Seleziona una pagina
sabato, Nov 07

In Francia si parla di un’inchiesta senza precedenti su abusi e razzismo della polizia



Da Wired.it :

Un libro di un giornalista rimasto sotto copertura per due anni nella polizia parigina, Valentin Gendrot, ha sconvolto l’opinione pubblica francese: il caso è anche approdato in tribunale

Di recente Le Monde, Mediapart e il Guardian hanno diffuso in contemporanea una storia agghiacciante: Valentin Gendrot, un giornalista francese di 32 anni, è riuscito a infiltrarsi nella polizia parigina per quasi due anni, e la sua inchiesta ha rivelato un mondo di abusi, violenza e razzismo. Un’esperienza condensata in un libro, Flic. Un journaliste a infiltré la police, che è diventato un caso editoriale in Francia, superando le 5000 copie vendute a quattro giorni dalla pubblicazione. E non bastasse: le rivelazioni del reporter hanno reso necessaria l’apertura di un fascicolo giudiziario, dato che sotto copertura Gendrot ha assistito e aiutato a insabbiare un episodio di abuso di potere da parte delle forze dell’ordine.

A 29 anni, Valentin Gendrot ha deciso di entrare nella polizia per rompere i due grandi tabù che tradizionalmente in Francia sono associati alla polizia: le violenze da parte degli agenti e i loro suicidi. Non è la prima volta: è da quando si è laureato in giornalismo a Bordeaux che le sue ambizioni vanno in quella direzione. Il progetto alla base di Flic (letteralmente sbirro in italiano) finisce per durare due anni perché dopo i primi tre mesi di formazione a Saint-Malo, Gendrot viene assegnato all’infermeria psichiatrica della prefettura parigina, lontano dal suo obiettivo di poliziotto in un quartiere popolare. Solo nel marzo del 2019, dopo più di un anno, riesce a raggiungere il suo obiettivo e inizia a lavorare nel XIX arrondissement della capitale.

Sono passate poche ore dal suo ingresso in commissariato, ma per Valentin la violenza è già all’ordine del giorno. Davanti ai suoi occhi, un uomo in stato di fermo chiede di andare al bagno. Una volta, due. La terza volta, lo chiede a voce più alta, è urgente. Un poliziotto arriva, lo fa uscire e lo riempie di botte. Mezz’ora più tardi, una donna di 70 anni vuole  sporgere denuncia: “Buongiorno, mio marito ha minacciato di uccidermi”. E il poliziotto risponde: “Se succede di nuovo, torni da noi”. Tre settimane dopo, durante un semplice sopralluogo per schiamazzi, il giornalista assiste al pestaggio di un ragazzino di 16 anni da parte di un altro poliziotto: “L’agente sferra il primo colpo, l’adolescente non reagisce, ma l’agente continua a riempirlo  di pugni, lo insulta, lo sbatte in cella e lo colpisce ancora”. Qualche giorno dopo, Gendrot si ritrova a coprire il collega che accusa il ragazzo di oltraggio e minaccia a un pubblico ufficiale. In un’altra manciata di occasioni, il giornalista sarà anche testimone di violenze ai danni di migranti che, rinchiusi nel furgone della polizia, vengono picchiati e poi rilasciati a vari chilometri dal punto di partenza. Nella polizia, afferma Gendrot, “non è permesso fare di tutto, ma in certi momenti, con certi poliziotti, tutto diventa permesso”.

“Quello che succede nel furgone, rimane nel furgone”: per gli agenti del XIX arrondissement, una giornata di lavoro è come un giro sul ring del Fight Club. La seconda regola? Tutti i neri e gli arabi sono dei “bastardi”. In un intervista a Euronews, Gendrot racconta: “Un giorno facciamo un controllo su strada, guardiamo le auto che passano e decidiamo chi fermare. A un certo punto un poliziotto dice, vedendo due uomini neri, controlliamo quest’auto, ci sono due bastardi dentro. I due sono stati controllati ed era tutto in regola. Sono stati fermati solo perché erano neri. Se fossero stati bianchi probabilmente non avrebbero subito il controllo”. Ma – ça va sans dire – non tutti i poliziotti francesi sono così: i razzisti e i violenti sono una minoranza, spiega il giornalista. Il resto degli agenti, però, copre sistematicamente i loro abusi. Non sono d’accordo, ma lo fanno comunque: la maggior parte di loro ha paura, non vuole correre rischi e  proteggere la propria carriera.

Era giusto aspettare la pubblicazione?

In Francia e nel resto del mondo, l’inchiesta di Gendrot è stata accolta con grande interesse: Philippe Broussard, vicedirettore di Le Monde, ha dichiarato che si tratta di un libro “di pubblica utilità” e l’autore è arrivato a rilasciare fino a sette interviste in un giorno. Le voci fuori dal coro, tuttavia, non sono mancate, e si tratta di voci di un certo calibro. Il ministro dell’Interno Gerald Darmanin ha infatti dichiarato a Le Parisien che spera che l’inchiesta non sia “solamente un’operazione commerciale”. “Sono un giornalista, non un bottegaio”, ha ribattuto Valentin Gendrot in televisione, e ha aggiunto: “La polizia francese va male, ci sono alcuni poliziotti razzisti e violenti, e bisogna parlarne. È il mio lavoro”.

Ma Ismaël Halissat, giornalista di Libération, non è completamente d’accordo. Secondo lui, Gendrot non avrebbe fatto meglio a scegliere un’altra strada: raccontare cosa succede quando un poliziotto dice no. Di recente, un dibattito simile è scoppiato negli Stati Uniti dopo l’uscita di Rage, il libro del famoso giornalista Bob Woodward che raccoglie le sue interviste al presidente Donald Trump. In una di queste, avvenuta nel febbraio scorso, Trump spiegava di essere stato informato che il coronavirus sarebbe stato “molto più letale dell’influenza”: un’informazione che avrebbe potenzialmente salvato milioni di vite, o almeno messo seriamente in guardia l’opinione pubblica, a cui invece Trump aveva raccontato tutt’altro. Sia Woodward che il reporter francese però hanno preferito non compromettere la loro inchiesta, come ha spiegato Gendrot al sito d’informazione 20minutes: “Penso che il mestiere del giornalista sia mostrare, raccontare al grande pubblico le cose che diversamente non potrebbe vedere. Io mi limito a questo, non pretendo di rivoluzionare la polizia”.

I suicidi

Oltre agli abusi, il giornalista ha osservato anche un altro terribile lato della vita da poliziotto: mentre era sotto copertura, un agente del suo commissariato si è suicidato. In quel momento, Gendrot ammette di aver sentito un moto di compassione verso i poliziotti che ogni giorno sopportano condizioni di lavoro pessime in un clima di violenza diffusa, ma preferiscono non parlarne. In una chat di Whatsapp che il giornalista trascrive nel suo libro, un ex-collega afferma: “In ogni caso noi siamo poliziotti, siamo virili, stiamo sempre bene”. Ma perfino tra colleghi è difficile scavare sotto la superficie e sapere cosa succede davvero. Secondo CheckNews, il 2019 è stato il quinto anno con il maggior numero di suicidi tra i poliziotti francesi dal 1993. Purtroppo non sono molte le statistiche disponibili su questo fenomeno, poiché il Servizio per l’informazione e le pubbliche relazioni delle forze armate (Sirpa) non vuole alimentare l’effetto Werther – cioè l’ascendente esercitato dai mass media sulle persone con pensieri suicidi – ma un rapporto del 2018 rileva che in Francia il tasso di appartenenti alle forze dell’ordine che si tolgono la vita è insolitamente alto.

Flic.Un journaliste a infiltré la police è al momento il libro del catalogo delle éditions Goutte d’Or ad avere venduto più copie di sempre. Nata nel maggio del 2016 dall’idea di tre trentenni che lavorano tra giornalismo ed editoria, le éditions Goutte d’Or sono una casa editrice indipendente e atipica: pubblicano solo tre libri l’anno. Clara Tellier Savary, giornalista di Courrier International e fondatrice del progetto, ha raccontato a Wired che i tre soci lavorano a ogni libro per un anno e mezzo, alle volte anche due, sviluppando così un attaccamento molto forte a ogni nuova uscita. “È un impegno che ci prendiamo nei confronti di ogni autore o autrice che pubblica con noi: lavoreremo al tuo libro e lo difenderemo”, afferma la giornalista. Per loro, Valentin Gendot era “un amico di un amico” ed erano a conoscenza del suo progetto: una volta entrato in commissariato, la casa editrice gli ha subito fatto una proposta, accompagnandolo nel suo percorso dal punto di vista editoriale e personale. La volontà di essere al fianco dell’autore non è venuta a meno neanche quando Gendrot si è ritrovato al centro di un’inchiesta del Igpn, il tribunale delle forze dell’ordine francesi, insieme agli altri otto poliziotti coinvolti nel caso dell’adolescente vittima di abuso di potere.

Qualche giorno fa la pagina Instagram della casa editrice ha pubblicato una foto del giornalista insieme al suo avvocato in seguito alla  sua  prima udienza come testimone. Stando agli inquirenti dell’Igpn, l’inchiesta potrebbe durare due o tre mesi.

Potrebbe interessarti anche





[Fonte Wired.it]