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venerdì, Giu 28

Jetson è il laser del Pentagono per riconoscerti dal battito del cuore


Si chiama Jetson ed è una tecnologia sviluppata dal Dipartimento della Difesa statunitense in grado di identificare una persona dalla distanza, analizzandone non i tratti somatici o il modo in cui cammina, bensì il battito cardiaco. Descritta in un documento pubblicato dal Massachusetts Institute of Technology, non è dato a sapere se per quali finalità sia stata messa a punto.

Jetson, il laser che ti riconosce dal cuore

In fase di progettazione per diversi anni (i documenti del Combating Terrorism Technical Support Office a cui si fa riferimento sono del 2017), sfrutta il principio alla base della vibrometria laser per analizzare i micro-movimenti della pelle causati dal battito del cuore, unici per ognuno di noi. Questi, a differenza di quanto avviene con altri metodi di identificazione biometrica come il riconoscimento facciale o le impronte digitali, non sono alterabili. Dai test condotti il sistema si è rivelato affidabile nel 95% dei casi, operando da una distanza massima che arriva a 200 metri.

Ci sono però alcune limitazioni: il soggetto dev’essere fermo per circa 30 secondi perché l’elaborazione dei dati possa andare a buon fine e se si indossa qualcosa di più pesante rispetto a una t-shirt la precisione diminuisce sensibilmente. Ancora, è necessario disporre di un database con il quale effettuare il confronto: in altre parole, se il battito cardiaco di un soggetto non è stato già analizzato, la tecnologia non può effettuarne il riconoscimento.

I possibili impieghi della tecnologia

Come scritto poc’anzi, non è dato a sapere come il Pentagono abbia intenzione di impiegare Jetson, ma si presume con finalità destinate a garantire la sicurezza pubblica. Secondo il MIT, può costituire un punto di partenza per lo sviluppo di apparecchiature da utilizzare in ambito medico, ad esempio per il monitoraggio dei pazienti in modo non invasivo, senza che avvenga alcun contatto diretto. Non è da escludere nemmeno che in un futuro ancora lontano qualcosa di simile possa trovare posto nei dispositivi, come avviene oggi con lettori di impronte digitale, sensori per il riconoscimento facciale o scanner per l’iride.



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