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giovedì, Dic 19

Impeachment a Trump, il primo passo è andato: la Camera ha votato sì


Con il voto positivo della Camera degli Stati Uniti ai capi d’accusa, Donald Trump è ufficialmente il terzo presidente nella storia americana a subire l’impeachment. Adesso dovrà affrontare il processo in Senato, dove però la maggioranza è repubblicana

(foto: Stephanie Keith/Getty Images)

La Camera statunitense, controllata dalla maggioranza democratica, con un voto storico ha dato il via libera alla messa in stato d’accusa contro il presidente in carica Donald Trump per abuso di potere e ostruzione alle indagini del Congresso. Il primo capo d’accusa è stato approvato con 230 voti favorevoli e 197 contrari, il secondo con 229 voti a favore e 198 contrari. Il cosiddetto impeachment altro non è che un procedimento, previsto dalla Costituzione americana, volto a stabilire la colpevolezza o meno di un funzionario pubblico per gravi danni allo stato durante il proprio mandato, portando così alla cessazione dell’incarico. Nel caso del presidente degli Stati Uniti si suddivide in una prima fase alla Camera e in un processo vero e proprio al Senato.

Di cosa è accusato Trump

Tutto è iniziato con le presunte pressioni fatte da Donald Trump, tra la primavera e l’estate di quest’anno, nei confronti del neoeletto presidente ucraino Volodymir Zelensky. L’obiettivo era quello che l’Ucraina aprisse un’indagine nei confronti di Joe Biden, ex vicepresidente candidato alla Casa Bianca, in modo che nelle mani dell’attuale presidente ci fosse del materiale per screditarlo anche in vista delle elezioni Usa 2020.

In seguito a questi episodi, i democratici hanno dato avvio al procedimento e, dopo due mesi di testimonianze pubbliche e private, la Camera ha formulato un dossier di 300 pagine che raccoglieva tutte le prove di accusa nei confronti di Trump. Vari diplomatici e funzionari hanno infatti confermato le pressioni di Trump sull’Ucraina. La commissione di Giustizia, sempre della Camera, ha poi redatto gli articoli della messa in stato d’accusa: abuso di potere e ostruzione ai lavori del Congresso.

La prima accusa si riferisce, come già accennato, proprio alle pressioni di Trump sul presidente ucraino, avvenute trattenendo circa 400 milioni di dollari in aiuti se non si fosse proceduto all’apertura di un’indagine su Joe Biden. La seconda è invece relativa ai tentativi del tycoon di ostacolare le indagini dell’impeachment, compiute soprattutto dai Dem, rifiutandosi difatti di collaborare.

Cosa succede adesso

Dopo questo primo voto positivo, il lavoro della Camera dovrebbe ultimarsi entro Natale. Le tempistiche però sono incerte, la speaker della Camera, come riporta Politico, ha detto che potrebbe aspettare ad inviare gli articoli al Senato, dove si svolgerà il dibattimento vero e proprio, con tutta probabilità però all’inizio del 2020. Qui sarà istituito un processo in cui i senatori saranno i giudici e ascolteranno la versione dei fatti delle parti coinvolte: la Camera nei panni dell’accusa e gli avvocati di Trump nelle vesti della difesa. Il tutto sarà supervisionato dal giudice a capo della Corte Suprema. Se però la maggioranza democratica della Camera è stata sufficiente a far proseguire il processo, la situazione si complica nell’altra parte del Congresso, dove i repubblicani hanno numeri più alti. Per destituire Trump occorre una maggioranza di due terzi, ovvero 67 senatori. I numeri vedono adesso 53 repubblicani e 47 senatori di minoranza di cui 45 democratici e due indipendenti.

La reazione di Trump

Pochi minuti dopo il sì all’impeachment, Trump ha replicato al voto dal palco di un comizio a Battle Creek, in Michigan. In tutta la giornata di ieri ha scritto più di 45 tweet per difendersi, senza di fatto entrare nel merio delle accuse. Inoltre, prima del voto, che ha appunto deciso dei far proseguire la sua messa in stato d’accusa, Trump aveva inviato una lettera alla speaker democratica della Camera Nancy Pelosi. Senza giri di parole, il tycoon accusava i democratici di voler compiere “un colpo di stato partigiano e illegale”. “La storia vi giudicherà severamente” ha scritto.

Trump ha appoggiato i miei sforzi per danneggiare i democratici in Ucraina” aveva dichiarato in un’intervista alla Cnn il suo avvocato Rudy Giuliani. Ormai messo all’angolo, non aveva ricevuto risposta da Pelosi che invece aveva scritto ai democratici una lettera chiedendo di votare “in un modo degno del nostro giuramento di sostenere e difendere la costituzione degli Stati Uniti” e quindi confermando le accuse accuse e il proseguimento del processo. Come poi è avvenuto. La stessa Pelosi ha aperto il dibattito alla Camera sottolineando che Trump “non ha dato scelta”. Ha poi parlato di un “giorno giorno per la Costituzione, ma triste per gli Usa”.

 

I precedenti storici

Trump entra nella storia come terzo presidente messo in stato d’accusa, dopo Andrew Johnson nel 1868 e Bill Clinton nel 1998. Nel 1974 il processo durò 184 giorni per Richard Nixon, coinvolto nello scandalo del Watergate, ma lo stesso si dimise prima di essere incriminato e non si può formalmente parlare di impeachment. Per Bill Clinton, invece – fra il 1998 e il 1999 – passarono 127 giorni e il processo si concluse con l’assoluzione del Senato. In questo caso il presidente aveva avuto una relazione sessuale con la stagista Monica Lewinski e si era anche scusato pubblicamente con i cittadini in un discorso dalla Casa Bianca. L’impeachment di Trump invece – oltre a monopolizzare il dibattito politico, anche a poche settimane dalle primarie democratiche in vista delle elezioni 2020 – ha scompigliato la procedura e si potrebbe riassumere nell’espressione “caccia alle streghe”: la replica usata da Trump fin dall’inizio del procedimento.

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