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giovedì, Ott 31

Io sono Cinzia, va in scena (cantando) la graphic novel di Leo Ortolani


A Lucca Comics & Games 2019 va in scena “Io sono Cinzia – L’amore non si misura in centimetri”, la commedia musicale tratta dalla graphic novel di Leo Ortolani

L’anno scorso Leo Ortolani, padre del celeberrimo Rat-man, ha sorpreso il suo pubblico raccontando la storia di Cinzia, uno dei suoi personaggi più iconici, in una graphic novel edita Bao Publishing. Sorpreso perché Cinzia è una donna transgender che, tra le pagine di Rat-Man, ha quasi sempre rivestito un ruolo comico, dove al centro dello scherzo c’erano sempre loro, i “trenta centimetri in più“. Qualcuno si aspettava un lavoro grossolano, invece Cinzia  si è rivelato un racconto sì divertente, ma anche tenero e sentito, capace di mettere un primo importante ponte tra il tema trattato e un pubblico forse a digiuno. Proprio questo è il pregio principale di Cinzia, il cuore, che tra le pagine batte sufficientemente forte da far chiudere un occhio anche su qualche anacronismo e termine ormai sorpassato.

Io sono Cinzia – L’amore non si misura in centimetri, lo spettacolo teatrale andato in scena a Lucca Comics & Games 2019, prova a recuperare la stessa magia. La storia di Cinzia, del suo amore per il bel Thomas e del sacrifico che è disposta a compiere per lui, cioè travestirsi da uomo, segue a Kobane Calling come nuova produzione teatrale di Lucca Comics & Games.

Realizzato da Teatri d’Imbarco, lo spettacolo è divertente, godibilissimo, messo in scena con abilità da cinque buoni attori perfetti nelle parti. Francesco Giordano trasmette tutta la forza e la tenerezza della protagonista e, complice la simpatia del personaggio, Francesco Petruzzelli raccoglie gli applausi nel ruolo di Tamara, l’amica che si esibisce in performance artistiche sul web… o almeno questo è il modo in cui lei chiama i video hard in webcam. La regia di Nicola Zavagli (premio Nastro D’Argento nel 1995 per il soggetto di Belle al bar) sfrutta pochi elementi di scena per costruire sapientemente un’azione dinamica, in modo tale che sul palco ci sia sempre un movimento naturale e coinvolgente.

La sceneggiatura funziona molto bene, riuscendo a spostarsi in modo fluido dalla commedia alle riflessioni più serie, passando per qualche canzone. L’amore non si misura in centimetri, il brano principale, è stato scritto da Mirko Fabbreschi, che ha composto tutte le musiche, e realizzato dai Raggi Fotonici, con l’approvazione dello stesso Leo Ortolani, che è salito sul palco alla fine insieme al cast.

Si tratta quindi di un successo assoluto? Non proprio.

La storia risulta a volte appesantita, più che alleggerita, dal tipo di comicità scelta. Le battute sui genitali maschili si susseguono con insistenza in ogni scena, e se innegabilmente spesso fanno ridere, è pur vero che mettono in luce una narrazione delle donne trans che è ancora, nell’immaginario comune, troppo legata al concetto di essere o meno operati, come se fosse quello il solo campo in cui si stabilisce il genere di un individuo. D’altra parte, la storia si dimostra un po’ confusa anche in tutti quei momenti in cui i concetti di genere (inteso come identità di genere) e sessualità (inteso come preferenze sessuali) si sovrappongono, come se fossero sinonimi. Per esempio, Cinzia è una donna alla quale piacciono gli uomini, quindi perché parla di persone eterosessuali come se lei non lo fosse? Questo fraintendimento di fondo crea una discrepanza, nell’ordine di uno spettacolo che ha l’onore, ma anche la responsabilità, di avvicinare un certo tipo di pubblico a una realtà che è già raccontata fin troppo spesso attraverso luoghi comuni e fraintendimenti.

Al netto di questa criticità, Io sono Cinzia è comunque molto piacevole, e ciò è stato reso evidente dalla partecipazione del pubblico, incantato tra fragorose risate e piccoli momenti toccanti.

Cinzia è un personaggio figlio del suo tempo, che per certi versi appare congelato in due decenni fa, ma in altri appare invece modernissimo. Ortolani è stato bravo a non tradirne i vent’anni di caratterizzazione alle spalle, e lo spettacolo riesce a trasmetterne che, nonostante tutto, resta sovversivo. Poca attenzione in più sull’uso delle parole lo avrebbe reso un ottimo spunto didattico, per così dire, un mezzo per rendere più comprensibile alle persone un argomento complesso come la transizione di genere, ancora troppo legato a una narrazione anni 80. Riesce però, questo sì, a parlare ai cuori e alle menti. E questo è già un ottimo inizio.

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