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venerdì, Ott 09

In Italia si continua a parlare poco (e male) di Africa



Da Wired.it :

L’emergenza Covid ha allargato gli orizzonti geografici dell’informazione che però continua a disinteressarsi al continente africano. A meno che non si parli di immigrazione

Da qualche tempo, più o meno da quando la peggiore pandemia della storia recente ha sconvolto il mondo, abbiamo una conoscenza di quello che succede all’estero più ampia di quanto eravamo abituati prima. I dati sui contagi, dal Brasile agli Stati Uniti, dalla Cina all’Iran, ci arrivano a braccetto con notizie approfondite sul modo in cui questi stati stanno affrontando l’emergenza sanitaria. Un virus senza confini ha abbattuto anche i confini dell’informazione e le sezioni estere non sono mai state così lette e cliccate come in questi mesi. Siamo tutti sulla stessa barca, alla deriva, e mai come ora ci interessa sapere come se la passano altrove, perché il nostro futuro non dipende solo da quel che avviene sul territorio nazionale, anche oltrefrontiera. In tutto questo, però, c’è una lunga ombra che si allunga su una porzione di pianeta, che in tutti questi mesi è di fatto rimasta fuori dai riflettori mediatici e di cui di conseguenza sappiamo poco o nulla lato pandemia: l’Africa.

A meno che non si siano fatte ricerche apposite, a meno che le proprie fonti di informazione non siano anche giornali stranieri particolarmente attenti alla sezione degli esteri, del modo in cui l’emergenza sanitaria stia colpendo il continente africano si sa davvero poco in Italia. Se prima lo sguardo mediatico era rivolto a est, verso quella Cina dove tutto è cominciato e dove abbiamo imparato a conoscere il significato effettivo della parola lockdown, con il passare delle settimane si è girata la testa verso l’occidente, in particolare Stati Uniti e resto d’Europa, ma anche sud America, a causa della pessima gestione Bolsonaro. Di Africa e virus non si è parlato sui media mainstream e a livello di società civile, tranne che in un’occasione: quando c’è stato da puntare il dito contro i “migranti che portano le malattie”, dal momento che alcune delle persone soccorse in mare hanno cominciato a risultare positive al virus. Si è creato così un doppio bias: l’Africa ha assunto nella dialettica politica e popolare la forma errata di focolaio del virus, senza che però le persone sapessero effettivamente la situazione al di là del Mediterraneo, perché non c’era nessuno a raccontargliela. Una strumentalizzazione di pochi casi per ricavare leggi generali, senza l’interesse a verificare però la tenuta delle stesse attraverso dati e fonti verificati.

In Africa il Covid-19 esiste come altrove, i contagi sono in crescita come altrove, così come i decessi, ma tutto sta avvenendo in maniera molto più rallentata. Come sottolinea l’Oms, se a settembre il tasso di letalità globale era del 3,5% circa, in Africa arrivava al 2,4%. Qui vive il 17% della popolazione globale, eppure sempre a settembre c’erano solo il 4,1% dei casi confermati di contagi e solo il 2,6% dei decessi a livello globale. Notizie apparentemente positive che potrebbero fornire la spiegazione del perché l’Africa sia fuori dai riflettori mediatici in questi mesi. In realtà le situazioni di criticità sono molte e anzi, nelle aree più fragili il Covid-19 si sta portando dietro conseguenze ben più violente che altrove. Ci sarebbero insomma tante storie da raccontare, positive e negative, che restano però nascoste, in una sorta di disinteresse generale verso dinamiche troppo lontane da noi, di cui ci si torna a interessare solo quando poi si proiettano nel nostro cortile di casa.

È un problema che l’Italia si porta dietro da tanto tempo e che non ha nulla a che fare con il virus. In quest’ultimo caso, semmai, appare in modo particolarmente evidente. La ong Amref Italia l’anno scorso ha pubblicato un rapporto intitolato L’Africa MEDIAta, focalizzato sul modo in cui l’Africa viene raccontata sui mezzi di informazione italiani. Le conclusioni sottolineano che nei telegiornali generalisti il continente ha una copertura del 2,4% e tutto gira intorno al tema dell’immigrazione. Sempre nel rapporto si sottolinea come su tv e giornali il racconto dell’attualità africana sia sempre associato a immagini stereotipate, con luoghi inospitali, militari armati, animali selvaggi, volti di donne e bambini in lacrime. Un’informazione che è quindi quasi assente e che quando c’è era meglio che non ci fosse, per il modo errato in cui viene propagata. 

In Italia insomma non si parla di Africa e quando lo si fa nella maggior parte dei casi si sta in realtà parlando di Europa, perché il tema dell’immigrazione finisce per cannibalizzare tutto e il racconto si proietta sul “noi” più che sul “loro”. Una narrazione parziale e distorta, zeppa di stereotipi e di strumentalizzazioni, che non restituisce dignità a quanto avviene al di là del Mediterraneo, positivo o negativo che sia. È uno dei tanti limiti mediatici di casa nostra, che finisce per appiattire un continente intero a pochi cliché e che si rifiuta ancora una volta di dargli voce. Un limite che può apparire insignificante, ma che è in realtà tra le cause principali del ritardo culturale – espresso perlopiù attraverso il linguaggio – che ha l’Italia quando c’è da parlare di Africa.

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[Fonte Wired.it]