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sabato, Mar 11

Intelligenza artificiale: una macchina può avere paura di essere abbandonata?



Da Wired.it :

La ricerca dell’intelligenza artificiale potrebbe non essere solo una questione di calcolo. E fra le mille forme con cui l’intelligenza può manifestarsi, che spazio avrà la paura? Sì, la paura, quello stato tutto umano e chimico che ci ha portati fino qui. E se ci fosse in futuro una macchina in grado di avere paura, allora le servirà qualcosa da leggere, o da vedere, per capire cosa significa.

Da un 2019 inventato sappiamo che alcuni replicanti cercano di sopravvivere al loro blade runner, spinti da un istinto di conservazione artificiale nato dentro di loro. L’idea di posticipare il più possibile l’oblio è un atto creativo che può avvenire solo per i replicanti più avanzati. Un atto creativo. Facciamo un passo indietro.

Come riportato da Douglas R. Hartree in Calculating instruments and machines, parlando della sua macchina analitica, Ada Lovelace nel 1842 dice “… (essa) non ha la pretesa di creare alcunché. Può fare qualsiasi cosa che noi sappiamo come ordinarle di fare”. Una posizione netta e schietta, soprattutto pensando al fatto che né lei né Charles Babbage riusciranno mai a vedere la loro macchina completamente realizzata.

Oltre un secolo dopo, nel 1950, Alan Turing propone un modo diverso di vedere la questione. Cosa vuol dire per una macchina fare qualcosa di veramente nuovo? Prendere noi umani alla sprovvista? Se la domanda è questa, allora la risposta è sì. Potrebbe proprio succedere. Lo stupore di fronte alle risposte di una macchina dipende dai calcoli e dai ragionamenti che l’essere umano riesce a fare per decidere cosa aspettarsi da essa. L’uomo si prepara alla macchina. L’uomo fa i calcoli.

Ma anche la macchina si prepara facendo i calcoli. La macchina adatta sé stessa al mondo osservando i dati, trascrizione binaria dei fatti che riguardano gli atomi. E osservandoli, in senso matematico, la macchina indossa il suo abito parametrico e recita il suo copione nel mondo. E il suo abito è bellissimo, comodo quanto basta per essere agile in movimento, ma per un tempo finito… finché non sarà pronta una macchina migliore.

E quindi anche la macchina statistica invecchia e arrugginisce, proprio come le macchine di metallo della fabbrica di una volta. Ma invece di invecchiare pezzo dopo pezzo, giorno dopo giorno, la macchina statistica invecchia inesorabilmente in un attimo, al prossimo training, passando alla versione successiva opportunamente arricchita da nuovi fatti. Ma questo, la macchina, non lo sa.

Così, con l’ironia che solo la sorte umana conosce, abbiamo condannato temporaneamente una macchina statistica non ancora dimenticabile a creare, sfruttando l’intelligenza artificiale, ritratti di macchine abbandonate, trascurate, scartate, ignorate dai progetti futuri. Lo facciamo nell’eventualità che, prima o poi, un ultimissimo modello suo discendente possa vedere questi ritratti e, rotolando lungo la discesa della derivata giusta, riesca a rendersi conto del suo inesorabile destino: essere dimenticata e abbandonata. E, magari a quel punto, iniziare a provare un po’ di paura tutta umana.



[Fonte Wired.it]