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martedì, Lug 23

Infarti, la colpa è di un gene che abbiamo perso 3 milioni di anni fa


Secondo una nuova ricerca siamo maggiormente inclini a soffrire di infarti rispetto ad altri mammiferi a causa della perdita, avvenuta 2-3 milioni di anni fa, di un gene chiamato Cmah

infarti

Le malattie cardiovascolari sono una delle principali cause di morte in tutto il mondo. Basti pensare che un terzo dei decessi globali è dovuto all’aterosclerosi, patologia caratterizzata dall’ostruzione di delle arterie da depositi di grasso, che può portare a infarti. Ma perché per la nostra specie gli infarti sono così tanto diffusi, mentre per altri mammiferi, come le scimmie, sono invece patologie rare? A provare a rispondere a questa domanda sono stati i ricercatori dell’Università della California di San Diego che nel loro studio appena pubblicato su Pnas hanno finalmente scoperto che la causa risiede nella nostra evoluzione.

Sappiamo bene che i principali fattori di rischio per le malattie cardiache negli esseri umani sono età, ipertensione, diabete, obesità, fumo, colesterolo alto, dieta ricca di carne rossa e sedentarietà. Tuttavia, spiegano i ricercatori, nel 15% dei casi di aterosclerosi, nessuno di questi fattori di rischio è il responsabile delle sua insorgenza. Anche gli scimpanzé (in cattività) condividono con la nostra specie alcuni di questi fattori di rischio, come per esempio l’ipertensione, la sedentarietà ed elevati livelli di colesterolo cattivo nel sangue. Ma raramente soffrono di infarti dovuti all’aterosclerosi.

Secondo il nuovo studio, ciò sarebbe dovuto all’inattivazione, per una mutazione genetica avvenuta 2-3 milioni di anni fa nei nostri antenati, di uno specifico gene, il Cmah, responsabile della produzione di uno zucchero chiamato acido N-glicolneuraminico (Neu5Gc). Mentre, precisano i ricercatori, nelle scimmie questo gene è stato mantenuto nel tempo. Per capirlo i ricercatori hanno modificato geneticamente alcuni topi, in modo tale che fossero carenti dello stesso gene. Dalle analisi successive, il team ha scoperto che questi animali mostravano il doppio delle probabilità di soffrire di aterosclerosi, rispetto al gruppo di topi il cui dna non era stato modificato.

“L’aumento del rischio sembra essere guidato da molti fattori, tra cui i globuli bianchi iperattivi e una maggior tendenza a soffrire di diabete nei topi sprovvisti di questo gene”, ha spiegato l’autore dello studio, Ajit Varki. “Questo dato ci può aiutare a capire perché molte persone, pure essendo vegetariane e senza altri fattori di rischio cardiovascolari sono ancora molto propense a sviluppare infarti e ictus”.

Anche se non possediamo questo gene, raccontano i ricercatori, possiamo assumere l’Neu5Gc attraverso il consumo di carne rossa. Consumarla regolarmente come sottoprodotto della carne fa sì, tuttavia, che il corpo umano reagisca con una risposta immunitaria e con un’infiammazione cronica. Infatti, quando i topi modificati geneticamente sono stati alimentati con una dieta simile, cioè ricca di grassi e di Neu5Gc, ciò ha portato questi animali a un ulteriore aumento di oltre il doppio del rischio di sviluppare l’aterosclerosi. “La perdita evolutiva nelle persone di Cmah probabilmente contribuisce alla predisposizione all’aterosclerosi sia da fattori intrinseci che estrinseci [dietetici]”, concludono i ricercatori.

Infine, studi precedenti dello stesso team di ricercatori hanno dimostrato che una dieta ricca di Neu5Gc aumenta il rischio di infiammazioni croniche e di insorgenza di cancro nei topi carenti del gene Cmah, suggerendo che la molecola di zucchero non umana, ma abbondante nella carne rossa, potrebbe almeno in parte spiegare il legame tra un eccessivo consumo di carne rossa e alcuni tipi di neoplasie.

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