST può lavorare “insieme” ad altri telescopi (sulla Terra o nello Spazio) come nel caso di Chandra e Hubble che possono rilevare i raggi X il primo oppure parte di infrarosso, visibile e UV il secondo. Questo non esclude la possibilità di utilizzare il nuovo telescopio spaziale “da solo” visto che è comunque in grado di fornire una mole di dati enorme grazie ai suoi strumenti (anche se attualmente non si hanno aggiornamenti sulla salute di MIRI che non può utilizzare una delle sue modalità osservative).

Orion 294-606 osservato dal telescopio spaziale James Webb

Come riportato da Mark McCaughrean (Senior Advisor for Science & Exploration di ESA) in una lunga discussione su Twitter, il JWST è stato impegnato, tra gli altri obiettivi, anche a osservare il sistema proto-planetario Orion 294-606 (distante da Theta 1 Orionis C, una delle stelle più luminose della Nebulosa di Orione). Non si tratta di una “nuova scoperta” in quanto era già stato osservato da Hubble in passato ma Webb e la sua capacità di catturare gli infrarossi potrebbe dare una mano a conoscerne i segreti.

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I proplyds visti dal telescopio spaziale Hubble nella Nebulosa di Orione (fonte)

Questo sistema vede una stella al centro, con un’età di circa un milione di anni, circondata da un disco di polveri e gas. Quest’ultimo porterà, nel corso di milioni di anni, a creare dei esopianeti e quindi un nuovo sistema solare (la distanza dalla Terra è pari a 1500 anni luce ed è quindi troppo presto per vedere i primi pianeti).

Con lo strumento NIRCam del telescopio spaziale James Webb e in particolare con il filtro a banda stretta da 1,87 µm (F187N) è possibile catturare il picco di emissione dell’idrogeno per avere una caratterizzazione più precisa della struttura. Secondo le stime, il disco di polveri e gas ha un diametro di circa 300 AU.

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McCaughrean ha sottolineato come JWST difficilmente troverà nuovi dischi proto-planetari in questa zona di cielo visto che è stata studiata in maniera approfondita da Hubble. Questo però non significa che è un “lavoro inutile” (ovviamente). Lo scienziato ha rimarcato come si vuole analizzare gli stessi obiettivi sia con JWST che con HST così da capirne a fondo le proprietà. Sfruttando per esempio il vicino infrarosso il diametro del disco di polveri può variare visto che queste lunghezze d’onda riescono a “passare” attraverso le polveri.

I dati combinati del telescopio spaziale James Webb e di Hubble potranno dare informazioni sulla dimensione dei granelli, su quanto sia distante la formazione di un pianeta nelle zone esterne del disco e più in generale sulla sua struttura. Per esempio McCaughrean indica che se i bordi esterni fossero “tagliati di netto” sia nel visibile che nell’infrarosso potrebbe significare che l’interazione con la nebulosa è presente e fondamentale (come mostrato dai proplyds, dischi planetari allungati a causa proprio del vento ionizzato delle stelle vicine).

Stelle che “soffiano via” le polveri da un disco proto-planetario di un’altra stella potrebbero causare la mancata formazione di pianeti. Lo studio dei proplyds attraverso JWST e con diversi filtri potrebbero aiutare a creare nuovi modelli che potrebbero spiegare anche la formazione del Sistema Solare.


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