Torniamo all’insider trading. Trump ha sospeso i dazi per 90 giorni a quasi tutti i paesi tranne la Cina, e lo ha fatto poche ore dopo la caduta a picco delle borse. Molti sostengono che sia stato (finalmente) consigliato dai collaboratori, preoccupati dalle conseguenze sui mercati e sul debito pubblico americano; vanno aggiunte le pressioni della finanza, con i big di Wall Street – da cui, in ultima analisi, dipendono servizi essenziali in un paese dove l’assistenza sanitaria è un lusso – che hanno bocciato la manovra. Sta di fatto che un uomo solo ha potuto, nel giro di poche ore, provocare sia il crollo sia la risalita degli indici azionari globali. E allora la domanda è: ha davvero deciso da solo? Chi sapeva? E che vantaggi ne ha tratto?
Troppo potere
Domandarselo non è mero esercizio di stile. E si intreccia con il potere che la Costituzione americana assegna al presidente. Che governa sì assieme al Congresso; ma gode di prerogative da dominus assoluto tramite lo strumento degli ordini esecutivi (executive orders), che gli assegnano poteri simili a quelli di un dictator romano. La Costituzione americana è stata spesso incensata per i pesi e contrappesi che pone a chi comanda: ma nessuno, prima di Trump, ne aveva mai forzato l’impianto fino a questo punto.
I democratici statunitensi sono insorti. Chi avesse saputo che i dazi sarebbero stati sospesi (e avesse davvero comprato) avrebbe potuto acquistare a prezzi di saldo, accusano. In quest’ottica, il post di Trump che invitava a comprare potrebbe anche essere stato il tentativo (maldestro) di rispedire al mittente l’accusa, sostenendo: l’ho detto al mondo, non solo ai miei amici. Si tratterebbe di una difesa da azzeccagarbugli. Ma potrebbe bastare a salvare un uomo che, sempre di più, si sta dimostrando al di sopra della legge, come in occasione dell’incitamento alla rivolta del 6 gennaio 2021, praticamente senza conseguenze
Quella che era una “democrazia da esportazione”, refrain che andava di moda a inizio millennio e ha giustificato guerre in mezzo mondo, si sta rivelando la brutta copia di un’autocrazia, dove gli amici del cerchio magico dispongono a piacimento della stanza dei bottoni dell’economia (e, in ultima analisi, della capacità di condizionamento) più forti del mondo. Non si può negare che Trump sia stato il primo a parlare pubblicamente delle pratiche commerciali cinesi, predatorie: come spiegava nel suo libro e a questo giornale la giornalista Rana Foroohar, Pechino è entrata nell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) senza rispettarne le regole, sconquassando l’ordine occidentale.
E non si può negare, parimenti, che l’ordine internazionale seguito al secondo conflitto mondiale sia ormai inadeguato, con una globalizzazione che ha favorito i ricchi lasciando indietro poveri e territori. Ma il modo di procedere del presidente americano sta facendo scricchiolare un edificio fragile, l’unico riparo che il mondo ha trovato, finora, da una pericolosa anarchia rafforzata dalle bombe atomiche. E a Washington nessuno pare avere idea di come fermarlo – anche perché provarsi potrebbe significare innescare un’insurrezione -. Abbiamo già un precedente, Capitol Hill. E, a differenza di quattro anni fa, questa volta, al timone della nave c’è proprio lui. God bless America.