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giovedì, Feb 17

ItsArt, la Netflix della cultura italiana, ha le idee poco chiare



Da Wired.it :

Prima di lui, nella fase di avvio, al timore c’era Giano Biagini, direttore generale di Chili, tornato al suo ruolo nella piattaforma che aveva d’altronde contribuito a co-fondare nel 2012 insieme, fra gli altri, a Stefano Parisi e a Giorgio Tacchia che è invece il presidente di ItsArt, nominato a ottobre in sostituzione di Antonio Garelli e lui, almeno, rimasto al suo posto (l’indirizzo, d’altronde, è lo stesso).

Numeri e dati

Di numeri su ItsArt, a dire la verità, ne circolano pochi. I più aggiornati, circolati proprio in occasione del lancio europeo al Colosseo, raccontano di oltre 100mila utenti registrati, con una discreta attenzione – c’è da fidarsi – riscontrata anche nel Regno Unito. Ma le registrazioni a una piattaforma in gran parte pay per view (dove sono però anche disponibili, come detto, contenuti gratuiti con o senza pubblicità) dicono poco dell’effettivo successo di un progetto. 

Se nel corso dei primi giorni dall’esordio qualcuno parlava di un “reskin di Chili”, a scorrere oggi il catalogo c’è da riconoscere un certo sforzo nell’arricchimento e nell’innalzamento del livello, specialmente sul fronte concertistico, dei documentari e dei progetti con i musei. A un pubblico clamorosamente smaliziato e abituato all’imbarazzo della scelta come quello attuale rimane inevitabilmente  la sensazione di trovarsi di fronte a un catalogo in fondo modesto nelle dimensioni (un migliaio di titoli), con prezzi in molti casi fuori mercato e con numerose sovrapposizioni con altre piattaforme gratuite come Rai Play.

Altre cifre erano state riportate dal Fatto Quotidiano e si riferivano ai primi sei mesi di attività, dunque da giugno a novembre: più di 1.960.000 sessioni in piattaforma, quasi 5,4 milioni di pagine visualizzate, più di 150mila utenti registrati e oltre 115mila ore di visione. Nulla sugli acquisti, sui costi, dunque sulla redditività. La “Chili della cultura italiana”, come l’avevamo appropriatamente ribattezzata per avvicinarla a ciò che effettivamente incarna, ha dunque ancora molta strada da fare. 

Nel continuo avvicendamento del management, restano appese moltissime domande. Fra queste, ancora non si capisce chi ci metterà la benzina per percorrere la strada che la renda come minimo una piattaforma conosciuta dagli italiani e con una library davvero importante. Poi quale siano il modello e l’offerta con cui vuole proporsi agli utenti (al momento, quand’anche si decidesse di noleggiare un contenuto, si spenderebbe spesso quasi quanto un mese di abbonamento su un’altra piattaforma) e perché quei fondi iniziali non siano stati mesi per esempio in uno spin-off di eccellenze e arti meno frequentate ma con un loro ampio seguito che si appoggiasse all’ottima Rai Play.



[Fonte Wired.it]