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venerdì, Set 13

il riscaldamento globale mette a rischio il Pil


L’Italia tra i Paesi più fragili in Europa per gli effetti del cambiamento climatico, ma cambiano le abitudini di consumo delle famiglie con più attenzione alla sostenibilità

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(crediti: Blend Images/Corbis)

Il riscaldamento globale può avere un impatto negativo sull’economia italiana. Uno degli effetti dell’aumento delle temperature, forse non il più noto o tangibile, investe la sfera economica. La questione è presto spiegata: tre gradi in più del termometro – previsti entro la fine del secolo – porteranno a una perdita media di 23 punti percentuali del Pil pro capite, a livello mondiale. A venire favoriti, secondo una ricerca della Stanford university, saranno i Paesi a nord del mondo. Con la variazione della temperatura si stima che il Pil tedesco segnerà un +67%, quello del Regno Unito +42%, quello francese il +10%. Sfavoriti invece i Paesi del sud, tra cui l’Italia con un -26% e la Spagna a -47%.

Scenario apocalittico? Forse. Ma iniziare a interpretare quello che già stiamo vivendo è utile per fotografare la situazione: il Rapporto Coop 2019 illustra come negli ultimi 15 anni in Italia siano spariti un albero da frutto su tre. In Sicilia e Calabria 500 ettari sono già oggi destinati alla coltivazione della frutta esotica. Le temperature calde hanno fatto aumentare la concentrazione di mercurio nei pesci.

(crediti: Rapporto Coop 2019)

13 gradi

La relazione tra quanto sta succedendo a livello ambientale e l’economia si traduce in un numero: 13. Come la temperatura in gradi a cui si ottiene il picco di efficacia economica. E quindi dove si concentra la maggiore ricchezza”, precisa Albino Russo, direttore generale di Ancc-Coop. In un ambiente a 13 gradi le aziende dispiegano al meglio le proprie potenzialità. “Per questo saremo tra quelli che pagheranno di più il riscaldamento climatico. Stimiamo di essere tra i 5 Paesi più vulnerabili d’Europa se tutto si sposta a nord”, prosegue Russo.

In questo scenario apocalittico, studi evidenziano che ci sono nazioni che, paradossalmente, potrebbe trarne qualche vantaggio competitivo a livello economico. Russia, Cina e Canada sono quelle che potrebbero fruire di nuove risorse dal drammatico e inarrestabile  scioglimento dei ghiacciai. Perché, spiega uno studio di Cesl, meno ghiaccio al nord aprirebbe un corridoio artico che ridurrebbe i tempi di percorrenza tra i principali porti dell’Oriente e dell’Occidente del 30-50%. Senza contare che nell’Artico si trova il 30% delle riserve di gas naturale globale e il valore dei barili di petrolio liberabili dallo scioglimento dei ghiacciai si avvicina a 80 miliardi (fonte: The Royal institute of International affairs).

(crediti: Rapporto Coop 2019)

Il prezzo è salatissimo. Il conto, ovviamente, ricadrebbe sulle spalle di tutti, con drammatiche conseguenze ambientali e sociali. Ma soprattutto sui Paesi in via di sviluppo, Africa in primis, dove 143 milioni di profughi ambientali entro il 2050 si dirigeranno verso nord. Lato risorse, più caldo significa prezzi maggiori del +120% per il frumento e del +180% per il riso, a fronte di un minor raccolto (-25%).

Gli italiani per la sostenibilità

Ormai sempre più persone iniziano a introiettare abitudini di consumo responsabili. Il Rapporto Coop, che monitora annualmente lo stile di vita degli italiani, nell’ultima edizione 2019 ha insistito lungamente su questo punto. Come conseguenza agli allarmi globali sul clima – i Fridays for future, gli incendi in Amazzonia e Siberia tra gli ultimi – sono in molti a optare per scelte sostenibili, laddove hanno i margini per farlo. Il 2018 è infatti stato “l’anno del dietrofront dei consumi. Al netto dell’inflazione, la spesa è diminuita per la prima volta dal 2013”, prosegue Russo. In termini reali la spesa media delle famiglie è scesa del -0,9%.

Nonostante questo, il 55% sogna un’abitazione ecologica, il 13% compra meno vestiti ma più sostenibili, le auto elettriche registrano un +148% e le ibride +30%, mentre 1 donna su 4 si rivolge alla cosmesi green. L’88% degli italiani fa la raccolta differenziata in modo meticoloso, il 77% usa elettrodomestici a basso consumo.

E poi c’è il cibo. Il bio prosegue la sua corsa (+4,6%) insieme all’italianità (+4,8%): il 78% dei consumatori è rassicurato dall’origine 100% italiana e la sceglie. Il 68% è favorevole a far pagare un supplemento per i prodotti in plastica monouso, così da disincentivarne l’acquisto. “La plastica inquina il cibo – dice Russo – il Wwf ha spiegato come ognuno di noi mangia involontariamente ogni settimana con gli alimenti 5 grammi di microplastica, ovvero il peso di una carta di credito”.

(crediti: Rapporto Coop 2019)

Gli italiani saranno interessati al cibo, ma abbandonano progressivamente i fornelli, in favore della ristorazione extradomestica, che nel 2018 è arrivata a valere 83 miliardi. “In casa preferiamo l’instant food, veloce e pronto (+9,3%), oppure il fresco. È anche boom di food delivery, utilizzato ormai da un italiano su quattro. Altro fenomeno ravvisabile – conclude Russo – è il ritorno della carne, soprattutto bianca, dopo anni di riduzione. Quest’anno le vendite sono aumentate del +3,5%. Molti italiani attenti alla dieta valutano un apporto proteico maggiore e la acquistano”.

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