Seleziona una pagina
lunedì, Mar 22

Immuni, i download dell’app sono scesi a livelli irrisori



Da Wired.it :

A livello giornaliero continuano a calare e le app di contact tracing non si stacca dai 10,3 milioni di download. Scomparsa dalla comunicazione, sarebbe molto utile nella terza ondata

I primi layout di Immuni, la app per fare contact tracing in Italia (fonte: Bending Spoons/Ministero dell'Innovazione)
I primi layout di Immuni, la app per fare contact tracing in Italia (fonte: Bending Spoons/Ministero dell’Innovazione)

Il dato più basso è di giovedì 18 marzo: 452 download totali. Quel giorno la sola versione Android di Immuni, la app scelta dal governo italiani per il contact tracing dei contagi da coronavirus, è stata scaricata 48 volte. In 291 giorni, dal lancio ufficiale dell’applicazione il primo giugno 2020, i download non sono mai stati così pochi. Superata quota 10 milioni il 10 dicembre scorso, la app non è più riuscita a toccare il traguardo del milione successivo. Da più di un mese è inchiodata a 10,3 milioni di download, con impercettibili scatti in avanti quotidiani, e non sono mai stati forniti dati puntuali sugli utenti realmente attivi (pure in possesso del ministero della Salute, come dimostrato da Wired).

D’altronde, a dispetto della situazione di emergenza in cui si trova l’ con restrizioni innalzate in tutte le regioni, Immuni è sparita dalla prima linea della strategia per contenere Covid-19. Nonostante pochi giorni fa il Garante per la protezione dei dati personali abbia acceso la luce verde al caricamento in autonomia dei codici per avvertire i contatti della positività al tampone, in modo da aggirare il collo di bottiglia dei call center delle aziende sanitarie, andati in tilt durante la seconda ondata quando i contagi hanno iniziato a crescere troppo velocemente, l’app non viene più nominata dalla comunicazione ufficiale. Se ne intravede a fatica il logo tra le raccomandazioni appiccicate a una delle scrivanie del ministero della Salute, usata per le conferenze stampa.

L’efficacia del contact tracing digitale

Eppure, come si legge nel decreto della presidenza del Consiglio dei ministri (dpcm) del 2 marzo, Immuni è arruolata a tutti gli effetti tra le misure di prevenzione (articolo 5). A maggior ragione in una fase in cui l’Italia è tornata in lockdown per bloccare la diffusione di varianti del virus reputate più contagiose e con circa 300 morti al giorni, riuscire a ricostruire la catena dei contatti di un positivo è fondamentale per contenere la pandemia. La strategia delle 3T (testare, tracciare e trattare i casi) non è alternativa alla campagna dei vaccini: iniziata la seconda, la prima non va in pensione. Al contrario, è tuttora necessaria per allertare chi è entrato in contatto con una persona risultata poi positiva al tampone del coronavirus e per sollecitarla a prendere le dovute precauzioni. Su Twitter il crollo dei download è stato denunciato da Marco Carbonaro.

Recenti studi, peraltro, stanno dimostrando l’utilità delle app di contact tracing. Secondo uno studio dell’università di Oxford sull’applicazione adottata nel Regno Unito (e scaricata da 21 milioni di persone), superato il 15% di cittadini dotati dello strumento, ogni scatto in avanti nell’adozione dell’1% può ridurre le nuove infezioni dallo 0,8% al 2,3%. Ricercatori spagnoli hanno riconosciuto su Nature communications che l’app iberica, Radar Covid (che ha un tasso di penetrazione simile a Immuni, del 17%), ha permesso in uno studio concentrato su una comunità delle Canarie di rintracciare il doppio dei contatti rispetto alle procedure manuali.

Sulla stessa rivista una ricerca svolta da Fondazione Bruno Kessler (Fbk) di Trento, Politecnico di Losanna (Epfl), Technical University di Copenaghen (Dtu), Università di Aix-Marsiglia, Fondazione Isi di Torino e Università degli Studi di Torino ha messo in evidenza l’efficacia del contact tracing per bloccare focolai della malattia e, in particolare, del sistema di notifica delle esposizioni (su cui si basa, tra gli altri, Immuni).

L’esperienza della seconda ondata

Oltre ad alcuni bug che non facevano visualizzare le segnalazioni di contatti a rischio, a mettere in crisi il sistema del contact tracing digitale è stata, durante la seconda ondata, la mancanza nelle asl di personale a sufficienza per raccogliere le segnalazioni, attivare la notifica ai contatti (che fino a pochi giorni fa doveva essere inviata con l’ausilio dei sanitari) e monitorare la situazione. La macchina del contact tracing, insomma, non riusciva a tenere il passo del coronavirus. Il risultato? A novembre in Basilicata, Calabria, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Molise, Sardegna, Umbria e provincia autonoma di Trento lo scarso numero di segnalazioni attivate via Immuni dimostrava che il sistema di tracciamento digitale non era mai partito.

Il governo ha cercato di ovviare attivando prima un call center nazionale, a cui rivolgersi per sbloccare la notifica di contatto a rischio e non pesare sulle asl, poi virando sull’invio della segnalazione in autonomia (a cui il Garante della privacy ha da poco dato l’ok), usando il codice univoco nazionale (Cun), che si trova sul referto del tampone, e le ultime otto cifre della tessera sanitaria. A febbraio la app è sbarcata anche sui dispositivi più recenti di Huawei, fino ad allora tagliati fuori dall’uso della tecnologia di notifica delle esposizioni sviluppata da Apple e Google per far dialogare via bluetooth gli smartphone delle rispettive scuderie.

I primi layout di Immuni, la app per fare contact tracing in Italia (fonte: Bending Spoons/Ministero dell'Innovazione)
I primi layout di Immuni, la app per fare contact tracing in Italia (fonte: Bending Spoons/Ministero dell’Innovazione)

Il caso Europa

Non sembra essere solo l’Italia a essersi disinnamorata della sua app di contact tracing, sviluppata dalla startup milanese Bending Spoons e ora affidata alle società pubbliche Sogei e PagoPa. Come ricorda il Post, anche in Germania l‘applicazione Corona-Warn-App, che pure ha totalizzato a oggi 26 milioni di donwload e 291mila segnalazioni (contro i 14.722 italiani al momento della pubblicazione dell’articolo), non ha centrato appieno le attese.

Quello degli strumenti digitali adottati per far fronte alla pandemia è un tema che il 2020 ha messo in luce in tutta la sua complessità. Basti pensare ai problemi che stanno sollevando in Italia nelle ultime settimane alcune piattaforme regionali per la prenotazione dei vaccini, Lombardia in primis, con il sistema della società in-house Aria che sta per essere sostituita dal gestionale di Poste italiane, già scelto da Sicilia, Calabria, Abruzzo, Marche e Basilicata. Il prossimo dossier è il certificato vaccinale europeo. Dal punto di vista tecnologico (la validità scientifica dello strumento che ancora oggetto di discussione) sarà il prossimo banco di prova per gli Stati dell’Unione, invitati dalla Commissione a sviluppare software interoperabili. E speriamo che per allora abbiano imparato la lezione.

 

Potrebbe interessarti anche





[Fonte Wired.it]