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mercoledì, Feb 02

Il truffatore di Tinder racconta molto più di quel che sembra



Da Wired.it :

Felicity Morris però non sì limita a mettere in fila i fatti (montando benissimo l’alternanza tra testimonianze, in modo che lo spettatore capisca le proporzioni della storia), sta molto attenta a fare de Il truffatore di Tinder una storia di donne, a lavorare su di loro, sui piccoli passaggi che fanno la differenza nella psicologia delle vittime, più che nell’indagine sul passato del suo cattivo (un solo momento che coinvolge la famiglia potrebbe aprire le porte ad un intero altro film). Ogni documentario moderno nel raccontare qualcosa di vero cerca di rubare tecniche di narrazione al cinema di finzione e Felicity Morris ruba tutto al rape & revenge, il genere di storie in cui una donna si vendica degli abusi subiti. Tutta la lunga cavalcata finale della terza parte del documentario infatti tradisce godimento nel montaggio, nell’uso delle musiche, nell’esaltazione degli stessi elementi che erano stati alla base della truffa all’inizio.

Nessuno lo dice mai ma questo è chiaramente un documentario che vuole raccontare le donne e nel farlo crea ancora una volta una grande storia di internet. Una storia di identità online, di spese online, di comunicazione tramite messaggistica, video, foto, motori di ricerca e risultati truccati, dating app e poi di transazioni online, giornali online, articoli scaricati, biglietti e orari di aerei controllati online, una storia che ha un piede fortissimo nel mondo reale (perché il vero lusso è il gancio forte del racconto), ma che si svolge per la maggior parte in rete. Una storia in cui quello che avviene sugli schermi è più determinante di ciò che avviene nel mondo reale e in cui più che la legge della giungla o la legge della società civile, vale la legge di internet. Una storia, infine, che racconta ancora una volta lo scambio di priorità e di importanza tra ciò che viviamo digitalmente e le sue ricadute analogiche. Siamo abituati a pensare che il mondo reale sia dove tutto ha inizio e ha fine e invece sempre di più è solo il luogo in cui tutto finisce, la sede dell’esito ma non dell’azione.



[Fonte Wired.it]