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venerdì, Lug 12

Jinn, la serie prodotta in Giordania al centro delle polemiche


La prima produzione in lingua araba di Netflix ha suscitato critiche per i suoi stereotipi americani e per il suo contravvenire ai precetti morali islamici

jinn

Negli ultimi anni, mentre si moltiplicano da più parti i competitor, Netflix continua gli investimenti nelle sue produzioni originali e soprattutto amplia il numero di serie tv prodotte specificatamente nei singoli mercati. Da quello italiano a quello coreano, da quello di lingua spagnola a quello indiano, la piattaforma di streaming punta a proporre a ogni paese dei titoli che siano al contempo localizzati e internazionali. Uno degli ultimi esempi è Jinn: la serie prodotta in Giordania (è girata infatti a Petra) è il primo tentativo di rivolgersi al pubblico panarabo e non solo.

Si tratta di un teen drama dalle sfumature soprannaturali, in cui un gruppo di adolescenti in gita scolastica risveglia accidentalmente appunto un jinn, ovvero uno spirito demonico della tradizione preislamica, e deve di conseguenza tentare di sventare i suoi piani di distruzione del mondo. Anche se molti hanno apprezzato il fatto che ci fosse per la prima volta una serie di questo tipo, in lingua araba e incentrata su un volto positivo del Medio Oriente e sulla descrizione dei giovani arabi di oggi, alcuni hanno sottolineato come la sceneggiatura sminuisse le peculiarità culturali di quella regione e dei ragazzi stessi, costringendoli ad adeguarsi a luoghi comuni d’impostazione americana.

Ma alcune polemiche non vengono solo dai critici o dagli osservatori del web. Jinn ha fatto scomodare anche Mohammed Khalaileh, il Grand Mufti di Giordania (ovvero il più alto ufficiale della legge islamica nel paese), il quale ha condannato la storia perché “sovverte la morale che non rappresenta le abitudini e i codici di condotta del popolo giordano“, in contrasto con i suoi “precetti islamici“. Prese di mira sono le scene in cui i ragazzi flirtano, si baciano, bevono e addirittura fumano marijuana. Secondo alcune testate locali del caso avrebbe discusso pure il parlamento di Amman e Khalaileh avrebbe chiesto l’intervento delle autorità per bloccare la diffusione della serie. La Royal Film Commission giordana, però, è venuta in difesa di Netflix, apprezzata per promuovere le produzioni locali, e ha ribadito che la scelta di visione è puramente personale.

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