Tra gli elementi più vulnerabili ci sono le strutture funerarie, come i moai, e le opere d’arte rupestre. Negli scenari presi in esame dallo studio tuttavia le strutture abitative non vengono coinvolte dalle possibili inondazioni, un aspetto che distingue l’Isola di Pasqua dal caso di Tuvalu, la nazione insulare che si sta preparando alla prima migrazione programmata causata dai cambiamenti climatici.
Farsi trovare pronti
“Da un punto di vista scientifico, purtroppo questi risultati non sono sorprendenti – ha dichiarato Paoa in un comunicato diffuso dalla sua università –. Sappiamo che l’innalzamento del livello del mare rappresenta una minaccia per le coste di tutto il mondo. La domanda cruciale non era se il sito sarebbe stato colpito, ma quando e quanto gravemente”.
“La scoperta che le onde potrebbero raggiungere Ahu Tongariki entro il 2080 fornisce i dati specifici e urgenti necessari per stimolare la discussione e la pianificazione della comunità per il futuro“, ha aggiunto il dottorando.
La ricerca non propone un piano per salvare le statue, ma delinea alcune linee d’azione che potrebbero funzionare come misure di mitigazione. Tra queste, la possibilità di erigere difese costiere come frangiflutti, il ripristino di ecosistemi capaci di ridurre naturalmente l’energia delle onde oppure il trasferimento dei monumenti.
Nel 2024, la Nasa ha previsto che il livello del mare nelle isole dell’Oceano Pacifico aumenterà in modo irreversibile di almeno 15 centimetri nell’arco dei prossimi tre decenni, anche riducendo le emissioni di gas serra.
Questo articolo è apparso originariamente su Wired en español.
