L’Iran è stato ufficialmente accusato di sviluppare armi nucleari. Gli ispettori internazionali dell’Agenzia per l’energia atomica delle Nazioni Unite (Iaea) hanno votato giovedì 12 giugno per dichiarare che la Repubblica islamica sta violando gli accordi mondiali contro la proliferazione di bombe atomiche. È la prima volta in vent’anni che l’Iran viene formalmente accusato di non rispettare i trattati internazionali sul nucleare. La risoluzione approvata dal Consiglio dei Governatori è stata sostenuta con 19 voti sui 35 paesi membri, mentre Russia, Cina e Burkina Faso hanno votato contro e 11 paesi si sono astenuti.
La decisione è arrivata dopo che gli ispettori hanno trovato prove scientifiche definitive di un programma nucleare militare segreto che l’Iran aveva condotto fino ai primi anni Duemila prima di interromperlo. Oggi però l’Iran ha accumulato abbastanza uranio arricchito da poter rapidamente fabbricare dieci bombe atomiche se decidesse di riprendere il programma militare. Il documento, sostenuto dalle quattro potenze occidentali che avevano negoziato l’accordo nucleare del 2015 – Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania – potrebbe portare al ripristino delle sanzioni internazionali multilaterali.
Come l’Iran è arrivato a un passo dalla bomba atomica
I sospetti dell’Onu nei confronti dell’Iran risalgono in realtà al 2002 quando gruppi di opposizione iraniani rivelarono l’esistenza di impianti nucleari segreti mai dichiarati alle autorità internazionali. L’Iaea e le agenzie americane sospettavano che l’Iran avesse un programma di armi nucleari parallelo a quello civile, interrotto presumibilmente nel 2003. L’Iran ha sempre negato categoricamente di aver mai lavorato su armi atomiche. Ma le prove scientifiche pubblicate dall’agenzia il 31 maggio confermano invece i sospetti: l’Iaea ha trovato particelle di uranio artificiali in tre siti – Lavisan-Shian a Teheran, Varamin e Turquzabad – che secondo il documento ufficiale “facevano parte di un programma nucleare strutturato non dichiarato“. Inoltre, hanno fatto sapere che nel sito di Lavisan-Shian, un disco di uranio fu utilizzato nel 2003 per esperimenti progettati per innescare l’esplosione di un’arma nucleare. La risoluzione di giovedì accusa inoltre l’Iran di impedire dal 2019 agli ispettori dell’Iaea di verificare l’avanzamento del suo programma atomico e di non dichiarare alcuni siti dove avvengono le attività di arricchimento dell’uranio.
Il comportamento dell’Iran di oggi è il frutto del progressivo fallimento della diplomazia internazionale negli ultimi anni. Nel 2015, la firma del Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA) tra l’Iran e sei potenze mondiali – Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Russia e Cina – sembrava aver aperto una fase di stabilizzazione. L’accordo imponeva vincoli stringenti: Teheran poteva arricchire uranio solo fino al 3,67% e conservarne al massimo 300 chilogrammi, soglie compatibili con un uso esclusivamente civile del materiale. In cambio, le sanzioni economiche imposte per frenare le ambizioni nucleari del paese sarebbero state progressivamente revocate.
L’intesa del 2015 regge per tre anni: Teheran riduce del 98% le sue scorte di uranio arricchito e rispetta i limiti imposti, limitandosi a un arricchimento massimo del 3,67%, compatibile con un uso civile. Ma nel maggio 2018, l’allora presidente statunitense Donald Trump ritira unilateralmente gli Stati Uniti dall’accordo e reintroduce sanzioni economiche che colpiscono duramente l’Iran. In risposta, Teheran inizia a violare progressivamente i vincoli dell’intesa, con l’obiettivo di aumentare la pressione su Washington e ottenere la rimozione delle sanzioni. Da allora, le scorte di uranio arricchito iraniane sono cresciute ben oltre i limiti originari: oggi, secondo l’Institute for Science and International Security, l’Iran possiede oltre 400 chilogrammi di uranio arricchito al 60%, un livello privo di giustificazioni civili. Per confronto, l’arricchimento tra il 3% e il 5% è quello normalmente usato nei reattori civili, mentre per la fabbricazione di un’arma nucleare serve un livello del 90%. Nonostante l’escalation, ad aprile 2025 i colloqui tra Stati Uniti e Iran sono ripresi, dopo anni di stallo. I negoziati vanno avanti da circa un mese e mezzo, ma finora senza risultati concreti. Un nuovo ciclo è previsto per questo fine settimana in Oman.