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martedì, Set 29

In che modo la guerra dello streaming condizionerà il mercato e la cultura dell’intrattenimento



Da Wired.it :

Netflix, Prime Video, Disney+ e Apple TV+ sono i nomi più pesanti nell’arena dello streaming e stanno lentamente trovando un posizionamento diverso e originale per dominare l’una sulle altre

Da quando esiste la guerra dello streaming, cioè la competizione feroce tra piattaforme per gli abbonamenti degli utenti, ogni servizio cerca di trovare per sé un posizionamento. Non possono essere tutti uguali o ambire tutti al medesimo pubblico, come in ogni mercato è indispensabile che per il pubblico siano chiare le differenze. Solo che ancora non lo sono davvero. Netflix, AppleTV+, Disney+ e Prime Video sembrano differenziarsi solo per l’ampiezza del catalogo. I prezzi bene o male sono quelli, la tecnologia bene o male è quella. Di scelta in scelta, di piccolo cambiamento in piccolo cambiamento però sta lentamente diventando chiaro cosa ognuna di queste piattaforme voglia essere.

Le piattaforme, ovviamente, sono molte più di 4 e alcune hanno anche cataloghi più grandi di Apple TV+, abbiamo scelto queste però perché sono quelle attive in Italia e quelle con il potenziale di spesa, e quindi di crescita, maggiore. Perché se c’è una cosa che è stata chiara da subito, è che l’arena dello streaming prevede due tipi di contenuti possibili, quelli originali e proprietari (film e serie tv che la piattaforma ha prodotto e creato e quindi possiede) e quelli in licenza (film e serie di cui acquista i diritti per la pubblicazione online per un certo periodo). I secondi sono indispensabili per rimpinzare il catalogo e una volta erano più economici rispetto a produrre qualcosa di nuovo (oltre ad essere una garanzia maggiore). Ora questo non è più così vero, le licenze sono sempre più costose, perché ogni produttore mira a farsi la propria piattaforma ed è reticente a dar via i suoi gioielli. Così se Disney ha ritirato tutti i film Marvel e Lucasfilm dalla concorrenza quando è partito Disney+, lo stesso hanno fatto e fanno Universal e Warner (che oltre ai film hanno tantissime serie storiche da Il trono di spade a Friends).

Netflix è il primo, il più grande, il più vasto e il più visto. È ormai vicino ai 200 milioni di abbonati in tutto il mondo (almeno così dice). Era lì quando non c’era nessun altro e ha avuto tempo di posizionarsi come il più completo. Ha le serie, ha i film, ha le vaccate. Perché nonostante faccia di tutto per posizionarsi come il rifugio dei cinefili pop, le sue scelte spesso gli remano contro. L’esigenza di avere tanto (poi ci arriviamo al perché) fa sì che spesso Netflix proponga contenuti mediocri. Anche per questo cerca di accogliere i registi-autori più famosi, il cinema da festival con piega pop e sbandierarli, fare molto rumore con loro. Non si parla del cinema realmente d’autore ma quello degli autori famosi, di Scorsese e Cuaron. Producono chi fatica a trovare produttori e mirano a vincere l’Oscar. Se le sale sono sempre meno il posto per quei film lì, Netflix vuole essere il sostituto, vuole essere la piattaforma per chi ama cinema e serie di qualità, dove per “qualità” si intende “qualità e successo commerciale”. E mentre fa questo cerca di levare tutto il levabile alla concorrenza, cerca di produrre e acquisire ad altissimi regimi perché a differenza dei rivali non ha un altro business a sostenerlo: Netflix fa solo questo e se questo non genera profitto è finito.

Il primo dei suoi rivali invece è proprio noto per l’opposto, perché lo streaming non è il suo primo business, anzi la sua piattaforma è un benefit per i suoi 170 milioni di abbonati. Prime Video viene dato in omaggio a chiunque sottoscriva un abbonamento ad Amazon Prime, che serve sostanzialmente ad avere spedizioni gratuite per tutti gli acquisti su Amazon. Dunque Amazon non deve, come Netflix, accaparrarsi abbonati, gli arrivano da un’altra fonte. Non ha il medesimo rapporto con i grandi autori perché al momento non organizza grandissime campagne intorno ai suoi film, e ha una strategia canonica di distribuzione (cioè li manda in sala normalmente). Punta meno sulle serie e più sulla produzione di lungometraggi, infatti spinge bene solo le serie più riuscite dando l’impressione di una certa calma e pigrizia rispetto alla furia di Netflix. Prime Video non teme di fallire, non può fallire, può anche andare in perdita, tanto è solo un benefit per chi vuole acquistare su Amazon e questa calma è una forza che spaventa. Può cercare e sperimentare senza fretta, può sbagliare e valorizzare i propri punti di forza (Marvelous Mrs. Maisel, The Boys) senza foga.

Altro discorso è quello di Disney+ che tra tutti e quattro è l’unico marchio legato al cinema. Ha una storia, ha un suo catalogo potentissimo frutto di decenni di acquisizioni che sembravano sbranare il mercato. Prima la Pixar, poi la Marvel, poi la Lucasfilm. Disney è sempre di più nostalgia, è il cinema di una volta rifatto oggi, è l’infanzia e l’adolescenza perpetui. Il prodotto adulto per adulti che desiderano avventura. Tra tutte le piattaforme è decisamente quella dal posizionamento più chiaro e netto. Certo, anche Disney non ha timore di fallire, anzi con la piattaforma ha un’arma di contrattazione in più con le sale cinematografiche perché i suoi filmoni li può anche mettere subito su Disney+. Non concorrono per gli Oscar, non rubano gli autori a Netflix, ma sono in competizione diretta con le sale. Il lockdown ha rafforzato questa strategia. Il lancio è stato forte (The Mandalorian è una bomba) e ora con l’arrivo di serie e film Marvel è pronto a crescere moltissimo ad un prezzo che è la metà di quello di Netflix.

Infine Apple TV+, una piattaforma con meno di 50 prodotti in catalogo là dove Netflix conta 6.000 serie e 3.800 film (Prime video 2.000 serie e 22.300 film) e che tuttavia ha investito recentemente 6 miliardi di dollari nella produzione di film e serie originali. Apple infatti sembra non essere interessata alle acquisizioni, non vuole un ampio catalogo, vuole avere i propri contenuti e (come tutti) di qualità. Sembra voler applicare alla produzione il concetto base della sua linea di hardware: pochi prodotti, chiari e di grandissima qualità. Anche loro regalano l’abbonamento ai propri clienti (un anno gratis a chi acquista prodotti Apple) ma del resto Apple Tv+ non è costosa come il resto della linea Apple. L’ambizione sembra essere quella di diventare una piattaforma selezionata, in cui entra poco e quel poco è eccezionale (o almeno così sperano). In particolare dopo l’esperimento di successo di Greyhound, il film con Tom Hanks finito lì per colpa del lockdown da che era prevista un’uscita al cinema, è ancora più interessata a quel cinema. Pronta a cambiare come cambia il vento AppleTv+ esiste solo perché ad oggi è chiaro che il business del futuro per le megacompany è nei contenuti originali e chi ne è fuori sta alla mercè della concorrenza.

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[Fonte Wired.it]