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martedì, Lug 09

Integratori e multivitaminici non aiutano a prevenire l’infarto (a parte forse gli omega 3)


Lo mostra un’analisi statistica di numerosi studi sul legame fra assunzione di integratori, prevenzione delle malattie cardiovascolari e riduzione della mortalità per tutte le cause. Solo omega 3, riduzione del sale e in alcuni casi l’acido folico potrebbero portare vantaggi

integratori

La maggior parte dei supplementi alimentari, fra cui vitamine, calcio e ferro, non apporterebbero vantaggi per la salute cardiovascolare e per ridurre la mortalità dovuta a tutte le cause. A mostrarlo, oggi, è uno studio, coordinato dall’università della Virginia occidentale, che ha svolto una meta-analisi, ovvero un’indagine statistica strutturata a partire dai dati di numerosi studi già pubblicati sul tema. E che nuovamente riapre un argomento caldo, ampiamente dibattuto dai ricercatori, con risultati a volte contrastanti. L’idea è che non sempre e non tutte queste sostanze siano di supporto per il cuore e per il suo benessere.

I risultati sono pubblicati sugli Annals of Internal Medicine, la rivista ufficiale dell’American College of Physicians.

Il boom degli integratori

Il tema è molto sentito negli Usa, dove il consumo di supplementi e integratori è molto vasto – più della metà della popolazione li assume regolarmente e in ampie quantità, secondo dati recenti riportati dal New York Times. Ma l’Italia potrebbe non essere da meno, quando si parla di integratori: nel 2018 circa il 65% degli italiani (circa 32 milioni di persone), secondo i dati di FederSalus, ha assunto almeno un integratore alimentare.

Lo studio

In questo caso lo studio si è concentrato sulla supplementazione alimentare, ovvero l’assunzione di integratori, come vitamine e minerali, che supportano l’organismo nello svolgimento del suo lavoro e per colmare carenze nutrizionali (in questo caso si parla più propriamente di integrazione, ma i concetti sono molto vicini). Gli autori hanno analizzato i dati di quasi 300 studi clinici randomizzati, con più di un milione di volontari che hanno assunto una supplementazione con 16 diversi integratori e 8 piani dietetici.

Più omega 3 e meno sale

In base ai risultati, soltanto i noti acidi grassi essenziali omega 3 hanno ridotto il rischio di infarto e di malattia coronarica – il restringimento o l’occlusione delle arterie coronarie. Gli omega 3 si trovano soprattutto nel pesce, negli oli vegetali, nei crostacei e nelle noci. Ma in precedenza uno studio aveva mostrato che non erano efficaci per questo, dunque la discussione è ancora aperta. Un altro strumento dietetico efficace contro la mortalità per tutte le cause, però nei pazienti con la pressione sanguigna nella norma, è la riduzione del sale. Questo intervento rappresenta un’arma importante secondo l’Oms per salvare milioni di persone da malattie cardiache e ictus. Stando allo studio, poi, anche l’acido folico è stato efficace ma soltanto contro il rischio di ictus.

Gli altri integratori non aiutano il cuore

Ma sempre secondo questa ricerca, gli altri supplementi non sono stati così benefici. Una supplementazione con calcio insieme a vitamina D, infatti, ha addirittura alzato – sempre a livello statistico – il rischio di ictus. Mentre i multivitaminici, nonché il selenio, la vitamina A, la B6, C, E, calcio, acido folico e ferro assunti da soli non sembrano aver avuto effetti significativi in termini di riduzione della mortalità in generale e per la prevenzione di problemi cardiovascolari. Lo stesso vale per interventi sull’alimentazione come la dieta mediterranea, che però secondo molti studi è salutare e protegge da malattie croniche e tumori – la riduzione dei grassi saturi o dei grassi in generale e la supplementazione con olio di pesce.

L’interpretazione

Insomma, secondo questa meta-analisi la maggior parte degli integratori non è così efficace, almeno per il cuore. Lo studio ha comunque delle limitazioni, come sottolineano gli stessi autori, ad esempio il fatto che si basa sui diari alimentari redatti dai partecipanti, che dunque potrebbero essere non del tutto precisi e affidabili. Inoltre, bisogna anche considerare che paesi diversi hanno abitudini alimentari differenti. Per esempio, il risultato a favore dell’acido folico contro il rischio di ictus potrebbe essere stato influenzato dai dati di uno studio condotto in Cina, dove l’acido folico non viene assunto nell’alimentazione.

In conclusione gli autori sottolineano che per ora è ragionevole non inserire nelle raccomandazioni e nelle linee guida una supplementazione alimentare o modificazioni della dieta come strumenti che hanno lo scopo di prevenire malattie cardiovascolari.

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