Esiste ancora un gap evidente tra la popolazione italiana e la comprensione dell’Intelligenza artificiale, anche rispetto ad altri Paesi nel mondo. A certificarlo il report FragilItalia “Intelligenza artificiale e ruolo della tecnologia”, realizzato da Area Studi Legacoop e da Ipsos nell’ambito di un’indagine a campione effettuata su oltre 23mila persone di età inferiore ai 75 anni e provenienti da 30 paesi dei cinque continenti.
La classifica
Ai primi tre posti della classifica si trovano l’Indonesia (il 91% delle persone consultate hanno detto di avere una buona comprensione di cosa sia l’intelligenza artificiale), Thailandia (79%) e Sud Africa (77%), mentre se si resta nell’ambito della Ue ecco la Spagna è al 66%, mentre Germania e Francia sono entrambe con il 59 per cento. Nella classifica dei trenta paesi, l’Italia è quindicesima; la Spagna è decima; Germania e Francia sono tredicesime. Il Regno Unito con il 64% è dodicesimo.
Alcuni dati emersi dall’indagine
In particolare, l’indagine ha permesso di evidenziare che un italiano su due afferma di avere una buona comprensione dell’Intelligenza artificiale ma con un evidente divario culturale e informativo rispetto al resto del globo. Nell’ambito dell’Intelligenza artificiale e della comprensione effettiva della stessa l’Italia risulta infatti al penultimo posto (seguita dal Giappone, col 41%) e con 17 punti percentuali in meno rispetto alla media globale (67%). Per il nostro Paese va meglio, in termini relativi, per quanto riguarda invece la conoscenza di prodotti e servizi che utilizzano l’intelligenza artificiale, favorevole per il 46% degli italiani, in questo specifico aspetto finiti a metà classifica, con una differenza di soli 6 punti rispetto alla media (52%). E, inoltre, per la convinzione che questi prodotti e servizi presentino più vantaggi che svantaggi, espressa dal 53% degli italiani, con soli tre punti di differenza dalla media globale (56%).
Una “rivoluzione silenziosa ma vorticosa”
“La IA è rivoluzione silenziosa ma vorticosa. Non basta il solo mercato, serve regolazione pubblica. Stiamo investendo sulla formazione di competenze adeguate e per favorire il trasferimento dell’innovazione alle imprese”. A dirlo è stato Simone Gamberini, presidente di Legacoop. Ma se l’IA resta un terreno ancora da esplorare, negli ultimi cinque anni il cambiamento più evidente in ambito tecnologico ha riguardato il modo di informarsi degli italiani, indicato dal 90% degli intervistati. Seguono, per impatto percepito, la quotidianità pratica (72%), il modo di viaggiare (66%), le relazioni con gli amici (64%) ed il modo di lavorare (59%, ma il 75% tra gli under 30 e il 71% tra i laureati). Più limitato, invece, l’effetto su relazioni familiari e vita sentimentale. Tra le preoccupazioni invece, è stato registrato l’aumento della dipendenza dalla tecnologia (40%, ma 50% al Centro Italia), la compromissione della privacy (33%; 40% tra le donne e al Nord Est), le radicali trasformazioni del modo di lavorare (30%), la perdita di posti di lavoro e l’aumento dei disoccupati (23% ma 34% nel ceto popolare), oltre che la concentrazione del potere nelle mani di pochi e ricchi (22%).

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