La Cina ha migliorato notevolmente la sua qualità dell’aria? La risposta è sì. Negli ultimi anni il livello di inquinamento in Cina, in particolare da polveri sottili, è diminuito più rapidamente che in qualsiasi altro paese. Stando ai dati diffusi dall’Università di Chicago in media nel 2024 il livello di PM2,5 nelle città cinesi era inferiore del 36% rispetto a dieci anni prima. Andando a vedere la situazione di vent’anni fa il miglioramento è ancora più evidente: nel 2004 la Cina era il terzo paese più inquinato al mondo. Oggi non è nemmeno tra i primi dieci. Ma questi dati, che oggi stanno girando molto in forma semplificata sui social e sui media generalisti, vanno messi in prospettiva e letti nel dettaglio.
Il miglioramento della qualità dell’aria in Cina si deve soprattutto al piano nazionale varato nel 2013, che ha fissato obiettivi ambiziosi di riduzione del PM2,5 per le città che si trovano nell’est del paese. Quelle concentrate nell’area tra Pechino, Tianjin e la provincia di Hebei come nei delta dello Yangtze e del Fiume delle Perle. Nel 2018 poi è arrivato un secondo piano nazionale, simile al primo, che oltre all’area di Pechino e di Hebei ha messo dei tetti massimi di inquinamento per la pianura di Fenwei, nota per le sue grandi riserve di carbone. Nelle città di questa zona il governo ha imposto che milioni di case non fossero più riscaldate col carbone, ma col gas naturale. Almeno in parte, quindi, le minori emissioni in atmosfera nell’est della Cina sono dovute a un cambio di strategia industriale. Nell’ovest e nel sud del paese, però, è successo qualcosa di diverso.
Lo spostamento verso ovest delle polveri
In due macro-aree l’inquinamento in Cina, invece, è peggiorato. Se consideriamo i dati del primo trimestre del 2025 rispetto al 2024 in quasi tutte le regioni della Cina del sud e dell’ovest i dati sono in peggioramento. I livelli di PM2,5 nella regione del Guangxi, nello Yunnan e nello Xinjiang sono più alti rispettivamente del 32%, al 14% e all’8%. Il che non vuol dire che il miglioramento a livello nazionale non ci sia stato: c’è stato e rispetto a 12 mesi fa la diminuzione media del PM2,5 è stata del 5%. I dati ci dicono semmai che il miglioramento riguarda soprattutto la parte costiera della Cina, quella più nota, industrializzata, popolata ed economicamente vivace. Non a caso i titoli di alcuni report parlano esplicitamente di “spostamento a ovest” dell’inquinamento cinese.
Lo Xinjiang, che si trova appunto a ovest, oggi è di gran lunga la provincia cinese col peggior livello di inquinamento atmosferico. Con un livello medio di 70 microgrammi per metro cubo (µg/m³), ha superato l’Henan che deteneva il record negativo fino all’anno scorso. Oggi il livello di PM2.5 nello Xinjiang è esattamente doppio rispetto alla media nazionale di 35 µg/m³ e ben 14 volte superiore allo standard consigliato dall’Oms.
A cosa è dovuto il miglioramento dell’aria a est?
Quando si guarda agli andamenti dell’inquinamento atmosferico è sempre il caso di considerare cause diverse. Hanno una grande importanza i dati demografici, l’industrializzazione, il tipo di trasporti, la conformazione geografica del territorio e anche gli andamenti metereologici. La Pianura Padana, per esempio, è tra le aree con l’aria più inquinate in Europa non soltanto per la densità abitativa e le industrie, ma anche perché le Alpi e la scarsità ventilazione impediscono la dispersione degli inquinanti. In Cina, però, questi cambiamenti nella distribuzione dell’inquinamento atmosferico sono dipesi soprattutto dallo spostamento dell’industria pesante. E solo in minima parte a fattori meteorologici o di altra natura.



